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Ristori insignificanti e tardivi, senza investimenti la Sicilia affonda

Ristori insignificanti e tardivi, senza investimenti la Sicilia affonda

Ristori insignificanti e tardivi, senza investimenti la Sicilia affonda

È passato un anno dall’inizio della pandemia da Covid-19. Dodici mesi in cui diverse attività commerciali e professionali hanno dovuto limitare drasticamente la loro operatività o addirittura chiudere i battenti per parecchie settimane. Il bilancio in molti casi è tragico, con alcuni settori, come quello del turismo, messo letteralmente in ginocchio dalle misure restrittive. Il QdS, insieme alle associazioni che rappresentano i settori produttivi e i professionisti, prova a scattare una fotografia della situazione attuale, andando a scandagliare cosa non ha funzionato nelle politiche governative e cose servirebbe, secondo questi enti che hanno il polso dei territori, per risollevare un quadro economico che diversi intervistati hanno definito “drammatico”.

Quello che emerge dalle risposte, che potrete leggere in queste due pagine, non è la semplice richiesta di contributi economici. Alle imprese non interessa avere il ristoro una tantum che non risolve nulla. Serve una grande iniezione di liquidità, ma questa - come scriviamo da sempre - può arrivare soltanto attraverso gli investimenti, a partire da quelli nelle opere pubbliche, aprendo come si suol dire i “cantieri”. In generale, le risorse vanno allocate in un grande processo di riqualificazione del Paese (dalla scuola alla sanità).

Tutto questo sarà inutile se, contemporaneamente, non si metterà mano alle urgenti riforme che da tempo aspettano due pilastri portanti del cosiddetto “sistema Italia”: da una parte, la pubblica amministrazione, spesso inadeguata e terribilmente lenta a dare risposte a cittadini e imprenditori; dall’altra, la giustizia, che ha sovente tempi di risoluzione delle controversie lunghissimi per un Paese civile. La grande occasione per voltare pagina potrebbe essere il Recovery plan.

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Gianluca Manenti, presidente Confcommercio Sicilia

“A marzo scade il blocco dei licenziamenti, si rischiano proteste incontrollabili”

Gianluca Manenti è stato appena eletto presidente di Confcommercio Sicilia. Al QdS traccia un bilancio di cosa ha significato quest’ultimo anno per i commercianti e quali sono, secondo l’associazione di categoria che rappresenta, le principali misure da prendere per provare a uscire rapidamente dalla crisi economica.

In che modo il Covid-19 ha colpito il vostro comparto?
"La Sicilia, già prima del Covid, stava attraversando una crisi economica difficile, ma la pandemia ha reso tutto più drammatico. Oggi non dobbiamo solo preoccuparci di ricostruire il commercio, ma anche l’Isola degli operatori ormai in ginocchio. È per questo che ritengo che le organizzazioni di categoria forti e radicate come la nostra debbano assumere una valenza specifica, proponendosi con un potere contrattuale sempre maggiore nei confronti delle istituzioni".

Qual è la strada per venire fuori da questa crisi?
"Al nuovo presidente Draghi è stato chiesto di formare un governo che consenta al Paese di accedere subito ai fondi del Recovery per uscire dalla crisi. E noi chiediamo al governo regionale di assecondarlo. Ora più che mai è indispensabile agire su diversi piani: contenimento della pandemia, a livello sanitario e sociale; riforme della giustizia e della Pa, per favorire lo sviluppo e frenare le criminalità, la corruzione e la sfiducia dei cittadini; interventi su concorrenza e fisco; politiche attive per incrementare l’occupazione. Le misure messe in campo per arginare il virus sono state ondivaghe e soprattutto deleterie per tutte le parti sociali, ora anche la classe media è sul lastrico. A marzo scadrà il blocco dei licenziamenti e questo potrebbe innescare proteste incontrollabili. Alla Regione chiediamo di recitare un ruolo da protagonista in questa nuova cornice politica. Bisogna ricostruire l’unità nazionale".

