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Speranza di vita giù, povertà su: così il Covid ha cambiato l’Italia

Speranza di vita giù, povertà su: così il Covid ha cambiato l’Italia

Speranza di vita giù, povertà su: così il Covid ha cambiato l’Italia

ROMA - L’evoluzione positiva della speranza di vita alla nascita tra il 2010 e il 2019, pur con evidenti disuguaglianze geografiche e di genere, è stata duramente frenata dal Covid-19 che ha annullato, completamente nel Nord e parzialmente nelle altre aree del Paese, i guadagni in anni di vita attesi maturati nel decennio. È quanto emerge dall’ottava edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) diffuso dall’Istat. Nel Nord la speranza di vita passa da 82,1 anni nel 2010 a 83,6 nel 2019, per scendere nuovamente a 82 anni nel 2020. Nel Centro passa da 81,9 nel 2010 a 83,1 anni nel 2020 e nel Mezzogiorno da 81,1 a 82,2 anni, con perdite meno consistenti nell’ultimo anno (rispettivamente -0,5 e -0,3 anni). È un arretramento non ancora concluso, e che richiederà tempo per essere pienamente recuperato. Nel 2020 il 48,8% della popolazione di 75 anni e più è multicronica (soffre di tre o più patologie croniche) o ha gravi limitazioni nel compiere le attività che le persone abitualmente svolgono. Tale quota è più elevata tra chi vive nel Mezzogiorno (56,9% rispetto a 44,6% nel Nord e a 47% nel Centro), tra le donne (55% contro 39,7% degli uomini) e raggiunge il 60,7% tra le persone di 85 anni e più (rispetto a 39,3% delle persone di 75-79 anni). Il rapporto dell’Istat mette in luce anche il duro colpo che il Covid ha dato al sistema economico italiano. Tradizionalmente le famiglie italiane si caratterizzano per un’elevata propensione al risparmio, una diffusa proprietà dell’abitazione e un limitato ricorso all’indebitamento. Tuttavia, la crisi economica che ha contraddistinto una lunga fase dello scorso decennio ha mostrato i limiti di questo modello, accentuando le disuguaglianze e le profonde differenze territoriali. Negli anni 2018 e 2019, la crescita del tasso di occupazione, la riduzione della povertà assoluta e della grave deprivazione, l’aumento del reddito e del potere d’acquisto delle famiglie, anche grazie al potenziamento degli interventi di sostegno al reddito, hanno confermato un miglioramento delle condizioni economiche del Paese. In tale contesto, lo scoppio della pandemia ha colpito il sistema economico italiano in forme e intensità allarmanti e imprevedibili. Il crollo dei livelli di attività economica ha avuto effetti negativi sul reddito, sul potere d’acquisto e soprattutto sulla spesa per consumo. L’aumento della povertà si è concentrato su alcuni segmenti di popolazione e su alcuni territori. La stima preliminare per il 2020 identifica oltre 5,6 milioni di individui in condizione di povertà assoluta in Italia, con un’incidenza media pari al 9,4%, dal 7,7% del 2019: si tratta dei valori più elevati dal 2005. La povertà cresce soprattutto al Nord, area particolarmente colpita dalla pandemia, dove la percentuale di poveri assoluti passa dal 6,8% al 9,4% degli individui; più contenuta, invece, la crescita al Centro (dal 5,6% al 6,7% degli individui) e nel Mezzogiorno (dal 10,1% all’11,1%). Colpisce, inoltre, prevalentemente le famiglie con bambini e ragazzi: l’incidenza di povertà tra gli individui minori di 18 anni sale di oltre due punti percentuali (da 11,4% a 13,6%, il valore più alto dal 2005) per un totale di 1 milione e 346mila bambini e ragazzi poveri, 209mila in più rispetto all’anno precedente. Nel 2020, il 28,8% delle famiglie ha dichiarato un peggioramento della situazione economica familiare rispetto all’anno precedente, dal 25,8% del 2019. Tale deterioramento ha interessato il 30,5% delle famiglie nel Centro, il 28,8% nel Nord e il 27,7% nel Mezzogiorno. Nell’anno precedente la pandemia (2019) gli indicatori legati alle capacità reddituali e alle risorse economiche, che consentono alle famiglie di raggiungere un determinato standard di vita, avevano registrato sostanziali segnali di miglioramento. Risultavano infatti in calo il rischio di povertà (20,1% degli individui da 20,3% nel 2018); la percentuale di coloro che vivono in famiglie dove gli individui hanno lavorato per meno del 20% del proprio potenziale (10% da 11,3% nel 2018); la quota di persone che dichiarano di arrivare a fine mese con grande difficoltà (8,2% da 9,7% dell’anno precedente); le persone in condizione di grave deprivazione materiale (7,4%, in forte discesa da 8,5% del 2018) e di grave deprivazione abitativa (stabile al 5%). In controtendenza i costi per il mantenimento di una abitazione che avevano inciso in modo rilevante sul reddito delle famiglie per l’8,7% degli individui (in crescita rispetto all’8,2% del 2018).

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