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Catania, scuola, parla il docente sospeso contrario al green pass

Catania, scuola, parla il docente sospeso contrario al green pass

Catania, scuola, parla il docente sospeso contrario al green pass

La protesta contro l’obbligo del green pass sul posto di lavoro coinvolge anche il mondo della scuola, dove non mancano iniziative portate avanti da docenti e personale ATA.

Una delle più significative è quella che ha visto protagonisti quattro dirigenti dell’esecutivo nazionale del comparto scuola dei Cobas, i quali – non presentando la certificazione per il quinto giorno lavorativo consecutivo – si sono fatti sospendere come previsto dal contestato decreto legge 127 del 21 settembre 2021.

Tra loro il catanese Nino De Cristofaro, docente di Storia e Filosofia al Liceo Boggio Lera, che ai microfoni del Qds.it ha spiegato ragioni ed obiettivi di questa protesta.

Le ragioni della protesta: “Il green pass a scuola sposta l’attenzione dai veri problemi”

“Noi pensiamo che utilizzare il green pass a scuola, in un contesto dove oltre il 90% dei docenti è vaccinato, sposti l’attenzione dai veri problemi della scuola, che non sono stati assolutamente affrontati. Questo è il terzo anno scolastico in periodo di pandemia, cosa si sarebbe dovuto fare?: diminuire il numero degli alunni nelle varie classi, visto che il distanziamento è fondamentale per evitare il contagio, fornire le scuole di gel igienizzante e mascherine ma anche, come è stato fatto nella mia scuola, installare i sanificatori dell’aria, assumere il personale che manca nelle scuole e che – dividendo le classi – mancherebbe in misura maggiore, trovare nuovi luoghi per l’edilizia scolastica. A Catania, ad esempio, ci sono ex ospedali inutilizzati, c’è l’ex caserma Sommaruga chiusa da tempo. Tutti spazi che, una volta ripuliti, potrebbero servire benissimo per ricavarne aule dignitose. Poi, conclude De Cristofaro, si sarebbe potuto intervenire sui trasporti, utilizzando ad esempio i pullman di forze armate e forze di polizia, evitando così gli assembramenti sui mezzi pubblici. Di tutte queste cose non ne è stata fatta neanche una, anzi questo governo ha fatto un passo indietro rispetto al precedente eliminando il distanziamento all’interno delle classi.

Alla luce di tutto ciò, come abbiamo sottolineato, il green pass somiglia ad una vessazione ed abbiamo proposto i test salivari gratuiti per tutto il personale scolastico, vaccinato o non vaccinato, al posto dei tamponi. Tante regioni italiane hanno detto che si sarebbero impegnate in questo senso, ma al momento nessuna di esse lo ha fatto. Il tampone può andare bene una tantum, in occasione di un viaggio o per andare ad un concerto, ma quando il test va fatto ogni 48 ore, è evidente che si deve trovare uno strumento meno invasivo. Le soluzioni ci sono, ma nessuna di queste soluzioni è stata adottata. Non possiamo nemmeno accettare che chi non si è vaccinato debba pagarsi il tampone, visto che non c’è una legge che obbliga al vaccino. È, quindi, legittimo non vaccinarsi, ma non lo è creare situazioni di pericolo. Dal momento che il costo dei vaccini, comprendente anche le spese per gli hub e per il personale, viene spalmato su tutta la comunità, è giusto che lo stesso avvenga per tamponi e test salivari. Tra l’altro entrambi gli strumenti hanno un prezzo base bassissimo, non siamo certo di fronte a cifre straordinarie”.

Il ricorso al giudice del lavoro

“Ci etichettano come No Vax? Rispondo ricordando il nostro slogan: ‘Sì al vaccino volontario, no al green pass a scuola’. Non abbiamo il problema dei microchip nei vaccini o di altre teorie complottistiche. Ci dispiace che in questa situazione di polemica spesso inutile, tutte le posizioni siano messe in un grande calderone, dove non si capiscono le differenze. Stiamo facendo una battaglia che riguarda diversi diritti costituzionali… C’è il diritto al lavoro, c’è il diritto alla salute e dobbiamo garantire entrambi. Secondo noi, prosegue De Cristofaro, né il governo Conte né il governo Draghi li stiano garantendo. Proprio per questo ci rivolgiamo ad un giudice, il quale potrà anche dirci no, potrà dirci che stiamo sbagliando. Il giudice del lavoro è colui che può e che deve entrare nel merito di queste questioni”.

“Una battaglia a difesa della scuola”

“Ho scritto in una lettera, indirizzata ai colleghi, agli studenti ed alle loro famiglie, che ovviamente dispiace interrompere il lavoro didattico con i ragazzi e che abbiamo cercato di farlo riducendo al massimo il danno per loro. I dirigenti scolastici sapevano che ci saremmo fatti sospendere, e per esempio nella mia scuola ci sono già dei supplenti. Personalmente, non avendo mai avuto grossi problemi di salute, negli ultimi dieci anni ho totalizzato un numero di assenze davvero basso. Vado sempre a scuola, perché ci credo. E proprio perché crediamo nella scuola ci siamo battuti contro la didattica a distanza, abbiamo scioperato per andare a scuola in presenza. Ritenevamo assurdo che molte attività fossero aperte e le scuole chiuse. Non è un caso che, in quella fase, i ragazzi abbiano subito gravi passi indietro, sia dal punto di vista didattico che relazionale. La nostra è una battaglia a difesa della scuola, affinché rimanga un luogo critico”.

Vittorio Sangiorgi

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