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Rifiuti, al Nord energia e bollette contenute, in Sicilia discariche e duecento euro in più di Tari

Rifiuti, al Nord energia e bollette contenute, in Sicilia discariche e duecento euro in più di Tari

Rifiuti, al Nord energia e bollette contenute, in Sicilia discariche e duecento euro in più di Tari

A Catania i cittadini pagano la tassa sui rifiuti più alta d’Italia e vengono “molestati” dai cattivi odori delle vicine discariche (oltre 1.800 segnalazioni all’Arpa, soltanto lo scorso settembre). A Palermo non si sa più dove mettere la spazzatura, tanto che sarebbe pronto un aumento della Tari intorno al 33% per inviarla nelle altre regioni o all’estero. Ancora una volta la madre delle emergenze siciliane torna a riesplodere con tutta la sua forza e la Regione, che pure ha il merito di aver fatto crescere la raccolta differenziata, arrivata in media al 40%, ritarda nell’approvazione della riforma di settore che peraltro, delegando la gestione a Società di gestione provinciali, rischia di risultare come in passato l’ennesimo buco nell’acqua.

Al di qua dello Stretto - questo giornale lo ripete inascoltato da almeno un paio di lustri - servono gli impianti. Secondo la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti tra un anno e mezzo la discarica “Valanghe di inverno”, tra Motta Sant’Anastasia e Misterbianco, non potrà più accogliere nemmeno un pacchetto di caramelle. Dall’altra parte dell’Isola, a Bellolampo, hanno già finito tutti gli spazi. La sesta vasca è satura e così, nell’attesa che venga autorizzato un abbancamento straordinario di ulteriori 145 mila tonnellate (che darà un po’ di respiro corto per qualche mese), il Capoluogo di Regione è costretto ad elemosinare aiuti qua e là: prima a Catania, ora a Trapani, Enna, Lentini e Gela. Un bel via vai di camion inquinanti, da un capo all’altro della Sicilia, per sotterrare la spazzatura, inquinare le falde acquifere e consumare suolo.

Un sistema che ormai però è al collasso, tanto che Palermo con ogni probabilità dovrà inviare dal prossimo anno i propri rifiuti fuori dai confini isolani, con un costo aggiuntivo di circa 200 euro per ogni palermitano (la Tari nel 2021 dovrebbe schizzare quindi da 300 a 500 euro). E intanto la città, come scriveva Leonardo Sciascia nel 1979 (perché le cose qui sembrano destinate a non cambiare mai), ha “l’immondizia alle ginocchia”: solo nell’ultima settimana, racconta Sara Scarafia su La Repubblica, si stimano almeno 3 mila tonnellate di spazzatura accatastate sul limitare dei marciapiedi.

Un’emergenza “drammatica ma prevedibilissima” - l’hanno definita nei giorni scorsi Giuseppe Norata e Roberto Li Causi, rispettivamente presidente e direttore generale di Rap, l’azienda a capitale pubblico del Comune – e che “presto coinvolgerà tutta la Sicilia per un unico motivo, la mancanza degli impianti e di un'adeguata pianificazione”. Norata e Li Causi puntano il dito contro l’assessore regionale Alberto Pierobon, accusandolo tra l’altro di “non aver posto in essere, dopo 33 mesi, le procedure per la settima vasca”, e in generale contro il Governo Musumeci, ancora senza un Piano rifiuti: “Quello presentato a inizio 2019 è stato giudicato dal Ministero come 'incongruente', 'privo di dati', per non parlare del fatto che 'a livello programmatico importanti decisioni sono rimandate a future valutazioni e non si comprende quale sia il percorso per raggiungere alti livelli di raccolta differenziata'. Una responsabilità che non è certo dei Comuni".

Comuni che, però, si ritrovano sommersi dalla spazzatura. Non solo Palermo, anche diverse città del trapanese e del messinese sono in difficoltà e la situazione, spiega Leoluca Orlando nella veste di presidente regionale dell’Anci, “rischia di aggravarsi con la possibile imminente chiusura di altri impianti di conferimento nelle province orientali”. Una crisi senza precedenti, tuona il primo cittadino del Capoluogo, “che ha radici lontane nelle scelte operate a livello regionale almeno dal 2000, con la totale assenza di una pianificazione di impiantistica pubblica a vantaggio di pochi e ben remunerati privati”. Pierobon, dal canto suo, replica che la “Regione non è in ritardo, ma continua a seguire tutte le procedure con attenzione e rapidità nonostante iter complessi”.

