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Parco dell’Etna, perché i sindaci puntano a ridisegnare i confini

Parco dell’Etna, perché i sindaci puntano a ridisegnare i confini

Parco dell’Etna, perché i sindaci puntano a ridisegnare i confini

CATANIA - La richiesta proviene dai Comuni che compongono il Parco dell’Etna. Tutti, a quanto riferisce il presidente Carlo Caputo avrebbero chiesto di ripensare ai confini dell’ente. Nasce da qui la decisione di istituire un Tavolo tecnico permanente per riperimetrare il parco naturale istituito nel 1987 e, da allora, rimasto immutato. Nonostante le diverse esigenze dei territori manifestate negli anni. Come spiega proprio Caputo: “Tutti i comuni del Consiglio del Parco hanno votato all’unanimità di istituire il tavolo tecnico per la riperimetrazione – conferma - per rivedere i confini mai mutati in 35 anni”. Secondo Caputo, alcuni vincoli imposti sarebbero non efficaci per la tutela del parco e, al contrario, impedirebbero interventi di miglioramento.

“È un’esigenza molto sentita – continua Caputo che allontana le ipotesi di cementificazione selvaggia sul vulcano attivo più alto d’Europa -. È chiaro che ognuno guardi ai suoi interessi particolari e che c’è chi, magari proprietario di terreno, vorrebbe essere libero. Quel che credo io, però, in base all’esperienza maturata, è che, più che realizzare nuovi confini, basterebbe attualizzare alcuni regolamenti in ambito edilizio e agricolo soprattutto per quel che riguarda la zona D”. Che è quella più a valle e maggiormente antropizzata e ben prima del 1987.

“Questa ipotesi sarà portata all’attenzione del tavolo tecnico – sottolinea Caputo secondo il quale il Parco dell’Etna avrebbe un difetto di origine -. Ci sono zone totalmente antropizzate e urbanizzate, con case e strade. Veri e propri villaggi precedenti l’istituzione del Parco ma che ricadono all’interno dell’area, molti dei quali non hanno mai avuto quelle caratteristiche di un’area protetta. Non hanno standard ambientali. Infatti negli uffici del Parco giacciono 1.500 pratiche di sanatoria. L’idea è quella di estrapolarli dai confini della zona protetta”. Caputo ha inviato una lettera ai venti sindaci affinché indichino un professionista da inserire nel tavolo tecnico. “Personalmente, chiederò che facciano parte del tavolo anche le associazioni ambientaliste – dice -: è importante mettere tutte le parti intorno al tavolo e che, invece del muro contro muro, prevalga il dialogo”.

Le associazioni ambientaliste si sono già fatte sentire

Già, perché le associazioni ambientaliste si sono già fatte sentire: in particolare Legambiente Sicilia [2] si oppone alla riperimetrazione. “Questa decisione è diametralmente opposta a quella di Legambiente Sicilia che ha proposto l’istituzione del Parco nazionale – si legge in una nota -. Non è certamente restringendo l’area protetta che si riusciranno a raggiungere obiettivi che mirino a un reale sviluppo del territorio: agricoltura di qualità che esalti le produzioni tipiche dell’Etna, turismo esperenziale e non di massa, enogastronomia che punti sulle eccellenze di una cultura millenaria. Piuttosto traspare la volontà di favorire gli interessi di una parte, senza voler ricercare soluzioni condivise e soprattutto ecocompatibili”.

“Ancora una volta – dichiarano Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia, e Giuseppe Maltese, presidente del circolo Legambiente Etneo – nessuna proposta concreta, ma soltanto una toppa peggiore del buco. Un parco non è un museo, ma opportunità di sviluppo sostenibile per le attuali e le successive generazioni. Si potrebbe invece allargare alla costa inglobando tutto il territorio delle pendici, dalla riserva della Timpa fino al parco dell’Alcantara, con una nuova regolamentazione per lo sviluppo omogeneo e controllato dei centri urbani all’interno dei confini dell’area protetta. Il parco inteso non solo come una riserva ma come una continuazione naturale di un territorio urbanizzato seguendo criteri ecologici. Questa è la sfida che lanciamo all’attuale governance del Parco e a cui noi diamo la nostra massima disponibilità a discutere”.

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