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Istruzione e formazione, Sicilia al palo. I numeri del Rapporto Bes dell'Istat

Istruzione e formazione, Sicilia al palo. I numeri del Rapporto Bes dell'Istat

Istruzione e formazione, Sicilia al palo. I numeri del Rapporto Bes dell’Istat

Lo scorso 14 dicembre l’Istat ha pubblicato la quarta edizione del Rapporto Bes, col quale si offre un quadro integrato dei principali fenomeni sociali, economici e ambientali del Paese, che per certi aspetti si colloca tra le realtà d’avanguardia d’Europa, mentre per altri c’è ancora molto da lavorare. Ciò si evince attraverso l’analisi di 12 diversi indicatori, che ci rivelano anche differenze fondamentali tra le regioni d’Italia, distanze ancora troppo ampie tra un Sud che arranca e un Centro-Nord più fertile.

Oggi vogliamo soffermarci su uno degli indicatori più significativi, quello relativo all’istruzione e alla formazione, ma continueremo a occuparci del Rapporto Bes anche nei prossimi giorni, focalizzando la nostra attenzione sugli aspetti che più ci stanno a cuore per il rilancio economico e sociale della Sicilia.

I livelli di istruzione e formazione in Italia risultano inferiori alla media europea, anche se nel 2015 la distanza tende a ridursi. In particolare restiamo indietro sulle competenze digitali: il 19% della popolazione italiana tra i 16 e i 74 anni dichiara, infatti, di avere un livello alto di competenze digitali, contro il 28% della media Ue. Anche tra i nativi digitali (ovvero i giovani con un’età compresa tra i 16 e i 24 anni) si riscontra una fetta molto più contenuta di persone con alte competenze digitali rispetto alla media Ue (36% contro 52%). Peggio di noi fanno solo Grecia, Cipro, Polonia, Bulgaria e Romania.

A livello nazionale, però, migliora il trend relativo ai diplomati, che nel giro di dieci anni (dal 2004 al 2015) sono cresciuti dell’11%; si riduce l’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione; cresce la quota dei laureati; scende di mezzo punto percentuale il numero di Neet (cioè di giovani che non studiano e non lavorano) tra il 2014 e il 2015.

Tuttavia, esiste un divario significativo tra Nord e Sud. Se infatti nelle regioni centrali e settentrionali il tasso di abbandono precoce degli studi è dell’11,6%, nel Mezzogiorno questo si attesta al 19,2%. Nel 2015, inoltre, il numero di Neet delle regioni meridionali era quasi il doppio rispetto a quelli del Nord (35,3% nel primo caso e 18,4% nel secondo). Le regioni settentrionali, infine, sono molto più all’avanguardia rispetto al Mezzogiorno in termini di competenze digitali e conoscenze tecnologiche.

La Sicilia purtroppo non costituisce eccezione e, come tutte le altre regioni del Mezzogiorno, resta profondamente indietro. Nella nostra Isola, infatti, solo il 49,8% della popolazione con un’età compresa tra i 25 e 64 anni ha un diploma, contro percentuali che superano ampiamente il 60% nelle regioni del Nord. Anche il numero di laureati in Sicilia è relativamente basso: il 18,2% di persone tra i 30 e i 34 anni ha una laurea, mentre al Nord questi ammontano al 27,6% e nelle regioni del Centro al 30,7%. Altissima poi è la percentuale di soggetti che lasciano la scuola precocemente (in Sicilia si parla del 24,3%, mentre al Nord e al Centro si sfiora il 12%). Ciò accade principalmente perché mancano efficaci sistemi di inclusione e di contrasto all’emerginazione economica e sociale.

Assieme alla Calabria, inoltre, la Sicilia detiene la quota massima di Neet (39,3%), mentre nelle regioni settentrionali la quota si abbassa al 18%. Evidentemente al Sud non ci sono le stesse opportunità lavorative che invece si possono trovare al Nord. Ma il problema non è solo questo: il problema sta anche nell’esigenza di adeguare i percorsi di istruzione e formazione verso nuove e moderne competenze, che siano spendibili nell’odierno mercato del lavoro, senza per questo trascurare i saperi tradizionali.

Oriana Sipala

oriana sipala

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