Il Governo regionale vi ha fornito un supporto adeguato?
"Avremmo voluto che le parti sociali fossero ascoltate di più. Tutti abbiamo visto come è finita con il click day e con la questione del Durc per le imprese: non era facile per nessuno richiedere la rateizzazione del debito. Abbiamo chiesto di potere aprire le nostre attività senza discriminazione di settore merceologico, con l’applicazione di protocolli restrittivi e la diversificazione degli orari per le varie attività. Abbiamo chiesto l’applicazione di sanzioni severe per chi non rispetta le norme sanitarie e il contingentamento degli accessi alla clientela. Abbiamo sollecitato ristori immediati, congrui e sostanziali, secondo il calo di fatturato e non per codice Ateco. Abbiamo auspicato il potenziamento della misura. E poi ancora defiscalizzazione e decontribuzione per i possessori di partita Iva, moratoria dei mutui e di qualsiasi impegno finanziario. Per invertire questa tendenza deficitaria, è indispensabile puntare maggiormente sul settore terziario a cominciare dal turismo. E poi è necessario andare avanti con i ristori rapportati alle perdite di fatturato del 2020. Dobbiamo mirare a rimanere aperti in sicurezza a prescindere dai colori. Lo ribadiamo con forza”.

Ivana Zimbone

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Francesco Ferreri, presidente Coldiretti Sicilia

“Il settore agricolo non si è mai fermato, ora potenziarlo con il Recovery plan”

Anche nei mesi più duri del lockdown totale l’agricoltura non si è mai fermata e ha continuato a lavorare fornendo un servizio fondamentale al Paese, in termini di approvvigionamenti di cibo. Ma le limitazioni e la grave crisi economica conseguente, che sta attraversando il Paese da Nord a Sud, si sono inevitabilmente riversati anche su questo comparto, come spiega il presidente di Coldiretti Sicilia, Francesco Ferreri.

Cosa ha lasciato un anno di Covid-19?
“Sin dallo scoppio dell’epidemia, il settore agricolo non si è mai fermato in quanto la produzione di cibo è sempre determinante, ma forti ripercussioni si sono avute in tutti i comparti soprattutto a causa della chiusura delle attività di ristorazione che hanno inciso sull'intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all'olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.
L’azzeramento del fatturato si è avuto nel comparto agrituristico, un duro colpo per le strutture ricettive. Tuttavia, in controtendenza all’andamento negativo dei conti economici, nel 2020, a livello nazionale sono cresciute le esportazioni di prodotti agroalimentari. Unica eccezione è rappresentata da cibo e bevande che fanno segnare il record storico per il Made in Italy sulle tavole di tutto il mondo nonostante la pandemia Covid. All’estero, con il lockdown, i consumatori stranieri non hanno fatto mancare la presenza dei prodotti più tradizionali dell’alimentare Made in Italy che mostra una grande capacità di resilienza nonostante le difficoltà degli operatori e dell’economia”.

Cosa occorre per riprendersi dalla crisi?
“Intanto l’epidemia non è ancora finita e quindi non bisogna abbassare la guardia ma non si può pensare a una svolta o a un cambiamento, slegato dal contesto nazionale e quindi dal recovery plan. Ci sono dei punti fermi imprescindibili: in primo luogo il potenziamento dell’agroalimentare, punto strategico indicato dal presidente nazionale Ettore Prandini all’incontro con il presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi. L’Italia è leader in Europa per valore aggiunto, sostenibilità e qualità e con la crisi la filiera del cibo è diventata la prima ricchezza del Paese con un valore che supera i 538 miliardi, garantisce dai campi agli scaffali 3,6 milioni di posti di lavoro grazie all’attività, tra gli altri, di 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Il Recovery è strategico per tutto il sistema Italia”.

È soddisfatto del supporto fornito dai Governi nazionale e regionale?
“Non si può rispondere a questa domanda in generale, ma occorre analizzarne i vari aspetti”.

I.Z.

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Giuseppe Falzea, presidente Consulta architetti siciliani

“Crisi settore costruzioni acuita dalla pandemia, ora semplificare e prorogare il Superbonus 110”

Il Comparto delle costruzioni, in Sicilia, da oltre un decennio deve fare i conti con una crisi strutturale. Crisi che è stata “drammaticamente acuita” dalla pandemia. A questa situazione si aggiunge una burocrazia elefantiaca responsabile di ulteriori rallentamenti. Oltre il danno la beffa. Ne discutiamo con Giuseppe Falzea, presidente della Consulta degli architetti siciliani.

