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Farmaci innovativi e test contro l’Epatite C, malattia sommersa nel 70% dei casi

Farmaci innovativi e test contro l’Epatite C, malattia sommersa nel 70% dei casi

Farmaci innovativi e test contro l’Epatite C, malattia sommersa nel 70% dei casi

Si stima che 71 milioni di persone convivono con una infezione cronica da HCV nel mondo e che il 95% dei soggetti con epatite B o C non sa di essere infetto.L’infezione da HCV è un “killer silenzioso” nei confronti del quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha evidenziato che investendo 6 miliardi di dollari l’anno, per eliminare l'epatite in 67 Paesi, si potrebbero evitare 4,5 milioni morti premature entro 2030 e oltre 26 milioni decessi dopo tale data.

A titolo di esempio, la regione Lombardia nella sua banca dati registra che oltre il 75% delle persone con malattia epatica ha oltre 3 patologie, la Campania è invece l’unica regione che ha elaborato dei dati sui costi dei pazienti stimandoli per cirrosi in 71,5 milioni di euro per anno.

Di fronte a questo scenario di numeri imponenti sono necessari nuovi percorsi di analisi per le popolazioni, soprattutto con risorse limitate e a bassi tassi diagnostici per far emergere un sommerso considerevole e rivedere l’approccio ai test.

Il recente Decreto “Screening HCV” prevede che le regioni comunichino il referente che segue i flussi da inviare a livello nazionale; lo screening nazionale gratuito per l’eliminazione del virus HCV è rivolto in via sperimentale per il 2020-2021 sia a tutta la popolazione iscritta all’anagrafe e nata dal 1969 al 1989 sia a persone seguite dai SerdD e ai detenuti in carcere, indipendentemente da coorte di nascita e nazionalità. Queste operazioni devono essere organizzate dalle Regioni onde evitare le complicanze di una malattia epatica avanzata, delle manifestazioni extraepatiche e interrompere la circolazione del virus impedendo nuove infezioni.

La proposta per raggiungere tutto ciò è che i soggetti nati dal 1969 al 1989 vengano contattati dai medici di medicina generale o dal servizio di prevenzione territoriale, vengano sottoposti a test sierologici per HCV: in caso di positività il laboratorio esegue sullo stesso campione la ricerca dell’HCV RNA o dell’antigene HCV-HCV Ag, in alternativa il test capillare rapido e, nel caso di risultato positivo, conferma con HCV RNA. Per i soggetti a carico dei SerD e detenuti la scelta viene effettuata in relazione al contesto epidemiologico locale: test rapido, eseguibile su sangue intero con prelievo capillare o con HCV Ab POCT (point of care test), in alternativa direttamente test rapido HCV RNA (POCT) test rapido.

Durante il webinar “Tavolo nazionale di lavoro sullo screening dell’HCV” organizzato da Motore Sanità, con il contributo non condizionante di Abbott sono stati presi in esame i farmaci innovativi e le campagne e le previsioni per l’eradicazione dell’HCV entro il 2030.

“Entro il 2030 abbiamo la necessità di coprire il sommerso che è stimato attorno al 70% delle diagnosi non effettuate e di andare a coprire il 70% dei pazienti che non sanno di avere l’infezione” è stato l’appello di Valeria Ghisetti, Direttore Responsabile Laboratorio di Microbiologia e Virologia Ospedale Amedeo di Savoia, Torino.

“La differenza fondamentale tra il sommerso che riguarda altre infezioni estremamente importanti come l’HIV e l’HBV, è che con l’HCV abbiamo a disposizione degli efficaci sistemi di cura dell’infezione fino all’eradicazione, e tutto ciò è reso possibile dai relativamente nuovi farmaci che hanno la funzionalità di andare ad inibire alcuni enzimi fondamentali nel ciclo replicativo del virus.

Ma abbiamo un ostacolo dal punto di vista della prevenzione ed è la variabilità genetica del virus, variabilità che è anche l’ostacolo allo sviluppo dei vaccini. Di fronte a questo scenario dobbiamo riprendere di effettuare i test.

Il Decreto pone l’accento sulla necessità di testare, quindi fatto salvo che abbiamo avuto una grossa interruzione nella politica di testing a seguito del Covid, dobbiamo riprendere la campagna dei test che deve passare attraverso un dosaggio anticorpale come presidio di screening ad alta priorità eventualmente associato con dei sistemi tipo poin of care”.

Il coinvolgimento del “territorio” è fondamentale. “Dobbiamo trovare degli strumenti da dare ai medici di medicina generale in modo da coinvolgerli” ha aggiunto la professoressa Ghisetti.

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