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Acqua, Sud in ritardo infrastrutturale e il Nord presenta più progetti

Acqua, Sud in ritardo infrastrutturale e il Nord presenta più progetti

Acqua, Sud in ritardo infrastrutturale e il Nord presenta più progetti

PALERMO - Le copiose piogge degli ultimi giorni non salverano la Sicilia e il Mezzogiorno dalla siccità che, come abbiamo scritto in una nostra recente inchiesta, ha dimezzato lo scorso ottobre le riserve idriche degli invasi isolani, con gravi ripercussioni sulle colture autunnali. Il problema è sempre lo stesso: nell’Isola le infrastrutture, in particolare condotte e dighe, sono vetuste e - è proprio il caso di dirlo - fanno acqua da tutte le parti. Detto in altri termini, la disperdono e, in tempi di cambiamento climatico, è un vero delitto.

Proprio lo scorso giovedì, per l’ennesima volta, l’Istat ha confermato questo stato delle cose nell’ultimo censimento delle acque per uso civile. L’indagine fa riferimento all’anno 2018, ma arriva dopo bene tre anni dall’ultimo ampio monitoraggio realizzato nel 2015 e dunque ci consegna un quadro abbastanza fedele della situazione attuale. I nuovi numeri diffusi dall’Istituto di statistica, però, raccontano una storia vecchia: “Sebbene le perdite abbiano un andamento territoriale molto variabile - si legge nel rapporto - , l’infrastruttura di rete è meno efficiente nei distretti idrografici della fascia appenninica e insulare. I valori più alti si rilevano nei distretti Sardegna (51,2%) e Sicilia (50,5%), seguiti dai distretti Appennino centrale (48,4%) e meridionale (48%)”.

Al di qua dello Stretto, insomma, più della metà del prezioso liquido immesso in rete non arriva a destinazione, perdendosi tra i mille rivoli della nostra rete colabrodo. Un dato che supera di 8 punti percentuali la media italiana (42%, lievemente in crescita rispetto al 41,4% registrato tre anni prima). Un “water gap” che è prima di tutto infrastrutturale, ma che le Regioni meridionali, a partire dall’Isola, ignorano. E infatti, nel rapporto “Sud” del Sole 24 ore pubblicato ieri, si legge come solo il 27,8% dei progetti di infrastrutture idriche, che potrebbero confluire nel Recovery plan italiano, proviene dalle regioni meridionali.

Ne parla Michaela Castelli - presidente di Utilitalia (Federazione che riunisce le Aziende operanti nei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas) - che ha avviato un’analisi per individuare i progetti ritenuti dalle sue associate tali da poter essere inclusi nel Piano nazionale.
Nei piani allo studio, infatti, su un totale di interventi statali per il settore che prevedono investimenti per 14,9 miliardi, la quota meridionale è di soli 3,8 miliardi. “Dal Mezzogiorno poche proposte e nessuna sul dissesto idrogeologico” specifica Castelli.

E così cresce anche il “water service divide” tra l’Italia del Centro-Nord e quella del Sud. Il Centro Nord, nella gestione della risorsa acqua, è simile al resto d’Europa, mentre il Sud, è bloccato ai suoi atavici problemi, come si legge in “Acqua per tutti. Investimenti nel comparto idrico e ruolo dei soggetti industriali”, una ricerca a cura di Mario Rosario Mazzola, docente di costruzioni idrauliche dell’Università di Palermo e consulente del Governo per il Recovery Plan e riportato dal Rapporto Sud.

Lo studio, svolto per Astrid, parla di perdite di acqua trasportata pari al 50%, carenza di depuratori e di sistemi fognari, difficoltà nello smaltimento dei fanghi. E le procedure di infrazione per l’85% riguardano il Sud proprio a causa di queste carenze.

Carenze in speciale modo sui depuratori come conferma anche il già citato censimento delle acque dell’Istat, in base al quale il servizio pubblico di fognatura comunale è completamente assente in 40 comuni (394.000 abitanti), lo 0,7% della popolazione, soprattutto in Sicilia (25 comuni), in particolare, nella provincia di Catania (22 comuni su 58).

Per quanto riguarda il servizio di depurazione “è assente in 339 comuni per circa 1,6 milioni di residenti”: il 66,4% è localizzato nel Mezzogiorno (soprattutto in Sicilia, Campania e Calabria, e interessa rispettivamente il 13,3%, il 7,8% e il 5,4% della popolazione).

Dei 339 comuni, 83 sono costieri, in Sicilia (37), Calabria (16) e Campania (15). In Valle d’Aosta, Emilia-Romagna e Umbria il servizio è presente e attivo in tutti i comuni.

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