Qual è la situazione del vostro settore dopo un anno di pandemia?
“Il comparto delle costruzioni paga una crisi antica, quasi strutturale, che nel meridione d’Italia dura da oltre un decennio. La crisi ha investito anche le professioni tecniche, con ripercussioni pesantissime. Tale situazione è stata drammaticamente acuita dalla pandemia, che di fatto ha bloccato le costruzioni nel settore privato, che conta circa il 90% della filiera. Purtroppo, non vi è stata una decisa reazione del sistema burocratico attraverso un alleggerimento delle pressioni nei confronti di chi ha continuato a portare avanti i propri piani di investimento. Troppo spesso, l’uso obbligatorio di alte percentuali di smart-working nella Pa ha prodotto ulteriori rallentamenti nella definizione delle pratiche edilizie, cosa che non sarebbe dovuta accadere”.

Cosa occorre al vostro settore per riprendersi dopo questa crisi?
“Bisogna pensare al post-Covid con ottimismo, perché da una corretta gestione di questa drammatica fase possono scaturire nuove opportunità per l’economia siciliana. L’obiettivo principale è non lasciare indietro nessuno. Nel settore privato, l’invenzione del Superbonus 110% è stata straordinaria, anche se la grande intuizione della cessione del credito d’imposta è stata ingarbugliata da una legge scritta male, la cui applicazione necessita di continui interventi chiarificatori dell’Agenzia delle Entrate. Occorre che il Governo Draghi la migliori e la proroghi e che gli Enti pubblici creino le condizioni per attivare una stretta collaborazione tra professionisti del settore tecnico, partite iva e funzionari finalizzata a dare risposte immediate a quanti vogliono riqualificare il patrimonio edilizio. Nel settore pubblico, per almeno due anni bisogna che i lavori siano obbligatoriamente affidati ai liberi professionisti, aprendo il mercato il più possibile, lasciando al personale tecnico della Pa il compito di programmazione e controllo”.

È soddisfatto del supporto fornito dal Governo regionale?
“Con il Governo regionale dialoghiamo bene, anche se vorremmo che i momenti di confronto per uscire dalla crisi si intensificassero: possiamo offrire molte soluzioni alle problematiche che interessano i nostri territori, e sentiamo la necessità che ci venga offerta periodicamente l’opportunità di trasferirle. È bene precisare che operiamo nell’interesse della collettività. Un esempio: il decreto semplificazioni ha dato nuove possibilità alla riqualificazione urbana ampliando il concetto di ristrutturazione anche alla demolizione e ricostruzione con diversa sagoma, altezza ed anche aumento del volume preesistente. Questo, in alcune realtà regionali, è difficilmente applicabile per vincoli ambientali esistenti, fino ad arrivare all’assurdo della città di Messina, che rimane totalmente fuori dall’applicabilità di tale norma, avendo il territorio vincolato per il 72% della sua estensione dalla Zona di protezione speciale (caso unico in Europa) e per la restante parte dal Piano paesaggistico che vincola perfino le aree industriali e produttive. Con una legge di recepimento o di modifica della norma è possibile porre rimedio a queste situazioni”. (Gda)

nello battiato cna

Nello Battiato, presidente Cna Sicilia

“Pmi e artigianato messi a dura prova, politica dei ristori inadeguata e inefficace”

Piccole imprese e artigiani, dopo un anno di pandemia e misure restrittive, stanno attraversando un periodo di gravissima crisi. Ne abbiamo discusso con Nello Battiato, presidente della Cna Sicilia.

Qual è la situazione del vostro comparto a un anno dal Covid?
“La situazione è complessa. Stiamo attraversando una fase delicata che sta mettendo a dura prova il tessuto produttivo delle Pmi e dell’artigianato. è stato un anno duro nel segno delle restrizioni, più o meno rigide, che i governi, regionale e nazionale, hanno, di volta in volta, messo in campo per contrastare la diffusione del virus. Limitazioni che hanno avuto come conseguenza quella di ridurre sensibilmente, se non addirittura di azzerare, il fatturato di quasi tutte le attività economiche. E a fronte delle quali la politica dei ristori si è rivelata inadeguata e scarsamente efficace, anche rispetto a tempistica e modalità di erogazione. C’è una sofferenza che rischia di provocare un collasso collettivo”.

