Terme in Sicilia, un comparto da resuscitare. La Regione ci riprova

Terme in Sicilia, un comparto da resuscitare. La Regione ci riprova

Terme in Sicilia, un comparto da resuscitare. La Regione ci riprova

Ricche di acque straordinarie e fonti terapeutiche, Sciacca e Acireale sono state al centro del racconto termale dell’Isola fino al 2015, quando ne venne decisa la chiusura rappresentando una fallanza enorme nel sistemo turistico e sociale regionale.

Una situazione complessa che ha visto il governatore Renato Schifani  impegnarsi in prima persona tanto da riuscire a stanziare 90 milioni di euro a valere sul Fondo di sviluppo e coesione. Nel corso di una riunione di qualche giorno fa a Palazzo d’Orléans è stato definito un preciso cronoprogramma delle azioni da realizzare in questa prima fase, con l’individuazione degli interventi di ammodernamento e ristrutturazione dei due impianti e con la predisposizione di un quadro completo degli investimenti necessari.

L'intervista al professore Faraci

Rosario Faraci, professore di Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi di Catania ha curato lo studio “Linee guida per un rilancio dei siti termali di Sciacca e Acireale” consegnato alla Regione Siciliana (all’epoca Governo Musumeci [2]). Lo abbiamo sentito per fare un punto sul futuro di queste importantissime risorse per la Sicilia. E per comprendere se le nuove strategie adottate da Palermo possano effettivamente rivelarsi vincenti.

L’unico punto di forza, di discontinuità rispetto al passato – ha spiegato Faraci - è che si è insediata una task force e c’è un cronoprogramma, ma ci sono tanti elementi di debolezza. Prima debolezza: la task force interdipartimentale andrebbe integrata con la presenza dei dirigenti dei Dipartimenti Salute e Turismo per le loro responsabilità in materia di termalismo. E in ogni caso la task force non avrebbe mai tutte le competenze necessarie per occuparsi di una materia così complessa. Seconda debolezza: l’accordo coi territori è pregiudiziale all’intero crono-programma. Non si può pensare di coinvolgere le comunità di Sciacca e di Acireale soltanto a giochi fatti. Terza debolezza: se non si stabilisce prima come muoversi velocemente rispetto ai temi della libertà e della parità di concorrenza, adeguandosi alla direttiva Bolkenstein in materia di concessioni idrotermali, si rischia di non poter rendicontare, se non addirittura di restituire, l’intera somma dei 90 milioni dell’accordo per lo sviluppo e la coesione stanziata allo scopo di riabilitare i due stabilimenti di proprietà regionale. Per poi affidarli a quale operatore privato, quando d’ora in avanti la concessione esclusiva di acque e fanghi non sarà più possibile?”.

Terme, le risorse ci sono

Interrogativi e riflessioni, quelle del professore Faraci, che vanno oltre le criticità tecniche e burocratiche legate alla chiusura della fase di liquidazione con l’acquisizione delle proprietà immobiliari e al ripristino delle fonti di approvvigionamento dell’acqua termale di cui si è occupata la task force. Una decisione, quella della riapertura dei centri termali, che va vista con prudenza e speranza perché, dopo un decennio finalmente ci sono le risorse finanziarie pubbliche per rilanciare i complessi delle due città, inattivi da lungo tempo.

“È un’agenda rigorosa – ha affermato il presidente della Regione, Renato Schifani - di compiti assegnati ai Dipartimenti regionali chiamati a far parte di questa vera e propria task force per realizzare quello che è un punto programmatico della mia azione di Governo. Vigilerò personalmente sul rispetto dei tempi, pronto a esercitare i poteri sostitutivi per centrare il risultato. Bisogna voltare subito pagina, perché è inaccettabile e insostenibile lasciare ancora inutilizzate le terme di Acireale e di Sciacca, risorse preziose sul piano turistico che invece devono essere debitamente valorizzate. È uno spreco che non è più tollerabile”.

"Non c'è mai stata una visione di comparto"

Il Governo ha presentato un emendamento alla Manovra ter all’esame dell’Ars che stanzia 670 mila euro per l’acquisizione dei beni immobili della società Terme di Acireale, mentre per i beni di proprietà delle Terme di Sciacca sono ancora al vaglio le possibili soluzioni. Eppure la questione è più ampia e non relegata esclusivamente ai centri saccense e acese.