DEFICIT IMPIANTISTICO
Secondo un recente rapporto di Utilitalia, federazione che rappresenta il variegato mondo delle utilities pubbliche, all’Isola mancano almeno sei impianti di digestione anaerobica per soddisfare un fabbisogno di smaltimento stimato in 568 mila tonnellate di spazzatura, un terzo di quanto serve a tutto il Sud peninsulare (1,4 milioni di tonnellate). Ma non basta per chiudere il famigerato “ciclo dei rifiuti”. Alla nostra regione serve anche almeno un termovalorizzatore capace di accogliere 515 mila tonnellate di scarti ogni anno.

Si tratta di una stima più prudente rispetto ai due da 700 mila tonnellate che, invece, aveva previsto il Governo Renzi nel Dpcm 10 agosto 2016, passato alle cronache come “Piano inceneritori” e recentemente annullato dal Tar Lazio ma solo nella parte che non prevede l’espletamento di previa Valutazione ambientale strategica (Vas) statale. Eppure, nonostante gli annunci di Musumeci e le aperture di Pierobon, che più volte al QdS ha spiegato come i termovalorizzatori non siano esclusi dal futuro Piano rifiuti, di fatto in questi tre anni si è sprecato altro tempo prezioso per avviare la realizzazione degli impianti.

TARI PIÙ SALATA
In Sicilia, a fronte di un servizio spesso scadente con strade tappezzate di munnizza, la tassa sui rifiuti costa molto di più che nel resto del Paese. In media in Italia, secondo l’annuale rilevazione pubblicata ieri dall’Osservatorio “Prezzi e tariffe” di Cittadinanzattiva, la bolletta si aggira intorno ai 300 euro, ma nell’Isola ce ne vogliono almeno altri 100 per saldare i conti con i Comuni. Catania addirittura detiene il “record” nazionale, con le famiglie catanesi costrette a sborsare mediamente 504 euro, il triplo esatto di quanto si paga a Belluno (168 euro), più del doppio di Brescia (191 euro) o Bolzano (190 euro), dove per dirne una il locale termovalorizzatore a gestione pubblica porta calore nelle case di 8-10 mila altoatesini.

L'indagine di Cittadinanzattiva prende come riferimento nel 2020 una famiglia tipo composta da tre persone, e una casa di proprietà di 100 metri quadrati. A Palermo attualmente si pagano circa 300 euro, in linea con la media nazionale, ma come detto nel 2021 si prevede un incremento del 33% a causa della necessità di esportare i rifiuti fuori dalla regione.

PERCHÉ PAGHIAMO DI PIÙ
Sicuramente, come si evince anche dai grafici di Cittadinanzattiva, la principale voce che causa un aumento dei costi di gestione dei rifiuti nell’Isola è dato dall’elevato ricorso alla discarica. Gli ultimi dati Ispra ufficiali, relativi al 2019, parlano di uno smaltimento complessivo pari al 69% del totale dei rifiuti prodotti, una mole che non ha paragoni in Italia e in Europa, che tra l’altro prevede di ridurre l’abbancamento al 10% entro il 2035.

Nell’ultimo anno si è avuto un miglioramento della situazione grazie alla crescita della differenziata, che secondo le stime della Regione in media arriva al 40% e in un terzo dei Comuni raggiunge il target comunitario del 65%. Il punto è che la raccolta stenta nelle grandi centri urbani, soprattutto a Palermo, Messina e Catania, con la città dell’Elefante che tocca il fondo isolano (neanche il 10% della spazzatura viene differenziato).

A questo va aggiunto che l’Isola non valorizza energeticamente i propri rifiuti, non avendo gli impianti per farlo. Secondo un’indagine de Cesisp (Centro economia e regolazione dei servizi) dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, pubblicata a maggio 2019, l’Italia potrebbe risparmiare oltre 700 milioni di euro all’anno in bollette se alcune regioni, tra cui la Sicilia, facessero ricorso a impianti di trattamento e termovalorizzazione in sostituzione delle discariche.

Per i ricercatori, infatti, “esiste una relazione significativa tra ricorso alla discarica e aumento del costo medio per tonnellata di Ru e trattamento di Ru negli impianti di termovalorizzazione e diminuzione del costo medio per tonnellata di Ru”. Ovviamente anche “la dotazione di altre tipologie di impianti incide sul costo medio per tonnellata di Ru” e, in ogni caso, è comunque giusto ricordare che la gerarchia europea del rifiuto piazza il recupero energetico, quindi la termovalorizzazione, dopo la riduzione della produzione dei rifiuti e il riciclo, ma prima del conferimento in discarica.

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