Cosa servirebbe per recuperare il terreno perso?
“La campagna vaccinale rappresenta certamente un rimedio essenziale per rimettere in piedi l’economia. Il tema è però che anche su questo terreno non mancano le defezioni, i ritardi e le polemiche. Insomma, non si viaggia spediti, come sarebbe invece auspicabile, verso l’immunità di gregge, i cui effetti sarebbero straordinariamente benefici: perché garantire e proteggere la salute pubblica significherebbe fare ripartire, in assoluta sicurezza, l’economia.Si rimetterebbe in movimento il turismo e quindi le filiere produttive a essa collegata. è su queste basi, a mio avviso, che dovrebbe essere ricostruito, con fiducia, il rilancio delle attività, le quali ovviamente, una volta messe in carreggiata, non possono e non debbono essere abbandonate dallo Stato”.

È soddisfatto di quanto fatto dal Governo regionale?
“Certamente si sarebbe potuto e dovuto fare di più e meglio per stare vicino alle imprese in questa difficile e delicata fase. Nonostante l’impegno e lo sforzo profusi, mi preme sottolineare come la Regione non abbia prodotto quella spinta che artigiani e operatori del commercio e del turismo si attendevano. Specie dopo la Finanziaria 2020, “definita da guerra” dallo stesso Presidente della Regione subito dopo l’approvazione. Di fuoco e di ristoro davvero ben poco.Anche rispetto alla prossima Finanziaria si intravede poco o nulla all’orizzonte. Noi, come Organizzazione datoriale, non ci stanchiamo di offrire un contributo propositivo alle Istituzioni, mettendo sul Tavolo proposte e soluzioni. Recentemente, in soccorso del comparto agroalimentare, della ristorazione e degli eventi, tra i più colpiti dalle restrizioni, abbiamo consegnato un documento all’assessore regionale alle Attività Produttive e al Presidente dell’Ars. Solo per fare alcuni esempi: 1) Esenzione totale dei tributi locali anche per il 2021, con particolare riferimento alla Tari; 2) Sostegno a fondo perduto a favore della filiera, connettendolo al dato di maggiore perdita subita nel raffronto tra 2020 e 2019; 3) Rimpinguare la dotazione del Fondo Sicilia per le ricettività e la ristorazione gestito dall’Irfis; 4) Capitolo affitti: andare oltre l’attuale agevolazione legata al credito d’imposta; 5) Estendere per i ristoranti l’ingresso fino alle ore 21 con chiusura alle 22”.

I.Z.

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Vittorio Messina, presidente Confesercenti Sicilia

“Non c’è alcun tipo di programmazione, dalla istituzioni lentezze inaccettabili”

Chiusi per lunghi periodi o costretti a stare dentro regole “cangianti” che impediscono di svolgere a pieno la loro attività. Quella dei commercianti è forse la categoria più colpita dal Covid-19 e la situazione è “drammatica” come spiega al QdS Vittorio Messina, presidente regionale di Confesercenti.

Qual è il bilancio del vostro settore a un anno dall’inizio della pandemia?
“La situazione è drammatica sia per il settore del commercio tradizionale che per la filiera del turismo. Ormai da dodici mesi siamo precipitati in una situazione surreale e che procede per colori (oggi giallo, domani arancione) senza alcun tipo di programmazione. Dopo i primi mesi di pandemia ci saremmo aspettati un comportamento certamente più responsabile da parte di chi ci governa e questo sia in termini di ‘previsioni’ sia in termini di controlli. Sembra quasi, ad esempio, che il problema degli assembramenti sia responsabilità dei bar e dei ristoranti mentre dalle 18.00 in poi, specie nei giorni festivi, gli assembramenti sono sotto gli occhi di tutti e soprattutto sono tollerati…”

Cosa si può fare per uscire da questo momento così duro?
“Certamente una campagna vaccinale imponente che nel più breve tempo possibile riesca a vaccinare il più alto numero di persone. Solo così potremo archiviare la pandemia e affrontare seriamente la ripartenza che dovrà essere economica ma anche sociale specie in territori ‘fragili’ come il nostro”.

