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Le aziende reclutano i giovani talenti su Instagram e Tik Tok

Le aziende reclutano i giovani talenti su Instagram e Tik Tok

Le aziende reclutano i giovani talenti su Instagram e Tik Tok

MILANO – La classica pagina “Lavora con noi” nel sito web istituzionale? Le offerte di stage pubblicate sul portale dell’università? Per i giovani talenti che si stanno affacciando sul mercato del lavoro, questi canali sono ormai acqua passata. Molto meglio scovare l’azienda dei propri sogni scandagliando i social network; anche quelli nati con finalità prettamente ludiche, TikTok e Instagram in primis.

È una delle numerose indicazioni che emergono dall’indagine “Il ruolo dei social media nella ricerca di lavoro per le generazioni Y e Z” pubblicata da EVA – Employee Value Attraction, la prima HR Marketing agency dedicata all’employer branding.

All’indomani del primo lockdown, dall’11 al 30 giugno 2020, EVA ha intervistato con modalità CAWI 500 giovani di età compresa fra i 18 e i 35 anni, per il 65% Millennial (Generazione Y, nati tra il 1981 e il 1996) e per il 35% Zoomer (Generazione Z, nati dal 1997 in poi). Tutti sono in possesso di un diploma e il 67% di una laurea. Uno su due ha già un’occupazione, uno su quattro la sta cercando mentre prosegue gli studi e, infine, uno su quattro preferisce concentrarsi solo sui libri.

“Stiamo parlando di talenti che, anche se giovani e spesso non ancora inseriti nel mondo del lavoro, si rivelano molto attenti alla propria formazione e alla propria crescita professionale dimostrando di essere ciò di cui le aziende hanno bisogno”, precisa Simone Colombo, co-founder del progetto EVA – Employee Value Attraction e co-autore della survey e di HIC SRL.

Se non stupisce il fatto che la totalità degli intervistati sia attiva sui social network, emergono le prime sorprese quando sono chiamati a indicare il loro prediletto: Facebook è molto diffuso ma non conquista, mentre Instagram spopola con il 60% delle preferenze e TikTok si fa largo soprattutto tra gli Zoomer (uno su quattro ha aperto un account). Soprattutto, i social media non possono più essere bollati solo come un passatempo frivolo. Tra un selfie e un balletto, due giovani su dieci – soprattutto quelli della Generazione Z – si informano su tematiche di spessore come l’attualità economica e politica e il 67% va a caccia di opportunità lavorative, quota che sale oltre il 70% per la Generazione Z (questi ultimi dati sono riferiti solo a chi ha cercato un impiego negli ultimi due anni).

Oltre al canonico Linkedin, in fase esplorativa i ragazzi si affidano anche a Facebook, Instagram e qualsiasi altra piattaforma consenta loro di farsi un’idea dell’impresa per cui candidarsi. Percentuali molto più alte rispetto a quelle di chi consulta le career page aziendali (34%), i siti specialistici (28%) e gli uffici di stage e placement universitari (31%). Perdono terreno eventi e conferenze dedicate, agenzie interinali e cacciatori di teste.

Queste evidenze dimostrano che si è già verificato un cambio di prospettiva. “I giovani talenti sono più propensi a scegliere che a farsi scegliere”, sostiene Simone Colombo. “Prima di tutto passano in rassegna i social media del potenziale datore di lavoro per capire se rispecchia le loro aspettative. Solo se la risposta è affermativa decidono di candidarsi”. E la discriminante non è sempre e solo lo stipendio, né l’inquadramento contrattuale.

Dai dati raccolti infatti emerge che il 64% del campione ricerca sui social informazioni sulla vita in ufficio (clima, opportunità di carriera, work-life balance, formazione…) e sulla reputazione dell’impresa (in termini di sostenibilità, sicurezza, innovazione…). Le imprese italiane, però, stentano ancora a comunicare questi aspetti qualitativi in modo efficace: lo dimostra il fatto che solo il 9% degli intervistati sia stato invogliato a cercare lavoro dai contenuti accattivanti pubblicati sui canali aziendali e solo il 7% da una rappresentazione positiva dell’ambiente lavorativo.

“Le imprese devono cercare di colmare questo gap con la massima urgenza, prima che le migliori risorse appena laureate o specializzate si rivolgano ai competitor, magari addirittura all’estero”, avverte Simone Colombo.

Per trasformare i social media in uno strumento di talent attraction, è indispensabile mettere da parte l’autopromozione fine a sé stessa e puntare con decisione sull’employer branding. Ciò significa “coinvolgere i dipendenti, renderli dei veri e propri ambassador dell’azienda, raccontare i valori, le tradizioni, le innovazioni, i risultati raggiunti, le difficoltà e le soluzioni trovate. Non si tratta più di fare storytelling ma di andare oltre, costruire il proprio Truth-telling puntando al coinvolgimento totale del target”.

Per agevolare questa transizione, Simone Colombo propone una strategia in 6 step per migliorare il proprio employer branding sui social media:

1. Definisci la tua employer branding proposition, vale a dire “ciò che fa l’azienda per soddisfare i bisogni, le aspettative e i sogni dei collaboratori”, spiega Colombo.

2. Identifica la tua Talent Personas, cioè una rappresentazione semi-reale del tuo dipendente ideale, basata su ricerche, analisi dei dati e ipotesi ragionate.

3. Scegli i canali di comunicazione su cui investire per raggiungere le persone giuste al momento più opportuno.

4. Crea contenuti di valore che siano davvero rilevanti per i giovani talenti. “Consiglio di coinvolgere i dipendenti e lasciare che siano loro a raccontare cosa significa lavorare per quell’impresa, quali sono i suoi valori e la sua mission”, suggerisce Colombo.

5. Metti a punto un piano editoriale che garantisca continuità e metodo alle pubblicazioni, evitando i piatti copia-incolla tra un social network e l’altro.

6. Allinea il tuo tone of voice per trasmettere un senso di coerenza e fiducia in tutti i contenuti del sito, dei social network, della career page e delle job board.

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