Dal 2021 ad oggi, il costo medio di una stanza per studenti universitari fuori sede è aumentato di oltre il 30% a livello nazionale. A certificarlo è un report di Immobiliare.it Insights, la divisione di data intelligence del gruppo Immobiliare.it, che ha analizzato l’andamento del mercato nelle principali città universitarie italiane, confrontando la dinamica dei canoni per stanze singole con quella degli appartamenti (monolocali, bilocali e trilocali).
Un Paese spaccato: Nord inaccessibile, Sud trascurato
I dati raccontano di un’Italia divisa in due. Al Nord i prezzi sono esplosi: a Bologna una stanza singola costa oggi in media 651 euro, +73% rispetto al 2021. Seguono Padova (+61%, 508 euro), Firenze (+59%, 618 euro) e Milano, che pur con un incremento più contenuto (+44%) resta la città più cara d’Italia: 714 euro al mese per una stanza.
Nel Centro-Nord studiare è diventato un lusso. Al Sud, invece, i prezzi restano più contenuti, ma l’offerta è carente e le infrastrutture pubbliche inadeguate. La Sicilia ne è l’emblema.
Palermo: affitti in crescita, risposte assenti
Nel capoluogo siciliano una stanza costa oggi in media 278 euro, con un aumento del 29% in quattro anni. Crescono anche i bilocali (+27%), segno che il caro affitti è ormai strutturale. Ma a mancare, come altrove nell’isola, è una strategia pubblica: niente investimenti seri in residenze universitarie, nessun piano per affrontare l’inflazione immobiliare. Gli studenti si arrangiano, chi può resta, chi non può se ne va.
Messina: la crisi nuda dei numeri
Messina, tra le città universitarie più frequentate della Sicilia, presenta una media di 274 euro al mese per una stanza (+30% dal 2021). La crescita dei canoni per appartamenti interi è stata più contenuta, ma il vero problema è l’insufficienza cronica dell’offerta pubblica: su oltre 10.000 studenti fuori sede, la città offre appena 298 posti letto — una copertura del 2,8%, ben sotto la già bassa media nazionale del 5%.
Il PNRR avrebbe dovuto cambiare le cose. Il governo aveva promesso 60.000 nuovi posti letto entro il 2026, ma ad oggi ne sono stati finanziati solo 11.275. E di questi, pochi arriveranno davvero a Messina. Il risultato? Promesse mancate e disuguaglianze consolidate.
Catania: tra ambizioni e speculazione
A Catania, città universitaria tra le più popolose del Sud, i dati ufficiali mancano, ma le testimonianze raccolte parlano chiaro: stanze a 250-300 euro al mese, con picchi più alti in centro. Il trend segue quello delle altre città siciliane: caro affitti in salita, mercato privato dominante e scarsissime alternative pubbliche.
Qui come altrove, il PNRR ha prodotto più delusione che soluzioni. L’università, cuore culturale ed economico del territorio, è lasciata sola davanti a un’emergenza che mette in crisi la sostenibilità della vita studentesca.
Il paradosso siciliano: prezzi bassi, diritto allo studio negato
La Sicilia vive un doppio paradosso: i prezzi sono più bassi rispetto al Nord, ma l’accesso allo studio resta una corsa a ostacoli. Le città dell’isola non sono ancora travolte dalla speculazione, ma sono penalizzate dalla mancanza di investimenti strutturali. Università aperte ma inaccessibili, studenti costretti a scegliere tra sacrifici e abbandono.
A livello nazionale, solo 46.193 studenti su 900.000 dispongono di un posto letto pubblico. Con il PNRR questa quota salirà appena dello 0,5%. In Sicilia, la situazione è ancora più drammatica.
La sfida futura: più alloggi, meno retorica
Palermo, Messina e Catania mostrano con chiarezza che non bastano gli annunci: serve un piano concreto di edilizia universitaria. Residenze pubbliche, incentivi ai proprietari per affitti calmierati, controlli rigorosi contro il nero. Solo così si potrà garantire davvero il diritto allo studio, oggi messo a rischio da un mercato sempre più esclusivo e da politiche troppo timide.
Hermes Carbone
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