Come giudica l’operato del Governo regionale a sostegno delle realtà produttive?
“Indubbiamente anche il Governo regionale ha dovuto affrontare una pandemia inaspettata e per questo nei primi mesi era certo che non potesse andare diversamente da come è andata, oggi però a distanza di un anno dall’inizio ci accorgiamo che la sanità regionale non è stata rafforzata e potenziata come dovuto, gli interventi economici in aiuto alle imprese siciliane benché annunciati già da aprile 2020 ancora non sono tutti arrivati nelle casse delle imprese, parecchie pratiche legate a fondi europei per finanziare progetti delle aziende siciliane devono ancora essere ‘approvate’ e liquidate dai funzionari regionali. Lentezze, queste, inaccettabili a fronte di una situazione economica disastrosa; sembra, in alcuni casi, che la politica non abbia ben chiara la situazione di estremo disagio economico che le imprese stanno vivendo. Solo se ci presenteremo tutti insieme ai nastri di ripartenza avremo la possibilità di far ritornare, in tempi brevi, la nostra Sicilia ai ‘numeri’ a cui eravamo abituati prima della pandemia. Occorre, oggi più che mai, un piano strategico per la ripartenza, occorre sapere con certezza cosa la politica intenda mettere in campo per agevolare la ‘rinascita economica e sociale’ della nostra terra . Ci servono certezze per potere continuare a sperare, economicamente parlando, di poter traguardare le nostre imprese all’indomani della fine della pandemia”.

I.Z.

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Filippo Parrino, presidente di Legacoop Sicilia

“Nessuna efficacia dalle misure del Governo, servono investimenti e non assistenza”

La cooperazione siciliana sta attraversando una crisi generalizzata da quando il Covid ha messo sotto scacco l’Italia. Crisi che nell’ultimo periodo ha colpito anche le attività della grande distribuzione, le quali si trovano a dover fare i conti con il calo dei consumi. Secondo il presidente di Legacoop Sicilia, Filippo Parrino, per superare questo momento drammatico “dovrebbero essere messe in atto misure volte agli investimenti e non all’assistenza”.

Dopo un anno di covid, in che condizioni si trovano le cooperative?
“Il movimento cooperativo siciliano sta vivendo una crisi molto grave soprattutto nella gestione del welfare. Molte delle nostre cooperative che gestiscono asili nido, scuole per l’infanzia e scuole di primo grado sono in crisi. La chiusura nella prima ondata e le successive hanno completamente messo in ginocchio i comparti dell’assistenza sociale, socio-sanitario e dell’educazione. Gli aiuti da parte delle istituzioni, ad oggi, sono di fatto insignificanti. Stessa sorte hanno avuto le cooperative che organizzano, o per meglio dire organizzavano, il turismo scolastico. Nessuna struttura lavora e neppure la debole ripresa estiva ha compensato il blocco delle attività, che persiste, anzi si aggrava. Chiudere e riaprire senza poter programmare ha danneggiato le cooperative che gestiscono musei, teatri e ristorazione. Si sono salvate solo le attività della Gdo, come Coop e Conad, ma negli ultimi tempi assistiamo anche a un calo dei consumi che, se malauguratamente perdurasse, comporterebbe un aggravarsi della situazione economica, occupazionale e sociale".

Cosa occorre al vostro settore per riprendersi dopo questa crisi?
“Il mondo della cooperazione proprio perché opera in tutti i settori dell’economia produttiva e sociale, necessita degli interventi utili alla più generale ripresa dell’Italia. In particolare, sarebbero necessarie misure urgenti per dare liquidità alle imprese cooperative per far fronte al rilancio di nuovi processi organizzativi e produttivi, anche alla luce del piano della digitalizzazione e al più recente piano di housing sociale. Dovrebbero essere messe in atto misure volte agli investimenti e non all’assistenza. Incentivare il ricorso agli ammortizzatori sociali, ma senza penalizzare il lavoratore in termini sia di risorse nette nelle sue tasche che di tempi estremi per le erogazioni. Investire in progettazioni di filiere e di rete per creare economie di costo. Fare una campagna di lancio, in Sicilia, per il consumo di prodotti Made in Sicily”.

