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Parco eolico alle Egadi, energia verde... ma per altre regioni

Parco eolico alle Egadi, energia verde... ma per altre regioni

Parco eolico alle Egadi, energia verde… ma per altre regioni

TRAPANI - C’è la formula più sbrigativa. Dura. Transizione ecologica sì, ma a casa degli altri. Va bene l’energia pulita, ma se viene realizzata da qualche altra parte. C’è la formula più pragmatica. Dialogante. Parliamone. Confrontiamoci seguendo il criterio di costi e benefici. Anche perché, così come si produce, in larga parte, è energia inquinante. E per il bene di tutti, nessuno escluso, è necessario de-carbonizzarla. C’è poi una sorta di terza via, che prova a mediare tra le prime due formule, con dati scientifici ed economici, verificando sul campo l’impatto dei nuovi impianti, quelli, in particolare, che puntano a produrre energia dal vento.

C’è un progetto – alla ricerca di autorizzazioni e di una concessioni trentennale – che sta animando il dibattito in Sicilia ed in particolare nella provincia di Trapani. Esattamente nelle Isole Egadi. Perché è al largo di una delle tre, Marettimo, le altre due sono Favignana e Levanzo. è a circa 16 miglia ad ovest della più lontana dell’arcipelago che potrebbe essere realizzata una centrale eolica off shore. Mar Mediterraneo protagonista, dunque. Con 190 aerogeneratori: torri eoliche con fondazione galleggiante ancorata al fondale; un cavidotto marino di 200 chilometri.

Un progetto avveniristico della società “Renexia”. Accompagnato da garanzie tecniche: non ostacola il traffico marittimo; non ostacola quello turistico. Ed ancora, non disturba le rotte migratorie degli uccelli. Ci sarà su ogni piattaforma anche un rilevatore della posizione dei cetacei. Qualche numero: 674 posti di lavoro in quattro anni, con la stima di circa 40 mila opportunità a vario titolo. La possibilità di adeguare e convertire cantieri navali in zona. Perché off-shore? Semplice: perché lontano dalla costa i venti sono più forti, più veloci e stabili e quindi producono più energia rispetto ad impianti installati sulla terraferma. Ma il territorio sospetta. I suoi amministratori sono sospettosi, le associazioni ambientaliste non riescono a convincersi. Il consenso è parziale, tanto quanto il dissenso. E quand’è così in Sicilia le questioni s’ingarbugliano. È storia.

C’è sicuramente un punto debole. L’energia prodotta dall’off-shore non sarebbe a servizio dell’Isola ma collegata al sistema nazionale. Da qui una domanda legittima. Arrivata dal Comune e dal Consiglio comunale delle Egadi: “Qual è il nostro potere contrattuale?”. Ma pure: “La priorità è la salvaguardia ambientale”. Perché l’Area marina protetta viene attraversata e costeggiata. Perché l’impianto (wind farm) è a ridosso di due banchi di pesca, Tablot e Scherki. “Perché le sue dimensioni – si legge in una nota del Partito Democratico di Trapani – sono significative, con una superficie d’acqua che è poco meno dell’intera nostra provincia”. I democratici affondano il colpo e tornano su un punto: “Viene chiaramente esposto che l’energia prodotta non sarà destinata al territorio siciliano e, tantomeno, all’arcipelago delle Egadi dove, tutt’oggi, l’energia non viene da fonti riciclabili bensì da fonti fossili. Tantomeno sono previste e prevedibili facilitazioni ed agevolazioni per i cittadini”. E per finire e per tracciare la linea della critica: “Non sono previste compensazioni”.

Obiezioni che fanno dire all’associazione “Fare Ambiente”, con il suo presidente Salvatore Braschi, che sì l’obiettivo è la riconversione energetica ma rimane comunque “un parziale dissenso”. Accompagnato da una richiesta, ancora in corso, di approfondimenti da parte del sindaco di Trapani Giacomo Tranchida che, in una sua nota ufficiale, inviata alla Capitaneria di Porto, ha finito per dare una risposta indiretta alla “emigrazione” dell’energia che verrebbe prodotta: potenza totale di 2,8 GW. Scrive il primo cittadino: “Viste le potenze in gioco, non essendo capiente la rete elettrica siciliana, il progetto prevede l’immissione dell’energia direttamente nella Regione Campania”.

L’esclusione dell’Isola è dunque tecnica e non “politica”. È invece una strategia politica quella che ha espresso il premier Mario Draghi puntando sul Ministero della Transizione Ecologica che entra a pieno titolo nel dibattito che si è aperto nei territori, chiamati ad esprimersi sui progetti presentati. Lo stesso Tranchida ha sul suo tavolo altri tre progetti di ben ridotte dimensioni rispetto a quello della “Renexia” e per la realizzazione d’impianti non eolici ma fotovoltaici in contrada Borromia, piuttosto che nella contrada Serro o in quello che presto diventerà Comune autonomo, nella zona di Misiliscemi.

Transizione ecologica che porta l’economista francese Gael Giraud a dire che “sarà la chiave di volta anche per la creazione di nuovi posti di lavoro”. Ecco perché è sempre più necessario ed urgente che le tre formule – sbrigativa, pragmatica e scientifica – facciano sintesi. Mai come in questo caso il futuro non può attendere. Ed il futuro è sempre più green ed energeticamente rinnovabile.

Vito Manca

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