La Sicilia rischia di perdere l’ennesima occasione di sviluppo. A poco più di un anno dalla scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la Regione si trova in forte ritardo sull’attuazione degli interventi legati alla manutenzione delle dighe. A sollevare il caso è il Partito Democratico, che attraverso un’interrogazione parlamentare all’Assemblea Regionale Siciliana chiama in causa il presidente Renato Schifani e il nuovo assessore all’Energia, Francesco Colianni.
Fondamentali le scadenze del 2026
Il Pnrr era stato salutato come una svolta, una chance irripetibile per colmare il divario tra Sud e Centro-Nord. Ma a preoccupare, fin dall’inizio, sono state le tempistiche stringenti e la capacità della macchina amministrativa di rispettarle. Entro il 30 giugno 2026, la Sicilia dovrà certificare oltre 350 milioni di euro in spese per dieci interventi strategici sulle infrastrutture idriche. Di questi, quattro sono direttamente gestiti dalla Regione, mentre i restanti sono affidati ad Amap, Siciliacque ed Enel Green Power.
Ma i numeri raccontano una realtà preoccupante: al 31 dicembre 2024, l’avanzamento medio della spesa in Sicilia si attesta al 16%, contro una media nazionale del 23,93%. Una percentuale che crolla ulteriormente se si considerano solo gli interventi regionali.
I cantieri più in ritardo
Tra gli interventi più critici figurano:
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Diga Rosamarina (Caccamo, PA): 8 milioni di euro stanziati, ma nessuna spesa certificata.
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Diga Olivo (Enna): anche qui, zero euro spesi.
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Diga Pietrarossa (Catania-Enna): lavori fermi al 22,5%, nonostante il progetto sia in sospeso dagli anni ’90.
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Serbatoio Castello (Agrigento): avanzamento limitato al 24%.
Per il PD, è realistico pensare che nessuno di questi interventi sarà completato entro i termini, con la conseguente perdita dei fondi.
Il caso Pozzillo: l’eccezione che conferma la regola
A contrasto con il quadro regionale, l’invaso Pozzillo gestito da Enel Green Power mostra un’efficienza ben diversa: su un finanziamento da quasi 33 milioni, sono già stati spesi oltre 25 milioni (76,08%). Il progetto – cruciale per la Piana di Catania – prevede la rimozione di 30 milioni di metri cubi di sedimenti dallo scarico di fondo della diga, garantendo l’acqua per oltre 60mila ettari di agrumeti. I materiali estratti verranno in parte riutilizzati come fertilizzante o per produrre piastrelle.
Siccità: la pioggia non basta
Nonostante un inverno più piovoso del previsto, l’emergenza idrica resta una minaccia concreta. Secondo i dati aggiornati all’1 marzo 2025, le dighe siciliane contengono 345 milioni di metri cubi d’acqua, un miglioramento rispetto al 2024, ma ancora insufficiente.
“I volumi attuali – osservano i deputati dem – sono inferiori del 35% rispetto a marzo 2020. Inoltre, il 34% dell’acqua invasata è inutilizzabile a causa dell’accumulo di detriti”.
Un campanello d’allarme che rende ancora più urgente portare a termine gli interventi previsti dal Pnrr. Per questo motivo, i parlamentari chiedono al governo regionale di riferire in aula e chiarire come intende evitare la perdita di risorse fondamentali per il futuro dell’isola.
Simone Olivelli
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