A partire da gennaio 2026 le pensioni torneranno a crescere, anche se gli aumenti previsti saranno piuttosto modesti. Lo indica il Documento di economia e finanza (DEF) 2025, che prevede una rivalutazione dello 0,8% a partire dal prossimo anno.
Dopo un periodo di rallentamento dovuto all’inflazione, la crescita – seppur lieve – riflette un nuovo adeguamento legato alle stime della Banca Centrale Europea.
Ritorno al sistema a tre fasce per la rivalutazione
Dal 2026 verrà ripristinato il meccanismo originario di rivalutazione previsto dalla legge 448/1998, con una divisione in tre fasce:
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Rivalutazione piena (100%) per gli assegni fino a quattro volte il minimo INPS;
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Rivalutazione al 90% per la quota tra quattro e cinque volte il minimo;
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Rivalutazione al 75% per la parte eccedente le cinque volte il minimo.
Con il trattamento minimo fissato nel 2024 a 598,61 euro, ecco le soglie di riferimento per il 2026:
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Fino a 2.394,44 euro → rivalutazione completa dello 0,8%;
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Da 2.394,45 a 2.993,05 euro → rivalutazione al 90%;
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Oltre 2.993,05 euro → rivalutazione limitata al 75%.
Aumenti anche per pensioni minime, assegni sociali e invalidità
L’aumento coinvolgerà anche le pensioni minime e gli assegni assistenziali. Ecco i nuovi importi stimati:
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Pensione minima: da 598,61 a 604,60 euro;
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Assegno sociale: da 534,41 a 539,75 euro;
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Pensione di invalidità civile: da 333,33 a 336,66 euro.
Si discute inoltre di un aumento straordinario delle pensioni minime, che potrebbe portarle a 617,90 euro (+2,2%) o persino a 620 euro (+2,7%), ma al momento non c'è nulla di ufficiale.
Penalizzazione per i nuovi pensionati
Chi andrà in pensione tra il 2025 e il 2026 potrebbe subire una penalizzazione dovuta all’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo. Le prime stime parlano di una riduzione media di circa 460 euro l’anno, ma il dato è ancora in fase di valutazione.
Marco Cavallaro
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