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Inflazione, Catania più cara anche di Milano

Inflazione, Catania più cara anche di Milano

Inflazione, Catania più cara anche di Milano

CATANIA - In Italia è esplosa la guerra dei maccheroni, che oggi costano in media, rispetto al passato, il 25% in più dallo scoppio del conflitto ucraino-russo. Solo che, come lamentano i produttori di grano, in quest’ultimo periodo il prezzo del frumento è crollato, tanto da mettere in crisi l’intero comparto, mentre il costo della pasta sugli scaffali è continuato a salire. Siamo sempre alle solite. Ogni volta che nel mondo esplode qualcosa, una crisi energetica, una crisi militare o una economica, ecco che nel nostro Paese si mettono in moto fenomeni speculativi che nessuno controlla e disciplina. Così, nonostante i prezzi energetici e delle materie prime siano negli ultimi mesi diminuiti tantissimo rispetto all’estate scorsa, i prezzi del carrello continuano a salire e nessuno finora è riuscito a fermarli o forse non ha alcuna intenzione di fermarli.

Recentemente il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini ha detto che il governo dovrebbe intervenire fattivamente, facendo pagare il costo degli aumenti alle imprese, grandi e piccole, che in questi ultimi mesi ne stanno approfittando. Qualche giorno fa anche la presidente della banca Europea Christine Lagarde a detto che l’inflazione in aumento è colpa di fenomeni speculativi di grandi colossi produttivi che spingono al rialzo tutti i prezzi, a catena. Tutti i produttori si difendono spiegando, secondo il loro punto di vista, che gli aumenti sono legati ai costi che queste imprese hanno dovuto subire in passato per acquistare le materie prime e le fonti energetiche, aumenti che ancora incidono sulle produzioni. In riferimento alla pasta e ad altri prodotti alimentari i produttori sostengono che ancora questi “lavorati” che finiscono sugli scaffali si stanno realizzando con gli stock di materie prime acquistate quando i prezzi erano ancora molto alti. Se asseriscono questo allora presto i costi dovrebbero cominciare a diminuire, ma nessuno sa dire quando e nessuno sa dire se in effetti, come è avvenuto in passato, questi prezzi non si raffredderanno mai più ma saranno assorbiti.

Mentre tutto procede come se nulla fosse, col governo impegnato a litigare sul 25 aprile, sui migranti e su qualsiasi altro argomento futile e non, la vita di milioni di italiani continua a diventare sempre più difficile. Soprattutto al Sud dove gli stipendi sono più bassi e dove si fa ricorso massicciamente al lavoro nero. E al Sud, soprattutto in Sicilia, siamo al paradosso. Catania, ad esempio, figura tra le città dove il costo della spesa e l’inflazione sono tra i più alti d’Italia. Secondo l’Istat nel mese di marzo si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività abbia registrato una diminuzione dello 0,4 per cento su base mensile e un aumento del 7,6 su base annua dal 9,1 del mese precedente. L’inflazione però resta stabile al 6,4 per cento mentre i prodotti dei beni alimentari registrano una seppure lieve decelerazione in termini tendenziali dal 12,7% al 12,6%. Magra consolazione…

Catania tra le città più care della Penisola

Se si entra, però, nello specifico si evince che gli indici dei prezzi al consumo vedono la Sicilia primeggiare tra le top five italiane, con un consolidato quarto posto e un aumento de prezzi dell’8,3% contro, tanto per fare un raffronto, il 7,5% della ricca Lombardia. Se si entra più nello specifico l’Istat fa un raffronto anche tra le città capoluogo di provincia e qui Catania figura sempre tra le prime cinque d’Italia, esattamente al quarto posto con un indice dei prezzi al consumo aumentato addirittura dell’8,5%. La batte Palermo, al secondo posto, con l’8,7%. Quello che fa pensare sono le posizioni in negativo delle tre grandi città metropolitane dell’isola, che si trovano tutte entro le prime dieci e dove il costo della vita è maggiormente aumentato. Anche Messina, infatti, si trova nella top ten al nono posto con l’8% di aumento. Tutte le grandi città ricche della penisola figurano dietro quelle siciliane e il dato deve fare riflettere sui fenomeni speculativi che colpiscono ampie aree di territorio dove il costo della vita non è più sostenibile per interi nuclei familiari.

Basta fare un giro per i negozi e i supermercati per rendersi conti di quanto sia ormai costoso il carrello della spesa. Oltre alla pasta tutti i prodotti hanno subito aumenti. Ci sono poi delle primizie come i pomodori che, nella terra del sole, al momento sono davvero inavvicinabili. Lo stesso dicasi per alcuni tagli della carne, addirittura cresciuta molto più del prezzo del pesce che fino a qualche anno fa era tra i prodotti più costosi e di nicchia.

Ma la corsa dei prezzi non si ferma al carrello alimentare. Secondo l’Istat a farla da padrona sugli aumenti sono i prodotti di abbigliamento e calzature con un 20% di crescita rispetto al passato. Anche le bevande alcoliche segnano un più 0,5%. la ristorazione è salita invece dello 0,6% come i prezzi dei prodotti ricettivi. Unico dato positivo viene segnato dalla diminuzione del 6,7% dei costi per la casa, l’acqua, l’elettricità e i combustibili.

La Uil chiede intervento del Prefetto

I sindacati corrono ai ripari e chiedono a viva voce in intervento dello Stato per porre fine a questi fenomeni che impoveriscono il tessuto sociale di ampie aree già di per sé depresse. “Anche quando Catania è in vetta alle classifiche, c’è poco da stare allegri. Perché si tratta di primati negativi, come quello sui prezzi al consumo certificato dall’Istat che vede la nostra città tra le peggiori cinque d’Italia. E i nostri cittadini tra i più impoveriti!”. Lo affermano la segretaria generale della Uil di Catania, Enza Meli, e la presidente territoriale dell’associazione consumatori Adoc, Lucia Piccino, commentando “con amarezza e preoccupazione” il più recente rapporto Istat sui prezzi al consumo secondo cui il capoluogo etneo sta soffrendo un’impennata dei prezzi ben superiore alla media nazionale (8.5 contro 7.6 per cento).

“Facciamo appello al prefetto – aggiungono Meli e Piccino – perché convochi associazioni datoriali e dei consumatori, assieme alle organizzazioni sindacali, perché siano analizzate le cause di questa corsa dei prezzi e soprattutto vengano individuate le soluzioni possibili, almeno a livello locale. È necessario fare squadra per smascherare eventuali tentativi di speculazione e, comunque, lanciare iniziative che allevino i costi sostenuti dalle famiglie catanesi. Non serve a nessuno che disagio si sommi a disagio”.

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