Il virus West Nile torna a far parlare di sé, e questa volta lo fa con un cluster preoccupante nel Lazio: una donna di 82 anni è deceduta e si contano almeno sette casi gravi. Le autorità sanitarie regionali hanno attivato tutte le procedure di controllo, ma la domanda resta: quanto dobbiamo preoccuparci per un’estate che potrebbe vedere altri contagi?
Le stime: per ogni caso grave, mille contagi asintomatici
Secondo il prof. Bruno Cacopardo, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’ospedale Garibaldi di Catania, i numeri reali potrebbero essere molto più alti: “Se ci sono sette casi gravi, è plausibile che ci siano almeno mille contagi asintomatici già in circolazione nel Lazio”.
La stima è basata sull’esperienza clinica e sulla natura stessa del virus, che nella maggior parte dei casi si manifesta con sintomi lievi o nulli: febbre, mal di testa, rash cutanei, nausea, linfonodi ingrossati. Tuttavia, il rischio reale è legato alla percentuale di casi che possono evolvere in encefaliti o altre complicanze neurologiche.
In Sicilia nessun caso registrato, ma gli esperti invitano alla prudenza
Il dott. Carmelo Iacobello, direttore del Dipartimento Malattie Infettive del Cannizzaro di Catania, invita alla cautela ma non allarmismo: “Non siamo davanti a una pandemia stile Covid. Al momento, nel mio reparto, non c’è alcun caso registrato di West Nile, ma credo che il virus sia ormai presente ovunque in Italia”. Iacobello sottolinea l’importanza del monitoraggio precoce e delle analisi mirate in presenza di sintomi neurologici sospetti: “Il nodo è riconoscere i segnali: una cefalea persistente associata a dolori muscolari può essere un campanello d’allarme. Se c’è sospetto di encefalite, bisogna intervenire subito”.
Un virus favorito dal cambiamento climatico
Il prof. Cacopardo spiega che la diffusione del West Nile è legata anche a fattori ambientali: “In Sicilia ci sono tutte le condizioni: zanzare del genere Culex, cavalli, uccelli migratori e un microclima favorevole”. L’invito del docente è a non farsi trovare impreparati: “Le strutture sanitarie devono dotarsi di kit diagnostici e strumenti per riconoscere subito i casi sospetti, in particolare quelli neurologici”.
Chi rischia di più: anziani, immunodepressi… ma non solo
Come spesso accade, gli anziani e i soggetti fragili sono i più esposti alle forme gravi della malattia. Ma non è escluso il rischio per soggetti giovani: “Anche persone sane e non immunocompromesse possono sviluppare sintomi severi. Bisogna abituarsi a convivere con virus prima rari, che oggi trovano condizioni ideali per diffondersi”.
Azioni preventive: disinfestazione, bonifica, monitoraggio
Gli esperti concordano sull’urgenza di azioni preventive:
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Sanificazione e disinfestazione dei territori a rischio
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Controllo dei serbatoi naturali, come allevamenti equini e zone umide
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Campagne pubbliche di prevenzione e sensibilizzazione sanitaria
“Non possiamo più aspettare l’emergenza per agire – conclude Cacopardo –. Serve una strategia nazionale di prevenzione legata alle malattie trasmesse da vettori, come West Nile, Dengue e Leishmaniosi, che con il cambiamento climatico diventano sempre più presenti anche alle nostre latitudini”.
In sintesi: dobbiamo preoccuparci?
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No all’allarmismo, ma sì alla vigilanza attiva
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Il virus è già diffuso e può causare casi gravi, ma resta per lo più asintomatico
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Le zanzare Culex sono il vettore: evitare le punture è la prima forma di prevenzione
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Servono azioni strutturali e pianificate, non interventi estemporanei.
di Giuseppe Bonaccorsi
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