Davanti alle inefficienze dei sistemi sanitari regionali, molti pazienti italiani sono costretti a migrare, nel senso letterale del termine. Nel nostro Paese, infatti, si viaggia sempre più spesso non solo per lavoro o per opportunità, ma anche per accedere a cure e trattamenti medici che le strutture locali non riescono a garantire. È il fenomeno della mobilità sanitaria, che sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti.
Di recente, il tema è tornato al centro del dibattito politico dopo le parole del presidente del Veneto Luca Zaia, che, parlando di una coppia di siciliani in cura a Treviso, ha definito “immorale” la situazione. A replicare è stato Michele Catanzaro, esponente del Partito Democratico all’Assemblea Regionale Siciliana: “Ricordiamo a Zaia – ha dichiarato – che la Sicilia è governata dal suo alleato Schifani”.
Palermo senza nuovi ospedali da decenni
Sulla questione è intervenuto anche Toti Amato, presidente dell’Ordine dei Medici di Palermo (Omceo), che ha puntato il dito contro l’assenza di programmazione: “Il problema non è l’impegno di chi lavora, ma la mancanza di investimenti e di programmazione”, ha dichiarato Amato, ricordando che a professionisti qualificati non corrispondono strutture adeguate. “Palermo – ha aggiunto – non vede la costruzione di un nuovo ospedale da decenni”.
E sull’attacco di Zaia, il medico replica: “Regioni come Veneto e Lombardia beneficiano del contributo dei medici siciliani, che lì trovano condizioni migliori per lavorare”.
Le fughe pesano sui bilanci regionali
La mobilità sanitaria, oltre che un problema morale e di equità, è anche una questione economica. Quando un cittadino si cura in un’altra regione, quella di provenienza è tenuta a risarcire la regione ospitante per i costi sostenuti. Nel 2024, la Sicilia ha registrato un disavanzo di 247 milioni di euro, pari a oltre un quarto dell’intera Finanziaria regionale. Si tratta della differenza tra mobilità passiva (debiti verso altre regioni) e mobilità attiva (crediti per pazienti in arrivo).
Il rapporto Agenas: 2,9 miliardi di costi per la mobilità sanitaria
Un’analisi del fenomeno è contenuta nel rapporto Agenas 2023, secondo cui in Italia la mobilità sanitaria ha raggiunto 668 mila ricoveri per un totale di 2,9 miliardi di euro. Di questi, 536 mila ricoveri (l’80%) sono dovuti a mobilità effettiva, cioè motivata dalla reale necessità di cure migliori altrove.
Il report sottolinea come “le regioni del Sud si caratterizzano per flussi di migrazione più accentuati rispetto a quelle del Nord e del Centro”. Sicilia, Campania, Calabria e Puglia sostengono insieme il 60% della spesa nazionale per la mobilità passiva. Solo nel 2023, la Sicilia ha speso 142,5 milioni di euro per oltre 32 mila ricoveri persi.
Sud che perde pazienti, Nord che guadagna
Il divario non riguarda solo le spese ma anche la capacità attrattiva. La Sicilia, nel 2023, ha registrato un indice di attrattività dell’1,61%, tra i più bassi in Italia (solo la Sardegna fa peggio).
Le regioni più attrattive, invece, restano Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, che insieme concentrano quasi il 60% dei ricavi nazionali da mobilità sanitaria, per un totale di 1,3 miliardi di euro. I ricavi della Sicilia non hanno superato i 24 milioni.
Le disuguaglianze sanitarie restano profonde
Le carenze dei sistemi sanitari regionali non solo creano disagi ai pazienti, ma determinano anche trasferimenti economici ingenti dal Sud al Nord. Nel 2023, la Sicilia ha registrato un saldo negativo di -139,7 milioni di euro, peggiorato del 76,8% nel 2024. Lombardia ed Emilia-Romagna, al contrario, vantano saldi positivi superiori ai +380 milioni. Un divario che, come sottolinea l’Agenas, “evidenzia la persistenza di disuguaglianze territoriali nell’accesso e nella qualità dei servizi sanitari”.
Fondi PNRR, ma pochi risultati
Nonostante il 61,5% del PNRR siciliano (pari a 1,32 miliardi di euro) sia stato destinato alla Missione Salute, i risultati restano deludenti. Le regioni del Sud continuano a mostrare difficoltà nel contrastare la mobilità passiva e nell’attrarre pazienti da altre aree. Malgrado le ingenti risorse europee – di cui almeno il 40% destinate al Mezzogiorno – il superamento dei divari sanitari tra Nord e Sud resta, ancora una volta, una promessa mancata.
di Gioacchino D'Amico
Lascia una risposta