La formazione professionale in Sicilia è in una fase di transizione. Da un lato, la Regione tenta di modernizzare regole e procedure, riqualificando il personale rimasto fuori dal circuito formativo da oltre un decennio; dall’altro, permangono schemi e rigidità difficili da scardinare.
Uno sguardo ai corsi Iefp (Istruzione e Formazione Professionale) evidenzia come, nonostante i tentativi di innovazione, molte scelte restino ancorate al passato. L’ultima graduatoria dei percorsi triennali approvati lo dimostra: su 256 corsi, 95 riguardano il settore del benessere, per un totale di quasi 10 milioni di euro destinati alla formazione di acconciatori, parrucchieri ed estetisti. Una concentrazione che fa sorgere domande: la Sicilia ha davvero bisogno di altre migliaia di operatori del benessere? Oppure è il sistema stesso, condizionato dalle qualifiche dei docenti, a perpetuare corsi sempre uguali?
Secondo Unioncamere, una impresa su tre in Sicilia fatica a trovare personale qualificato, soprattutto nei settori tecnici e innovativi. Un segnale che il divario tra formazione e mercato del lavoro è ancora ampio.
L’evoluzione della formazione professionale in Sicilia
Negli ultimi anni, la Regione ha avviato un percorso di cambiamento che molti definiscono una “nuova fase” per la formazione professionale. Tuttavia, secondo gli esperti, la strada verso una vera rivoluzione è ancora lunga.
Gabriele Albergoni, presidente dell’Ente bilaterale nazionale della formazione professionale e del Cenfop Sicilia, spiega che l’assessorato ha “modificato radicalmente l’impianto dell’offerta formativa”, vincolando le risorse ai settori strategici coerenti con la domanda di lavoro.
L’Avviso 7 rappresenta un esempio concreto di questa svolta: per la prima volta, la Regione ha utilizzato i dati di Excelsior-Unioncamere per orientare la ripartizione dei fondi, spingendo gli enti a progettare corsi in base alle reali esigenze produttive e non più per abitudine.
Un cambio di prospettiva importante, che apre il sistema al dialogo con imprese e territori. Tuttavia, sottolinea Albergoni, “mancano ancora tempi certi e una programmazione di lungo periodo”. Spesso, infatti, i corsi partono quando le esigenze del mercato sono già cambiate.
Meno corsi nel benessere, più spazio a settori strategici
Un segnale positivo arriva dalla nuova ripartizione dei percorsi: i corsi del benessere – un tempo oltre il 60% dell’offerta – oggi si fermano al 44%. La Regione ha sostenuto anche nuovi ambiti, come agricoltura, impiantistica elettrica, meccanica, ristorazione e logistica. “Non bisogna demonizzare i mestieri tradizionali – aggiunge Albergoni – ma serve equilibrio. Estetista e acconciatore restano professioni solide, ma non possono assorbire metà dell’offerta formativa”.
Il nodo della burocrazia e la sfida digitale
Il vero problema, secondo Albergoni, resta la macchina amministrativa regionale: “Oggi non bastano le buone idee. Se si blocca una piattaforma informatica, si ferma tutto: corsi, pagamenti, rendicontazioni. Bisogna investire nella capacità gestionale e digitale della Regione.”
Altro tema centrale è la continuità dei percorsi: il quarto anno dell’Iefp, che consente il diploma, deve diventare una certezza, così come va potenziata la rete degli Its, gli Istituti Tecnici Superiori, per garantire equilibrio territoriale e qualità formativa.
Le imprese chiedono più competenze tecniche
Dal mondo produttivo arrivano valutazioni simili. Gian Piero Reale, presidente di Confindustria Siracusa, sottolinea come la Regione stia “modificando l’approccio” alla formazione, ma ribadisce che “il dialogo tra imprese e formazione resta la chiave per costruire modelli coerenti con le trasformazioni tecnologiche”.
Sulla stessa linea Maria Cristina Busi Ferruzzi, presidente di Confindustria Catania: “Ci sono segnali positivi e più attenzione ai fabbisogni delle imprese, ma il sistema resta in parte scollegato dal tessuto produttivo. Vediamo ancora troppi corsi che non rispondono alla domanda di competenze emergenti.”
Le imprese catanesi – dall’aerospazio alla meccatronica, dall’Ict all’agroalimentare – cercano tecnici specializzati, operatori digitali e manutentori di impianti green. “Bisogna costruire un sistema duale – spiega Busi – in cui scuola, università, enti di formazione e aziende lavorino insieme. Solo così la formazione potrà diventare un investimento strategico per la Sicilia.”
La visione di Sicindustria: “Collaborare per anticipare il cambiamento”
Anche Luigi Rizzolo, presidente di Sicindustria, concorda: “Si sono fatti passi avanti, ma la formazione deve restare legata alle esigenze reali delle imprese e dei cittadini”. Le aziende chiedono tecnici, saldatori, operatori della logistica, esperti in meccatronica e Ict. Continuare a formare figure senza sbocco significa sprecare risorse e alimentare disoccupazione. “Gli attori in campo – conclude Rizzolo – sono quattro: imprese, enti formativi, scuola e famiglie. Solo lavorando insieme si può creare un sistema capace non di inseguire i cambiamenti, ma di anticiparli e generare sviluppo reale per la Sicilia”.
di Michele Giuliano
1 Commenti
Lestorsore della porta accanto con i codici bancari..Fa foto alle finestre.
No le mele no