fbpx

Chiesto l'aiuto a Roma per coprire i buchi di bilancio della Regione siciliana

Chiesto l'aiuto a Roma per coprire i buchi di bilancio della Regione siciliana

Chiesto l’aiuto a Roma per coprire i buchi di bilancio della Regione siciliana

PALERMO - Il Governo regionale si è trovato ancora una volta costretto a chiedere aiuto a Roma per coprire i buchi di bilancio. La tegola della sospensione della parifica del Bilancio 2020 da parte della Corte dei Conti ha infatti obbligato l’esecutivo del neo presidente Renato Schifani a recuperare circa un miliardo di euro. Servirà quindi una norma salva Sicilia da inserire nel Dl aiuti o nella legge di bilancio nazionale.

I motivi del giudizio sospeso

Andando a sfogliare il dispositivo della Corte dei Conti, siamo andati ad analizzare i punti che hanno spinto i giudici a contestare il Bilancio, cercando di comprendere le motivazioni principali.

In relazione al conto del Bilancio sono risultate non regolari le entrate di competenza derivanti da sanzioni pecuniarie relative ad abusi edilizi (capitolo 1987, di euro 3.645,23; capitolo 7029, di euro 25.086,04 e capitolo 1784, di euro 142,28), ma soprattutto quelle che riguardano alcuni capitoli di residui attivi, cioè quelle somme che rappresentano entrate accertate ma non ancora riscosse. Per esempio, sono stati effettuati accertamenti sul capitolo 4714 (Assegnazioni dello Stato per l’acquisto di veicoli adibiti ai servizi offerti per favorire il riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani in favore del trasporto pubblico locale) per un importo di euro 3.616.071,03. Le somme in questione riguardano trasferimenti statali, a valere sul fondo costituito ai sensi dell’art. 1, comma 866, della legge n. 208/2015, derivanti dai decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 345/2016 e n. 25/2017, finalizzati al rinnovo dei parchi automobilistici destinati al trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale. La Corte ha stilato un dettagliato elenco in cui figurano tra le altre anche Amat Pa, Sais e Amt Catania. Inoltre, alcune aziende, presumibilmente a causa della crisi del sistema economico dei trasporti connessa alla riduzione del volume di traffico e dei ricavi conseguente alla diffusione del virus Covid 19, non hanno più attuato gli interventi finanziati, con conseguente revoca dei provvedimenti di concessione dei relativi contributi e cancellazione degli impegni contabili.

Tra le voci consistenti c’è poi il capitolo 7562 (Assegnazioni dello Stato per la “Promozione dell’occupazione e dell’inclusione sociale”. Piano di azione e coesione (Programma operativo complementare - Poc) 2014-2020 di euro 25.163.101,45 giudicato irregolare per mancato allineamento contabile tra impegni e accertamenti. Sono stati giudicati irregolari anche residui passivi (pagamenti impegnati ma non ancora pagati) per un importo totale di 1,969,030,53 euro. Tra queste vi sono le somme relative ai contributi straordinari destinati al programma infrastrutture stradali di viabilità ai sensi dell’art. 10, comma 1, della Lr numero 9 del 07/05/201517. I giudici hanno dichiarato l’irregolarità del residuo poiché a distanza di sette anni dal Ddg 385 del 31/12/2015, i beneficiari del contributo (Liberi Consorzi) non hanno presentato un cronoprogramma di interventi o in altri casi alcun programma di intervento. Sono stati considerati irregolari anche 94 milioni 701.366,41 pagati alle ditte di trasporto pubblico locale a cui la Regione ha prorogato di 36 mesi il contratto, in virtù dell’articolo 13 della legge regionale 19 luglio 2019, numero 13 (Collegato al Ddl n. 476 “Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale”) la cui illegittimità costituzionale è stata dichiarata con sentenza della Corte costituzionale numero 16 del 2021. I giudici hanno rilevato ritardi nel riconoscimento dei debiti fuori bilancio, per un importo di 7 milioni 813.569,88 euro, con il conseguente aumento dei contenziosi e delle spese legali sostenute dalla Regione.

Nel Rendiconto 2020 sono stati iscritti nel fondo “altri accantonamenti” (in totale 856,24 milioni) 102,87 milioni: di questi 101,38 milioni riguardano debiti fuori bilancio non riconosciuti nel 2018 e nel 2019, 729.446 euro emersi nel 2020 e non riconosciuti e altri 757.980 euro relativi al terzo quadrimestre 2020 e non riconosciuti nel 2021. La Corte ha evidenziato che il ritardo con cui sono stati riconosciuti nel 2020 debiti fuori bilancio per 17,52 milioni ha costretto la Regione a pagare 2,19 milioni di interessi e rivalutazioni e ben oltre mezzo milione per spese legali. Irregolari anche 74.023.731,14 euro per trasferimenti di competenza del settore sanitario perché la relativa legge numero 3, 17 marzo 2016, articolo 6 è stata dichiarata illegittima, così come sono risultati irregolari 27 mila euro circa per trasferimenti per un dipendente cancellato dal ruolo con il Ddg numero 668/2020, poi annullato con Ddg numero 2065 del 15 giugno 2021, e non riconfermato.

