Tra il 2012 e il 2024, in Italia sono scomparsi quasi 118mila negozi al dettaglio e 23mila attività di commercio ambulante. In controtendenza, crescono invece le attività legate all’alloggio e alla ristorazione, con un incremento di 18.500 unità.
Parallelamente, nel settore del commercio, degli alberghi e della ristorazione si registra una crescita significativa delle imprese a titolarità straniera (+41,4%), mentre quelle gestite da italiani aumentano solo del 3,1%. Inoltre, il 39% della nuova occupazione straniera creata negli ultimi 12 anni (+397mila occupati) si concentra proprio in questi settori, con 155mila nuovi posti di lavoro.
Chiudono più negozi nei centri storici che in periferia
La contrazione del commercio al dettaglio è più evidente nei centri storici rispetto alle periferie, sia nel Centro-Nord che nel Mezzogiorno. Nei 122 Comuni analizzati dall’Ufficio Studi di Confcommercio, sono scomparsi quasi 31mila esercizi al dettaglio, accompagnati dalla chiusura di numerosi sportelli bancari: tra il 2015 e il 2023, si è passati da 8.026 a 5.173 filiali, con un calo del 35,5%.
Settori più colpiti e nuove tendenze
Nei centri storici si registra una forte riduzione di attività tradizionali:
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Carburanti (-42,1%)
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Libri e giocattoli (-36,5%)
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Mobili e ferramenta (-34,8%)
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Abbigliamento (-26%)
Di contro, crescono i servizi e le attività legate al turismo:
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Farmacie (+12,3%)
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Computer e telefonia (+10,5%)
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Alloggi (+67,5%), con un vero e proprio boom degli affitti brevi (+170%)
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Alberghi tradizionali, in calo del 9,7%
Le città più colpite dalla desertificazione commerciale
Le regioni del Nord registrano le maggiori perdite di negozi al dettaglio, mentre il Centro-Sud mostra una maggiore tenuta. Tra le città più colpite troviamo:
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Ancona (-34,7%)
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Gorizia (-34,2%)
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Pesaro (-32,4%)
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Varese (-31,7%)
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Alessandria (-31,1%)
Le città che hanno resistito meglio alla crisi commerciale:
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Crotone (-6,9%)
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Frascati (-8,3%)
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Olbia (-8,6%)
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Andria (-10,3%)
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Palermo (-11,2%)
Il rischio di declino urbano e le proposte di Confcommercio
Il fenomeno della desertificazione commerciale rappresenta una minaccia per l’economia e la vita sociale delle città. La chiusura di negozi e sportelli bancari rischia di indebolire la vivibilità, la sicurezza e l’attrattività dei centri urbani.
Per contrastare questa tendenza, Confcommercio ha lanciato il progetto Cities, con una serie di proposte per la rigenerazione urbana e il rilancio delle economie locali:
1. Riqualificazione degli spazi pubblici e dei quartieri
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Incentivare il coinvolgimento delle economie di prossimità nei progetti di riqualificazione urbana
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Interventi di urbanistica tattica e placemaking per rivitalizzare le aree degradate
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Collaborazione tra istituzioni e associazioni per creare ecosistemi di supporto
2. Mobilità e logistica sostenibili
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Piani Urbani della Mobilità e della Logistica (PUMS e PULS)
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Magazzini di prossimità urbana per ridurre traffico e congestione
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Sistemi di logistica a basso impatto ambientale (mezzi a zero emissioni, cargo bike)
3. Riapertura dei negozi sfitti
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Patti locali tra Comuni, associazioni e proprietari per affitti calmierati
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Incentivi per le nuove imprese e riqualificazione delle aree commerciali
4. Gestione partecipata delle città
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Promuovere le città come “beni comuni” con una gestione condivisa tra istituzioni, imprenditori e cittadini
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Valorizzare gli spazi urbani con eventi culturali e commerciali per rafforzare la coesione sociale
5. Digitalizzazione e analisi dei dati per politiche più efficaci
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Uso di Big Data e Urban Analytics per monitorare il commercio e migliorare le strategie pubbliche
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Creazione di dashboard digitali per analizzare i flussi pedonali e le dinamiche commerciali
Carlo Sangalli: "Senza commercio di vicinato, non c’è comunità"
Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, sottolinea l’urgenza di un intervento concreto:
"La desertificazione commerciale minaccia vivibilità, sicurezza e coesione sociale delle nostre città. È fondamentale sostenere le attività di vicinato, e il nostro progetto Cities mira a riqualificare le economie urbane con il contributo di istituzioni e imprese. Senza commercio di vicinato, non c’è comunità”.
(ITALPRESS)
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