La Regione – ha evidenziato ancora Faraci - dovrebbe muoversi in maniera manageriale, con saggezza e con le giuste competenze. Non c’è stata finora mai una visione di comparto. Manca un Piano regionale termale, perché non esistono soltanto Sciacca e Acireale, ci sono anche i piccoli stabilimenti privati, ma nessuno ne parla. Manca una mappa dei giacimenti idrotermali: la Sicilia è una miniera di falde e risorse, soprattutto nelle isole, ma se non si coinvolgono Università, esperti e centri di ricerca questo tesoro nascosto rimarrà inutilizzato”.

Terme in Sicilia, una questione mai risolta

La questione terme, e quindi acqua, sull’Isola è di fatto irrisolta, così come la mai arrivata legge sul termalismo: “Non è approdato in Aula – ha confermato Faraci - il Ddl sulle concessioni minerarie già favorevolmente esitato dalla Commissione competente nella passata legislatura e inspiegabilmente stoppato dopo. Manca una visione di sistema che prenda in considerazione l’esistenza di corridoi sanitari terapeutici a livello internazionale, nonché la sostenibilità sociale, ambientale ed economica degli investimenti, i temi dell’innovazione delle formule di benessere, della qualità di acque e fanghi e della sicurezza dei luoghi sono tuttora ignorati. Manca l’ascolto dei territori, che è una gravissima assenza in tempi di inclusività dei processi decisionali pubblici. Manca soprattutto una consapevolezza della concorrenza internazionale: mentre la Sicilia attiva una task force di alti burocrati, gli altri territori si muovono velocemente creando parchi termali urbani anche senza disporre di risorse idrotermali a scopo terapeutico”.

Considerazioni e riflessioni che torneranno di certo utili man mano che la Regione Siciliana andrà avanti con il cronoprogramma dettato e che nelle intenzioni del Governo dovrà portare alla definizione delle procedure per l’individuazione dei partner privati che saranno chiamati a gestire gli impianti termali. Solo in seguito è previsto il coinvolgimento dei territori interessati e delle rispettive amministrazioni locali.

Ma su questo fronte permangono i dubbi: in che modo dovranno entrare i privati nell’affidamento della gestione degli stabilimenti termali? Quale ruolo assumeranno? Quali ulteriori investimenti dovranno effettuare a integrazione di quelli pubblici? Domande cui dovranno seguire risposte e a cui si aggiunge, a oggi, la mancanza di conoscenza da parte dei sindaci delle due cittadine che sulla questione hanno finora deciso di non rilasciare dichiarazioni di merito.

Visione e investimenti

Sia Acireale che Sciacca godono di una posizione geografica privilegiata, la prima (Acireale) è ubicata tra Catania, Taormina e l’Etna, nodo principale di una vasta area urbana che si congiunge a Sud con l’area metropolitana catanese, l’altra (Sciacca), è uno dei principali centri turistici che dispone di una buona offerta ricettiva, stimolata negli anni dal comparto balneare ed è localizzata nella parte occidentale della provincia di Agrigento che ricordiamo sarà Capitale della Cultura 2025.

È difficile stimare con esattezza che giro di affari e di ritorno economico potrebbe esserci per le comunità siciliane interessate e per la Regione. Parlare di numeri adesso sembra prematuro: tanto dipende dal tipo di termalismo che si intende promuovere e dunque dagli investimenti produttivi che si intendono sostenere, per parte pubblica da un lato, col decisivo contributo dei privati dall’altro. Questi ultimi, secondo le norme comunitarie, andranno individuati espletando gare internazionali e valutando sostenibilità e impatto dei programmi di investimento proposti. Tutte indicazioni e riflessioni riportate nello studio del professore Faraci consegnato alla Regione due anni fa dove si ipotizzavano tre scenari, a diverso grado di estensione del termalismo e di integrazione con i sistemi locali di offerta turistica, dove ciascuno di questi prevedeva investimenti produttivi e impatti economici differenti.

 

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