È soddisfatto del supporto fornito dal Governo regionale?
“Dal punto di vista sociale e finanziario le misure poste in essere dal Governo non hanno ancora sortito alcun effetto positivo, stante anche al fatto che, come si è verificato per il bonus Sicilia o per gli ammortizzatori sociali in deroga, intoppi procedurali in alcuni casi e fornitori non perfettamente efficienti in altri, hanno creato seri problemi con grave nocumento per le nostre cooperative. Il Governo regionale avrebbe dovuto concentrare di più gli sforzi per riprogettare gli interventi, anche a valere sulle risorse europee. Oggi siamo in una fase in cui si parla di Recovery plan e Next generation Eu, i quali costituiranno il nostro futuro se saremo in grado di approfittarne. Dall’interlocuzione del Governo regionale con quello nazionale ci aspettiamo un confronto vero nel rivendicare l’utilizzo delle risorse in Sicilia e poi una progettazione vera che sia discussa con le parti datoriali e sociali, anche con la costituzione di un Tavolo, per fare in modo che le risorse non vengano sprecate ancora una volta”.
Gabriele D’Amico

Giovanni Perino IRSAP SICILIA

Giovanni Perino, commissario straordinario dell’Irsap

“Momento difficile nelle aree industriali, accelerato il processo attuativo dei progetti”

In un anno in cui le attività produttive siciliane hanno subito una battuta d’arresto, si è reso utile il contributo di un ente regionale dedicato al loro sviluppo: l’Irsap, Istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive. Un ente che, guidato dal commissario straordinario Giovanni Perino, si occupa di portare avanti i servizi, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, il ripristino delle infrastrutture, nonché l’avvio dei progetti di riqualificazione delle infrastrutture industriali negli 11 distretti siciliani.

Qual è la situazione delle attività produttive siciliane?
“È stato un anno difficile e complicato. Le aziende insediate nelle aree industriali, che Irsap gestisce in termini di servizi e infrastrutture, hanno vissuto un momento complesso che purtroppo continua. Lo scorso anno, ma anche negli anni precedenti, il nostro Istituto si è mosso nell’interesse dei bisogni e delle esigenze delle aree industriali della Sicilia, accelerando il più possibile il processo attuativo dei progetti di riqualificazione esistenti, ottenendo i relativi finanziamenti e mettendoli in gare per migliorare le infrastrutture esistenti nelle zone industriali mediante risorse regionali, statali e comunitarie resesi disponibili”.

Cosa occorre al settore per riprendersi dopo questa crisi?
“Il nostro prioritario obiettivo è stato quello di appaltare opere relative a progetti esecutivi cantierabili, nelle more della consegna di strade e infrastrutture. Abbiamo proposto 20 progetti per le opere di riqualificazione che sono stati inseriti nel programma del ‘Patto per il Sud’ per un totale di poco più di 50 milioni. Progetti che sono previsti anche nel piano triennale delle opere pubbliche dell’Irsap, la cui spesa sarà spalmata secondo cronoprogrammi per cui è prevista l’ultimazione dei lavori nel 2022. Di questi interventi otto sono in corso d’opera, tre sono stati appaltati, cinque sono stati ultimati, altri tre hanno un progetto in fase d’adeguamento e uno è in fase di decretazione. Oltre ai progetti finanziati dalla Regione con i fondi del ‘Patto per il Sud’ è in corso un intervento che riguarda la zona industriale di Messina e attinge ai fondi del Patto per la Città Metropolitana: riguarda la riqualificazione e messa in sicurezza dell’asse viario dell’agglomerato industriale di Milazzo Giammoro. Il progetto è finanziato per 2,6 milioni. Anche nella zona industriale di Catania sono in corso tre progetti esecutivi dell’Irsap, di cui due con cantiere in corso di esecuzione e uno con lavori appaltati. Su Palermo, sono stati terminati i lavori per l’impianto di pubblica illuminazione delle strade al servizio dell’area industriale di Termini Imerese con sistemi innovativi e opere di manutenzione correlate per un importo di 4,8 milioni di euro”.

È soddisfatto del supporto fornito dalla Regione?
“È stato approvato qualche settimana fa il nuovo regolamento per l’assegnazione dei lotti e terreni nelle aree industriali che ci sta permettendo di predisporre una modulistica unica e univoca per la presentazione delle istanze on line di richiesta dei lotti. Il nuovo regolamento che unificherà i criteri di assegnazione degli immobili negli undici distretti, finora tutti diversi fra loro, mette ordine in una materia che non era stata mai affrontata. Inoltre, è all’esame dell’Ars un Ddl che prevede modifiche sostanziali alla legge istitutiva dell’Irsap (legge 8 /2012) e la sua possibile conversione in società in house della Regione, con un ruolo strategico nella gestione di fondi regionali, statali e comunitari destinati alle imprese”. (GDA)

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