Lavoro femminile in Italia: il divario di genere resta profondo

Lavoro femminile in Italia: il divario di genere resta profondo

Lavoro femminile in Italia: il divario di genere resta profondo

Il divario occupazionale tra uomini e donne in Italia rimane netto e, al momento, difficilmente colmabile. È quanto emerge dall’ultimo rapporto CNEL–ISTAT, “Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità”, che offre un quadro chiaro e impietoso delle disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro, con un ritardo cronico per l’occupazione femminile nel Mezzogiorno e, in particolare, in Sicilia.

Tra i dati più allarmanti spiccano le profonde differenze territoriali: il Nord registra tassi occupazionali femminili significativamente più alti rispetto al Sud, dove Sicilia, Calabria e Campania si confermano le regioni più critiche. In questi territori, la parità di genere appare ancora un obiettivo lontano.

Un divario che non si riduce

Nel secondo trimestre del 2024, il tasso di occupazione femminile nella fascia 15-64 anni è cresciuto dello 0,9% rispetto all’anno precedente, ma la distribuzione non è uniforme. Nel Nord Italia si tocca il 62,4%, mentre nel Mezzogiorno la percentuale scende drasticamente al 36,9%. Rispetto alla media europea, l’Italia rimane indietro di 12,6 punti rispetto alla Francia e addirittura di 20 punti rispetto alla Germania.

Le disparità aumentano con l’età: nella fascia 50-64 anni, il divario occupazionale tra uomini e donne nel Sud raggiunge i 33,1 punti percentuali, evidenziando una difficoltà strutturale sia nell’accesso che nella permanenza nel mercato del lavoro.

Sicilia: un mercato del lavoro ostile per le donne

Tra le regioni più critiche spicca la Sicilia, dove il tasso di occupazione femminile si attesta al 32,5% nel 2024, tra i più bassi d’Italia e d’Europa. Confrontato con la media nazionale vicina al 50%, il dato siciliano sottolinea un divario significativo non solo con il Nord, ma anche con altre regioni meridionali come Puglia e Basilicata, che registrano percentuali leggermente superiori.

Un ulteriore problema è rappresentato dalla disoccupazione di lunga durata: il 65% delle donne senza lavoro in Sicilia è alla ricerca di un’occupazione da oltre un anno, una percentuale molto più alta rispetto alla media nazionale.

Allarmante anche il fenomeno delle coppie senza reddito da lavoro: in Sicilia il 9% delle famiglie vive senza entrate da impiego, il doppio rispetto alla media italiana. Un dato che evidenzia una condizione di vulnerabilità economica che colpisce in modo particolare le donne, spesso costrette all’inattività per mancanza di opportunità lavorative.

Un’inversione di tendenza?

Nonostante il quadro critico, alcuni segnali lasciano intravedere un cambio di passo. Nei primi nove mesi del 2024, l’occupazione femminile in Sicilia ha registrato un incremento significativo dell’8,3%, un aumento ben superiore alla media nazionale (+2,3%) e a quella del Mezzogiorno (+4%).

Secondo il report dell’Osservatorio Mpi di Confartigianato Sicilia, il numero di occupati è cresciuto di 66mila unità, con le donne protagoniste di questa ripresa: 42mila nuove assunte contro 24mila uomini, per un incremento maschile fermo al 2,7%.

Le previsioni per il primo trimestre del 2025 confermano il dinamismo del mercato siciliano, con un’espansione attesa del 14,4% rispetto all’anno precedente. Tra le province con la crescita più marcata spiccano Siracusa (+30%), Messina (+19%) e Palermo (+14%), seguite da Catania (+13,7%), Caltanissetta (+10%) ed Enna (+10%).

Retribuzioni e precarietà: il peso del gender gap

Se da un lato l’occupazione femminile cresce, dall’altro la qualità del lavoro resta un problema. Il 40% delle lavoratrici in Sicilia percepisce uno stipendio inferiore del 20% rispetto ai colleghi uomini, nonostante svolgano le stesse mansioni. Le differenze retributive emergono soprattutto nei settori dell’istruzione, della sanità e dei servizi alla persona, dove la componente femminile è predominante ma sottopagata.

Il part-time involontario rappresenta un altro ostacolo: il 38% delle donne occupate in Sicilia lavora con contratti a tempo parziale non per scelta, ma per assenza di alternative a tempo pieno. A livello nazionale, questa percentuale scende al 20%. Inoltre, molte lavoratrici sono costrette a sottoscrivere contratti che non rispecchiano le reali ore di lavoro svolte.

Leonardo La Piana, segretario generale della Cisl Sicilia, commenta: "Questi dati dimostrano che il divario di genere nel mondo del lavoro è tutt’altro che superato. Servono interventi concreti per evitare che si rafforzi un sistema che penalizza metà della popolazione, limitandone l’accesso al mondo del lavoro".

Secondo la Cisl, è necessario un piano straordinario per l’occupazione femminile, con incentivi per le aziende che assumono donne, investimenti nei servizi di welfare e misure per la formazione professionale, in particolare nei settori emergenti come il digitale e le tecnologie STEM.

Il paradosso dell’istruzione

Nonostante le donne siciliane siano mediamente più istruite degli uomini, ciò non si traduce in un maggiore accesso al lavoro. Il 68% delle donne tra i 25 e i 64 anni possiede almeno un diploma, contro il 62,9% degli uomini, ma il loro tasso di occupazione resta inferiore.

Per le laureate, il tasso di occupazione si ferma al 55%, mentre per le donne laureate al Nord raggiunge l’80%. Anche nei settori STEM, che offrono migliori prospettive di carriera, le difficoltà persistono: solo il 22% delle laureate siciliane in ingegneria e informatica trova lavoro entro un anno dal titolo, contro il 40% delle loro colleghe settentrionali.

Hermes Carbone

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