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Chi produce ricchezza e chi invece la sperpera

Chi produce ricchezza e chi invece la sperpera

Chi produce ricchezza e chi invece la sperpera

In tutti i Paesi a economia avanzata, una gran parte delle entrate proviene da chi produce ricchezza, mentre una gran parte delle uscite viene effettuata da chi la spende. Il circuito ricchezza-spesa, se funziona, consente lo sviluppo dell’economia, l’aumento dell’occupazione e il sostegno al welfare, cioè l’assistenza in varie forme destinata ai meno abbienti.
Ma tale rapporto, produzione di ricchezza-spesa, viene falsato da tutte quelle categorie di privilegiati che, approfittando della loro posizione, prendono più di quanto danno. E questi privilegiati risiedono nella Classe politica, in quella burocratica, ma anche in vasti settori privati come quello degli appalti pubblici o dei professionisti che stanno attorno al business degli appalti.
In ogni caso, è pacifico che è il settore privato a produrre ricchezza. In esso vanno considerati anche i gruppi controllati da Stato, Regione e Comuni, che sono in attivo e comunque hanno forma legale di società private.

Le partecipate pubbliche, censite in Italia dall’Istat in un report di fine 2016 erano, con riferimento al 2014, 9.867. Probabilmente, il loro numero si è ridotto, tanto che la Riforma Madia (legge 124/2015) ne indica poco più di 8 mila da portare, con tale provvedimento, soltanto a mille.
Via via, però, l’intendimento della Riforma è stato annacquato e, per il momento, pare che la riduzione sia prevista a quota 5 mila.
Le partecipate pubbliche costituiscono un forte tallone d’Achille nel sistema economico nazionale, per due motivi: il primo perché perdono come colabrodo; il secondo perché creano distorsione della concorrenza nel mercato, in quanto non sono regolate dalle norme secondo le quali dovrebbero fallire quando chiudono in perdita.
Il settore privato, si scriveva, è quello che produce ricchezza sulla quale grava una pressione fiscale ufficiale del 43,5%, mentre quella effettiva è superiore al 60%. Lo Stato incassa oltre 700 miliardi, che spende, ma non riesce a coprire anche gli interessi sul debito sovrano, cosicché, alla fine di ogni esercizio, vi è un disavanzo che non dovrebbe superare il 2% ma che, nel 2017 toccherebbe i 3,4 miliardi.

E' giusto che la ricchezza venga prodotta dal settore privato, ma va aggiunto che anche tutti i dipendenti pubblici pagano le imposte e quindi contribuiscono alle entrate dello Stato. Il focus si sposta, quindi, su come le Pubbliche amministrazioni spendano i soldi.
Il problema è proprio qui, perché un sistema politico-burocratico incentrato sul favore e non sul merito e la responsabilità, non consente di utilizzare bene le risorse finanziarie entrate.
La prima regola sarebbe quella di ridurre al minimo la spesa improduttiva, cioè quella corrente e cattiva, e destinare gran parte delle risorse alla spesa per investimenti, fra cui essenziale è quella per la costruzione e l’ammodernamento delle infrastrutture, nonché il risarcimento e la cura del territorio, anche con una forte prevenzione nei confronti dei terribili terremoti che sconquassano l’Italia.

Perché la spesa corrente sia efficiente, occorrerebbe che i gestori fossero competenti, preparati e onesti, per evitare che la corruzione faccia aumentare indebitamente tale spesa a favore dei privilegiati, danneggiando così la collettività.
A monte di questo, occorrerebbe una Classe politica che dei valori morali facesse la propria bibbia, modellando i propri comportamenti su binari rigorosi, osservanti l’etica pubblica, e cioè l’interesse generale basato su giustizia ed equità.
Non sembri questo ragionamento lontano dalla realtà. Bisogna invece pensare con concretezza che le regole governanti la Comunità diventino equilibrate. E poi occorre che la stessa Comunità sia educata a osservarle. Quando questo non accade devono intervenire controllori capaci e onesti, perché in ogni caso le regole non si possono e non si devono violare.
E' ridicolo, quando si parla di regole, che i benaltristi richiamino altre questioni, seppur importanti, come lavoro e sviluppo. Ma sviluppo e lavoro non si producono efficacemente se a monte l’organizzazione della Comunità non funziona in base a regole etiche.

Carlo Alberto Tregua

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