Ieri mattina, quando dalla centrale operativa del 118 di Catania hanno fatto accesso al sistema che mostra le disponibilità delle ambulanze private da chiamare in caso di emergenze, gli operatori hanno trovato una schermata vuota. Più o meno la stessa scena si è ripetuta nelle altre tre sale operative della Sicilia: a Palermo, Caltanissetta e Messina.
Le organizzazioni di volontariato abilitate alle eccedenze (gli interventi in emergenza effettuati quando le ambulanze pubbliche del 118 sono occupate) si sono fermate, tutte in una volta, per protesta contro il nuovo Decreto regionale che prova a mettere ordine al settore. “Non è uno sciopero – si affretta a precisare Lorenzo Colaleo, presidente di Anpas Sicilia, una delle sei reti di associazioni accreditate – è solo un momento di riflessione”.
Ambulanze private ed eccedenze, il caso
Il risultato, però, è stata un’attesa più lunga per i malati che ieri si sono rivolti al 118 e una giornata vissuta con una preoccupazione costante. Ai Pronto Soccorso è stato comunicato di accelerare il più possibile i tempi di sbarellamento dei pazienti e liberare così le ambulanze pubbliche. “Evidentemente il decreto non è piaciuto”, è il commento che filtra dai corridoi della Regione dove non si esclude di segnalare alle autorità competenti il fermo di ieri che peraltro sta continuando anche oggi, almeno su Catania: alla centrale del 118 etnea l’unico mezzo che stamattina risulta disponibile per le eccedenze è quello della Croce rossa italiana.
Negli ultimi dieci anni la spesa della Regione Siciliana per le eccedenze è passata da 161mila euro del 2013 a 2 milioni 425mila euro del 2022. Quindici volte di più. Soltanto nell’ultimo anno la crescita è stata del 67%. Naturalmente sono aumentati anche gli interventi del 118: + 30% in dieci anni (erano stati 307mila nel 2013, sono stati 396mila nel 2022). Ma l’aumento degli interventi affidati ai privati è letteralmente esploso: 30.128 nel 2022 contro i 2.008 di dieci anni fa (+ 1.400%). Con una sproporzione evidente tra Sicilia orientale e Sicilia occidentale.
Dei 2,4 milioni spesi per le eccedenze nel 2022, 1 milione 537mila euro è andato al bacino Catania-Siracusa-Ragusa, gestito dalla centrale operativa 118 di Catania. Più del doppio rispetto al bacino di utenza che mette insieme Palermo e Trapani, dove il costo delle eccedenze è stato di 663mila euro. Eppure la differenza di popolazione non giustificherebbe questo squilibrio: Catania-Siracusa-Ragusa sommano 1 milione 779mila residenti, Palermo e Trapani 1 milione 209mila. La torta se la dividono sei consorzi o associazioni. I due più presenti sono il Coresa (Coordinamento regionale sanità) e l’Anpas che hanno svolto rispettivamente il 30 e il 29% degli interventi. Segue la Misericordia col 22%, il Cress (Consorzio regionale ente servizi sanitari) col 15%, chiudono la Croce Rossa e il Sores, entrambi col 2%.
Gli interventi previsti per i privati
È in questo ambito che la Regione prova a mettere nuovi paletti. Il decreto firmato da Salvatore Iacolino, direttore generale del Dipartimento per la pianificazione strategica dell'Assessorato alla Salute, introduce dei limiti sia ai pagamenti che alla tipologia di interventi da affidare ai privati. Per prima cosa si vieta “alle imprese che svolgono attività funeraria di svolgere, anche per il tramite di proprio personale, attività di servizio pubblico di ambulanza o attività sociali o assistenziali ivi compreso il trasporto di malati o degenti”. A effettuare le verifiche, aggiornando gli elenchi delle associazioni abilitate, dovrà essere la Seus, la partecipata della Regione che gestisce le ambulanze e il personale del 118.
Si chiede poi che le singole associazioni debbano “far parte di una rete di organizzazioni di volontariato nazionale o regionale che sia presente in almeno sei province della Sicilia”. E si pone un tetto al compenso: 80 euro a servizio se l’intervento è entro i 30 km, con percorso calcolato dalla sede dell’organizzazione fino al completamento dell’intervento. Superata questa fascia chilometrica si aggiungono 0,33 centesimi al km. Il tetto massimo di rimborsi per ciascuna organizzazione sarà di 60mila euro annui. Il decreto, infine, obbliga le centrali operative a chiamare i privati solo per “gli interventi strettamente necessari, quelli in codice rosso o in codice giallo per particolari situazioni emergenziali non altrimenti fronteggiabili, e su disposizione del medico responsabile di sala operativa del 118 di turno”.
Le criticità del nuovo Decreto
A intervenire per spiegare quali sono, a loro avviso, le criticità del decreto è Lorenzo Colaleo, presidente di Anpas Sicilia, la rete di associazioni – “non chiamateci consorzio”, ci tiene a precisare – che nell’ultimo anno ha ricevuto la fetta più importante di rimborsi, 694mila euro, poco meno di un terzo del totale. “Per noi non è un business – spiega – si tratta solo di rimborsi per un’attività che ha un costo, tra la formazione degli operatori, i mezzi e il tempo dedicato dai volontari. Se fosse un compenso, saremmo pagati anche nei casi in cui ci mettiamo a disposizione ma non siamo chiamati a intervenire”.
Quello che più non piace è l’indicazione di rivolgersi al privato soprattutto in casi di codice rosso. “È una perdita di tempo inutile – continua Colaleo – perché noi non abbiamo medici a bordo delle nostre ambulanze, ma solo due soccorritori che davanti a un codice rosso non potrebbero far altro che chiamare un mezzo medicalizzato”. Attualmente i privati vengono chiamati più per codici gialli, nei rari casi in cui vengono attivati per un codice rosso, contemporaneamente viene inviata anche un’auto medicalizzata. Il presidente di Anpas è critico anche rispetto al tetto dei rimborsi di 60mila euro annui per organizzazione, “perché – dice – non si può fare economia sulla pelle dei cittadini”. La proposta è “il modello Toscana”, dove “la postazione sta fissa 12 ore al giorno e viene pagata in maniera forfettaria, tra i 7mila e i 10mila euro al mese, a prescindere se interviene o meno”.
Oggi il tema delle eccedenze approda all’Assemblea regionale. I direttori delle quattro centrali operative del 118 sono stati convocati prima dal direttore generale Iacolino e dall’assessora alla Salute Giovanna Volo per discutere del tema e in particolare del fermo tecnico di una parte delle ambulanze del 118. Successivamente, nel pomeriggio, è la commissione regionale Antimafia che vuole ascoltarli. Di recente un’inchiesta del quotidiano Repubblica Palermo ha sollevato il velo sulle infiltrazioni di Cosa Nostra nel settore e negli ultimi giorni dalla Prefettura di Palermo è filtrato il plauso per il tentativo della Regione di mettere ordine. “Noi di Anpas – conclude il presidente Colaleo – non abbiamo nulla da nascondere o da temere, anzi siamo i primi ad avere chiesto regole precise e questo decreto per alcuni aspetti va nella direzione giusta”.
Lascia una risposta