Secondo il XVII Rapporto “Paesaggi sommersi” della Società Geografica Italiana, presentato a Roma, l’Italia potrebbe perdere il 20% delle spiagge entro il 2050 e addirittura il 45% entro il 2100. A rischio ci sono le case di oltre 800mila persone, minacciate da erosione, inondazioni temporanee o permanenti e dall’innalzamento del livello del mare.
Le aree costiere più a rischio
Le zone più vulnerabili sono:
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Alto Adriatico, soprattutto il Delta del Po e la Laguna di Venezia;
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la costa pugliese intorno al Gargano;
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diversi tratti tirrenici tra Toscana e Campania;
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le aree di Cagliari e Oristano in Sardegna.
In pericolo anche la metà delle infrastrutture portuali, diversi aeroporti e oltre il 10% delle superfici agricole.
Crisi climatica ed erosione costiera: un’emergenza nazionale
La crisi climatica accelera la salinizzazione dei terreni agricoli costieri e aggrava l’erosione dei litorali urbanizzati. Le aree sotto il livello del mare potrebbero richiedere difese artificiali sempre più costose o addirittura processi di ricollocazione della popolazione. “Abbiamo reso rigida e fragile la fascia costiera italiana. Serve un nuovo modello di gestione e pianificazione sostenibile”, spiega Stefano Soriani, docente all’Università Ca’ Foscari.
L’allarme della Società Geografica Italiana
Secondo Filippo Celata, docente alla Sapienza di Roma, la crisi climatica agisce come un “moltiplicatore di stress”, peggiorando i problemi ambientali e sociali. L’unica soluzione, afferma, è rinaturalizzare i litorali, restituendo alle spiagge la loro capacità naturale di adattamento. “Non vogliamo creare allarmismi, ma proporre soluzioni concrete di mitigazione”, sottolinea Claudio Cerreti, presidente della Società Geografica Italiana.
I dati chiave del rapporto “Paesaggi sommersi”
1. Artificializzazione costiera
Quasi il 25% del territorio entro 300 metri dalla costa è coperto da strutture artificiali, con picchi del 47% in Liguria e del 45% nelle Marche.
2. Erosione accelerata
Fino al 45% delle spiagge italiane potrebbe scomparire entro il 2100, compromettendo un patrimonio naturale e turistico unico al mondo.
3. Difese costiere
Oltre un quarto delle coste basse è già protetto da barriere artificiali, che però aggravano erosione e vulnerabilità.
4. Pressione turistica
I comuni costieri offrono il 57% dei posti letto turistici, ma l’eccesso di costruzioni e infrastrutture aggrava la crisi ambientale.
5. Salinizzazione dei terreni
Nel 2023 il cuneo salino nel Delta del Po è risalito per oltre 20 km, mettendo a rischio agricoltura e acqua potabile.
6. Aree protette e porti vulnerabili
Solo il 10% delle acque e delle coste italiane è tutelato da aree protette, spesso senza piani di gestione efficaci.
A rischio anche 2.250 km di porti e infrastrutture strategiche per la logistica nazionale.
Serve un piano nazionale per la salvaguardia delle coste
Il rapporto chiede una strategia nazionale di adattamento climatico, con misure coordinate tra Stato e Regioni per contenere l’erosione, tutelare le spiagge e garantire la sicurezza delle popolazioni costiere.
(Adnkronos)
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