Indice di dipendenza degli anziani in aumento: Italia tra i Paesi più vecchi d’Europa secondo Eurostat

Indice di dipendenza degli anziani in aumento: Italia tra i Paesi più vecchi d’Europa secondo Eurostat

Indice di dipendenza degli anziani in aumento: Italia tra i Paesi più vecchi d’Europa secondo Eurostat

Per ogni persona anziana ci sono, nell’Unione europea, meno di tre adulti in età lavorativa (37%). In Italia questa percentuale sale al 41,6%, con punte che superano il 50% in alcune città: Biella (54,1%), Savona (53,9%), Genova (52,1%). L’Eurostat definisce “l’indice di dipendenza degli anziani dell’Ue” come la percentuale di persone di età pari o superiore a 65 anni rispetto alla popolazione in età lavorativa (20-64 anni). Un indicatore in costante aumento negli ultimi vent’anni. Nel 2004 l’indice era del 26,8%; ciò significava che c’erano quasi quattro adulti in età lavorativa per ogni persona anziana. Il 1° gennaio 2024, il rapporto è salito al 37%.

Le regioni europee con i valori più alti e più bassi

Le regioni ultraperiferiche francesi Mayotte (6,1%) e Guyane (13,8%), insieme alla capitale danese Byen København (17,8%), presentano i valori più bassi dell’indice di dipendenza. All’estremo opposto, la regione belga di Veurne ha registrato il più alto tasso di dipendenza (72,8%), seguita da Alto Tâmega e Barroso nel Nord del Portogallo (71,4%) e Evrytania in Grecia (71,1%). Questi territori si confermano tra i più attrattivi per i pensionati europei, grazie a condizioni di vita più serene e sostenibili.

La situazione in Italia e in Sicilia

Nel Belpaese, la Liguria registra l’indice più alto (51,7%), seguita da Toscana e Friuli-Venezia Giulia. In Sicilia il valore medio si attesta al 39,8%, mentre la Campania è la regione più giovane, con un indice del 34,9%.

L’analisi per città evidenzia che Enna (43,4%) e Messina (43,2%) presentano i livelli più elevati nell’Isola, seguite da Trapani (42,6%), Agrigento (41,4%), Caltanissetta (40%), Siracusa (39,5%), Palermo (39,3%), Catania (37,4%) e Ragusa (36,1%), appena sotto la media Ue.

Tendenza demografica e flussi migratori in crescita

A gennaio 2024 si contavano 139 aree dell’Ue (classificate da Eurostat come NUTS 3) con un indice di dipendenza pari o superiore al 50%. Queste regioni si concentrano soprattutto in Germania orientale, Francia, Italia, Finlandia, Portogallo, Bulgaria, Grecia e Spagna. Un trend che invita a riflettere sulla sostenibilità dei sistemi pensionistici e a inquadrare il fenomeno nel contesto demografico europeo. Secondo Eurostat, al 1° gennaio 2024 la popolazione dell’Ue era di 449,3 milioni di persone, in crescita di 1,6 milioni rispetto all’anno precedente. Tuttavia, l’aumento è dovuto esclusivamente ai flussi migratori, poiché il saldo naturale è negativo: nel 2023 si sono registrati 1,2 milioni di morti in più rispetto alle nascite.

Il ruolo della migrazione nella stabilità demografica

Nel 2023 la migrazione netta (differenza tra immigrati ed emigranti) ha raggiunto 2,8 milioni di persone. Questa cifra riflette in parte l’arrivo di sfollati dall’Ucraina a causa della guerra, ma anche l’ingresso di migranti economici e familiari. La migrazione, dunque, si conferma un fattore chiave per la stabilità demografica europea, compensando l’invecchiamento della popolazione e la riduzione delle nascite.

Una domanda cruciale per il futuro

A questo punto, una domanda sorge spontanea: per quanto tempo gli adulti in età lavorativa riusciranno a sostenere le pensioni degli anziani di oggi e di domani? La risposta dipenderà dalla capacità dei governi europei di integrare le politiche migratorie, occupazionali e sociali, mantenendo in equilibrio la bilancia tra generazioni attive e popolazione anziana.

 

di Adriano Agatino Zuccaro

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