Apparentemente sembra inspiegabile come i cittadini normali non sentano il bisogno di conoscere, non abbiano curiosità, non cerchino di capire come funzionano le cose in questa vita terrena e meno che mai nell’altra vita, quella spirituale. Eppure, bisogna prendere atto della realtà.
Chi possiede conoscenze, chi ha sapienza, capisce di più tutti i meccanismi della vita. Proprio per questo ha elevate responsabilità nei confronti degli ignoranti che, così, non sentono la necessità di uscire dal loro ghetto, non comprendendo che chi non sa è necessariamente subordinato a chi sa.
L’enorme ampliamento delle informazioni, delle piattaforme, dei blog, dei siti, avrebbe dovuto portare ad un aumento della cultura. Invece si è verificato l’esatto contrario, per cui la cultura stessa latita, mentre l’ignoranza dilaga. Questo fa aumentare le differenze fra cittadini e quindi i comportamenti di soperchieria che chi conosce spesso utilizza nei confronti di chi non sa.
La differenza fra le classi sociali aumenta non solo per le sproporzioni della ricchezza distribuita, ma anche per le sproporzioni delle conoscenze.
Una volta erano scuola e università i classici ascensori sociali, perché con essi anche il figlio di agricoltori, di piccoli artigiani o di altri bravi cittadini di fasce più basse potevano risalire e andare verso quelle più alte.
Purtroppo scuola e università, dal 1968 ad oggi, hanno continuato a perdere le capacità di formazione dei cittadini e, oggi, ci troviamo con una classe di giovani maturati e laureati ignoranti, che fanno fatica a trovare lavoro perché non hanno conoscenze e, peggio ancora, vengono falcidiati in tutti i concorsi pubblici. Per esempio l’ultimo concorso a cattedra per professori ha visto il 60% di candidati bocciati alle prove scritte.
Affermarsi all’estero è difficile perché ci vogliono grandi dosi di volontà, spirito di sacrificio, voglia di spandere sudore, abnegazione. Non è vero che i migliori restano, i migliori se ne vanno con uno sperpero di denaro pubblico enorme perché la Comunità ha sostenuto spese per scuole e università che non trovano riscontro in un ritorno delle professionalità, formate e poi emigrate.
Vi è quindi una grande responsabilità di scuola e università, venute meno ai loro scopi e diventate macchine burocratiche che promuovono o bocciano senza finalizzare le loro attività a una formazione propedeutica al mondo del lavoro, delle scienze, della ricerca e dell’innovazione.
Per fare questo, occorrerebbe una classe dirigente degna di questo nome, una classe dirigente politica, istituzionale, burocratica, professionale, sindacale e così via. Ma in tutte questa fasce, principali ed intermedie, non si ravvedono le capacità di guida e di esempio cui dovrebbero ispirarsi tutti coloro che seguono.
C’è la possibilità di invertire la rotta sempre, sol che si voglia. La classe dirigente nel suo complesso deve avere questa sensibilità e smetterla di girare la testa dall’altra parte per non vedere, diventando così connivente del disastro sociale ed economico che sta attraversando l’Italia. Più responsabilità ha la Classe dirigente meridionale perché il territorio è ancora più arretrato. Occorre darsi rapidamente una sveglia!
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