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L'idrogeno per combattere il cambiamento climatico. Intervista al professore Michele Parrinello

L'idrogeno per combattere il cambiamento climatico. Intervista al professore Michele Parrinello

L’idrogeno per combattere il cambiamento climatico. Intervista al professore Michele Parrinello

GENOVA - L’idrogeno è un gas in cui la comunità scientifica ripone grande fiducia per contrastare il cambiamento climatico: il suo impiego permetterebbe di ridurre l’utilizzo di combustibili fossili e le conseguenti emissioni di anidride carbonica (CO2).

Il team di ricercatori e ricercatrici di “Atomistic simulations” dell’Istituto Italiano di Tecnologia – IIT, coordinato da Michele Parrinello, ha scoperto il funzionamento di un catalizzatore necessario per facilitare la produzione d’idrogeno dall’ammoniaca. I risultati ottenuti, pubblicati sulla rivista “Nature Catalysis”, potranno essere utilizzati in futuro per sviluppare nuovi sistemi sempre più sostenibili per la produzione d’idrogeno come fonte energetica.

Per la ricerca sono stati impiegati l’intelligenza artificiale e il supercomputer Franklin per studiare il movimento delle molecole durante la reazione. In questa maniera, il team ha scoperto il meccanismo con il quale funziona il catalizzatore litio immide, già considerato efficacie per “facilitare” la conversione da ammoniaca a idrogeno abbassando a 480°C la temperatura richiesta. Interviene al QdS il dottor Michele Parrinello, coordinatore del gruppo “Atomistic simulations” all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Intelligenza artificiale, big data e supercomputer alleati dell’obiettivo di decarbonizzazione globale, quindi…

“Se guardiamo al mondo contemporaneo, un mondo che più che mai oggi ha bisogno di tecnologie green, meno inquinanti e che come non producano Co2, è necessario perfezionare i processi che ci permettono, ad esempio, di produrre l’idrogeno per un suo utilizzo come fonte energetica o su come sia possibile eliminare Co2. Questi processi sono resi possibili attraverso l’uso di catalizzatori, elementi che facilitano la formazione delle molecole chimiche che ci interessano. Questo è il focus della mia ricerca”.

Ce ne vuole parlare?

“Molti di questi processi avvengono a temperature altissime. È evidente che si tratti di temperature alle quali è complicato sviluppare esperimenti. La sfida è individuare come si possa, quindi, realizzare modelli che possano essere sviluppati in un range di temperature più basse, intorno ai 480°. Al momento stiamo studiando diversi processi chimici: uno di questi riguarda la formazione dell’ammoniaca e l’altro la sua decomposizione. La scoperta del processo che permette di produrre artificialmente produrre l’ammoniaca ha circa un secolo e, a mio giudizio, ancora oggi è una delle scoperte più interessanti della quale ancora oggi traiamo vantaggio perché proprio con l’ammoniaca si possono preparare i fertilizzanti, cosa che ha permesso di aumentare la produzione agricola e, anche se in minima parte, ridurre l’atavico problema della fame del mondo”.

Qual è lo stato della ricerca?

“Oggi stiamo cercando, in collaborazione con due industrie tedesche e svizzere, di studiare questo processo al fine di renderlo più economico e meno impattante dal punto di vista ambientale. Tenga conto che quasi il 5% delle emissioni mondiali di CO2 derivano dalla produzione di ammoniaca. La sua decomposizione è finalizzata a ottenere idrogeno, cosa che ci permetterebbe di eliminare i rischi relativi, ad esempio, al trasporto dell’idrogeno, elemento altamente infiammabile. L’idea è, quindi, quella di traportare l’ammoniaca, che è molto meno pericoloso, e poi estrarre in loco l’idrogeno. Sarebbe possibile realizzare un sistema globale con stabilimenti di produzione di ammoniaca in località ricche di sole, come ad esempio molti dei deserti, per trasportarla e, come dicevo, decomporla in loco ottenendo quindi un idrogeno green. La ricerca pubblicata su ‘Nature Catalysis’ studia appunto una nuova classe di catalizzatori. Mentre quelli tradizionali sono basati su metalli, anche preziosi come il platino, questa nuova generazione potrebbe basarsi su composti ionici in grado di essere non solo meno impattanti sull’ambiente ma anche più efficienti”.

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