
Coronavirus, saturi i reparti di medicina di mezz’Italia
I posti letto nei reparti di medicina si riempiono di malati di coronavirus e gli ospedali sono già quasi al collasso, mentre l'emergenza fa slittare i ricoveri per altre patologie e ridurre le prestazioni ambulatoriali.
A lanciare l'allarme sono stati Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), e Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza.
Ma la conferma arriva dai dati dei ricoveri nei reparti nei reparti di pneumologia, medicina generale e malattie infettive: quelli occupati dai pazienti covid hanno superato la quota critica del 40% in ben dieci regioni, tre in più rispetto a ieri, raggiungendo una quota nazionale del 46%, anche se la situazione ha delle differenze rispetto all'ondata di marzo.
"Il dato allarmante - afferma Ranieri Guerra - è quello dei ricoveri ordinari, che sta saturando i reparti di Medicina Interna di mezza Italia. Questo è un dato su cui è assolutamente fondamentale riflettere, perché rappresenta la sofferenza del territorio e il fatto che la prima linea venga superata".
Gli fa eco Ricciardi, ordinario di igiene all'Università Cattolica di Roma.
"La situazione degli ospedali - aferma - è drammatica più o meno in tutta Italia, in certi casi è addirittura tragica. Non riusciamo più a ricoverare i pazienti, quelli che arrivano in ospedale sono un'altra volta quelli gravi o gravissimi e molti devono restare a casa".
E "con la capacità di posti letto che abbiamo riusciamo ad assorbire solo pazienti Covid mentre tutti gli altri con altre patologie non riusciamo a curarli o li curiamo male, quindi il sistema va al collasso".
I dati dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas), aggiornati al sei novembre, parlano chiaro. Sono ben dieci le regioni con i reparti saturi rispetto al limite soglia del 40%: Emilia Romagna (45%), Lazio (44%), Liguria (70%), Lombardia (69%) Marche (47%), Piemonte (93%), Bolzano (98%), Trento (44%), Umbria (49%), Valle d'Aosta (89%).
Mentre per le terapie intensive il valore soglia del 30% è superato da dieci regioni (Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Bolzano, Trento, Toscana, Umbria, Valle d'Aosta).
Una sofferenza dei reparti confermata anche dal nuovo report dell'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (Altems) dell'Università Cattolica, che mette nero su bianco le ricadute della pandemia sui pazienti non-covid, sulla base dei dati aggiornati al quattro novembre: sono già almeno quattro le regioni che hanno optato per una sospensione integrale dei ricoveri di tutte le classi di priorità: Lombardia, Puglia, Calabria e Campania, mentre l'Abruzzo ne ha deliberato la sospensione entro sessanta giorni.
E anche l'attività ambulatoriale comincia a subire ripercussioni: la Campania ha già deliberato la sospensione di tutte le attività eccetto quelle urgenti mentre la Calabria ha sospeso quelle differibili e programmate. Le restanti regioni non hanno emanato ufficialmente degli atti relativi a eventuali sospensioni delle prestazioni ambulatoriali o dei ricoveri, ma questo non esclude che non lo stiano facendo.
La situazione è, però, comunque migliore rispetto alla prima fase dell'emergenza, secondo i dati del Commissario straordinario per l'emergenza Arcuri.
Confrontando quelli del cinque novembre, con quelli del 21 marzo scorso, infatti, i ricoverati con sintomi sono passati a essere dal 41% dei contagiati all'attuale 4,9%, nelle terapie intensive prima si trovavano il 6,7% dei pazienti Covid, oggi siamo allo 0,5%.
Mentre in isolamento domiciliare ora sono circa il 94% dei positivi a fronte del 51,8% del 21 marzo.
Il problema è che, in casa, vengono lasciati, spesso senza assistenza, anche pazienti che dovrebbero andare in ospedale.
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