“Non c’è alcun allarme sull’impiego delle Tac a fini diagnostici né sul rischio cancro associato”, rassicura il dott. Andrea Magistrelli, medico radiologo e presidente della Sezione di Studio di Radioprotezione della Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica (SIRM). Intervistato da Adnkronos Salute, Magistrelli commenta i risultati di uno studio statunitense pubblicato su JAMA Internal Medicine, secondo cui le Tac più comuni potrebbero essere correlate, secondo stime modellistiche, fino al 5% dei casi di tumore all’anno.
“Numeri da interpretare con cautela”
“I numeri fanno effetto, ma vanno interpretati correttamente”, sottolinea Magistrelli. “Si tratta infatti di modelli statistici con un’ampia approssimazione, costruiti su un approccio decisamente più allarmistico rispetto a quello adottato in Europa”.
Lo studio americano utilizza il modello Beir VII, noto per sovrastimare i rischi, mentre in Europa si preferisce il modello dell’ICRP (Commissione Internazionale di Radioprotezione), considerato più equilibrato e attento anche agli aspetti etici e umanistici.
Un rischio individuale molto basso
Secondo i dati americani, nel 2023 sarebbero state effettuate 93 milioni di Tac, che potrebbero essere collegate a circa 103mila casi di tumore – un numero 3-4 volte superiore rispetto a precedenti stime. Ma, chiarisce Magistrelli, “si tratta di un rischio individuale estremamente basso che, moltiplicato per milioni di esami, può produrre un dato rilevante a livello statistico, ma resta irrilevante per il singolo paziente”.
Radiazioni: un sistema di protezione evoluto e sicuro
“Il tema delle radiazioni è molto delicato”, spiega Magistrelli, ricordando come la radioprotezione sia nata proprio per rispondere alla pericolosità dell’esposizione. “Dai primi del Novecento, quando i radiologi si ammalavano per esposizione eccessiva, è stato sviluppato un rigoroso sistema di protezione, che oggi tutela lavoratori, pazienti e ambiente”.
Oggi, sottolinea il radiologo, il principio fondamentale in radiologia è chiaro: un esame si esegue solo se clinicamente necessario. “Quando l’esame è giustificato – per esempio in caso di politrauma o di monitoraggio oncologico – il beneficio è nettamente superiore al rischio. Anche dosi relativamente alte sono considerate accettabili se il paziente ne trae vantaggio”.
Dati di esposizione: la situazione in Italia
“In Italia – precisa Magistrelli – viviamo esposti in media a 3,3-3,5 millisievert (mSv) di radiazioni all’anno”. Una Tac total body per un adulto comporta un’esposizione di circa 10-15 mSv, un valore dieci volte inferiore alla soglia dei 100 mSv, sopra la quale si iniziano a osservare effetti cancerogeni negli animali da laboratorio.
Altri esami hanno dosi ancora più contenute:
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Una cardio-Tc può restare sotto 1 mSv
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Una Tac cranio varia tra 1 e 5 mSv
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Una Tac addome si colloca tra 5 e 10 mSv
“In questi range, il rischio è da trascurabile a molto basso”, afferma il radiologo.
Un sistema sotto controllo: sicurezza garantita
Magistrelli evidenzia anche che tutti i centri in Italia sono tenuti per legge a monitorare le dosi erogate. “Se un macchinario supera i limiti previsti, scatta l’obbligo di intervento. Il sistema funziona e le dosi medie sono assolutamente sicure”.
Non esiste un numero massimo di Tac: ogni esame va valutato
Alla domanda su quante Tac si possano fare in sicurezza, Magistrelli risponde chiaramente: “Non esiste un numero massimo stabilito”. Ogni esame va valutato singolarmente, in base alla situazione clinica. “Se oggi hai una lesione sospetta, si fa la Tac anche se ne hai già fatte altre. Il bilancio rischio-beneficio va sempre considerato caso per caso”.
Per i pazienti oncologici, ad esempio, i controlli vengono pianificati con attenzione: magari si decide di fare tre Tac in un anno anziché quattro, ma sempre in base a criteri clinici.
Conclusioni: “Il rischio è minimo, il beneficio è enorme”
“Oggi abbiamo strumenti, norme e controlli per usare le Tac in modo sicuro”, conclude Magistrelli. “Il punto è agire con criterio: giustificare ogni esame, ottimizzare le dosi, evitare ripetizioni inutili. In questo modo, il rischio resta minimo e il beneficio per la salute è enorme”.
(Adnkronos)
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