Giudicati irregolari, inoltre, lo stato patrimoniale e il conto economico e il prospetto del risultato di amministrazione in cui non sono registrati accantonamenti per il Fondo crediti dubbia esigibilità di 3.123.171,83 euro, per il Fondo perdite partecipate di 7.392.813,65, il Fondo contenzioso di 4.141.678,65.

La questione di legittimità

Per le ragioni appena elencate la Corte dei Conti ha sospeso la parifica e ha sollevato la questione di legittimità costituzionale per alcune leggi che riguardano documenti finanziari come le variazioni di bilancio o la spalmatura del debito in dieci anni anziché tre. In particolare, le perplessità riguardano: articolo 7 (Ripiano del disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario) decreto legislativo 27 dicembre 2019, numero 158, nel testo vigente ratione temporis; articolo 4, comma 2 (Disavanzo finanziario al 31 dicembre 2018) della Legge regionale 28 dicembre 2019, numero 30; articolo 110, commi 3, 6 e 9, (Abrogazioni e modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2020, numero 33, numero 36/2020 e numero 1/2021 su disposizioni finanziarie; Lr 15 aprile 2021, numero 9, per gli aspetti concernenti l’esatta quantificazione degli stanziamenti definitivi da iscriversi nel Conto del bilancio dell’esercizio 2020 in relazione al disavanzo finanziario; articolo 90, comma 10 (Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) della Legge regionale 3 maggio 2001, numero 6, per le spese sostenute nel 2020 per il finanziamento annuale di Arpa Sicilia a valere sulle risorse del Fondo sanitario regionale.

Le conseguenze e i più probabili scenari per il prossimo futuro

PALERMO - Cosa potrà succedere nei prossimi mesi alla Sicilia? È la domanda che in molti si sono posti alla luce della decisione presa dalla Corte dei Conti sul Rendiconto 2020, anche in considerazione del fatto che i magistrati contabili attendono di passare anche all’analisi del Rendiconto 2021, ancora arenato tra gli uffici della Regione. Sui conti relativi al 2023, insomma, si ammassano numerosi dubbi, ma è possibile immaginare già alcuni scenari.

Prima ipotesi

Roma sceglie di “aiutare la Sicilia” e in questo caso la Regione otterrebbe la parifica, ma tornerebbe a essere quella realtà che si presenta a Roma con il cappello in mano “senza null’altro a pretendere”. Giova ricordare, in ogni caso, che non si hanno più notizie dei costi per l’insularità riconosciuti nella passata legislatura. Al di la di tutto, questa sembra l’ipotesi più plausibile, anche alla luce delle rassicurazioni fornite dall’assessore all’Economia, Marco Falcone: “Tratteremo subito col Governo Meloni – ha detto - basta una norma interpretativa che dia ragione alla Regione siciliana e che faccia decadere il motivo del contendere”.

Seconda ipotesi

Il Governo nazionale decide di non coprire il “buco” e allora il presidente Schifani potrebbe accelerare le trattative con Roma sui 500-600 milioni chiesti come compensazione alla maggiore spesa sanitaria e di utilizzarli per l’accantonamento a garanzia delle due tranche del disavanzo, incrementate con ulteriori 200-300 milioni recuperati dal “tesoretto” prodotto dalle maggiori entrate erariali di quest’anno e già in cassa. Con il risultato però di non avere un soldo per gli investimenti.

Terza ipotesi

Lo scenario più nero, ma anche la meno realistico, è che la Corte Costituzionale giudichi illegittime le norme che hanno spinto i magistrati contabili a chiedere la sospensione del giudizio, con conseguenze economico-finanziarie disastrose. Si potrebbe profilare, in questo caso, anche l’attuazione dell’articolo 8 dello Statuto, secondo cui il Commissario dello Stato “può proporre al Governo dello Stato lo scioglimento dell’Assemblea regionale”. L’ordinaria amministrazione della Regione sarebbe allora affidata “a una Commissione straordinaria di tre membri, nominata dal Governo nazionale”. Un’ipotesi, questa, come già detto, assai remota.

In questo quadro, quello che è certo è che ancora una volta la Sicilia dovrà ricorrere all’esercizio provvisorio, una consuetudine ormai che dura da diversi anni, con programmazione e investimenti bloccati, poiché si provvede soltanto al pagamento delle spese obbligatorie (come gli stipendi).

risuser

Lascia una risposta

Chiusi
Chiusi

Inserisci il tuo username o il tuo indirizzo email. Riceverai via email un link per creare una nuova password.

Chiusi

Chiusi