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Infermiere massacrato di botte, è allarme violenza negli ospedali

Infermiere massacrato di botte, è allarme violenza negli ospedali

Infermiere massacrato di botte, è allarme violenza negli ospedali

"Siamo stanchi ed esasperati". Gli infermieri del Nursing commentano l'ennesimo episodio di violenza ai danni di un operatore sanitario. In questo caso un infermiere campano in servizio al Vecchio Pellegrini e "massacrato di botte lo scorso 20 gennaio da un paziente stanco di aspettare il suo turno", si legge in un comunicato.

Crescono le violenze all'interno dei presidi ospedalieri: un allarme lanciato già da tempo dal sindacato e che oggi torna attuale. "Siamo tutti Stefano, ci sentiamo tutti come lui - si legge ancora. I pugni, gli strattonanti, i calci inferti a lui, rappresentano i segni indelebili di una vile e inspiegabile violenza che ognuno di noi, infermiere innamorato del suo lavoro, sente sul suo corpo".

Situazione insostenibile

Basta niente per scatenare le reazioni violente. Lo affermano gli infermieri nel comunicato. "Bastano una parola ritenuta fuori posto, una risposta ad una reiterata richiesta che arriva in ritardo, qualche minuto in più in coda in un affollato e caotico pronto soccorso italiano, a scatenare la rabbia incontrollata di persone che non hanno alcun rispetto per il lavoro degli operatori sanitari, che addossano a loro le responsabilità di un sistema sempre più fragile e li trasformano in un eterno capro espiatorio" - dicono.

Numeri da bollettino di guerra

"Nell’autunno del 2019- spiega Antonio De Palma, Presidente Nazionale di Nursing Up - abbiamo fatto un’indagine, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha mostrato violenza fisica, minacce, insulti. Un infermiere su 10 ha confermato di aver subito violenza fisica sul lavoro, il 4% ha riferito di essere stato minacciato con un’arma da fuoco. Uno su due dice infine di aver ricevuto un’aggressione verbale". Gli infermieri sono la categoria più colpita perché sono numericamente maggiori e fanno un’attività di assistenza continuativa vicino al paziente. La nostra richiesta, da anni, è quella di ripristinare le postazioni di polizia che una volta erano presenti in ogni pronto soccorso italiano. Oltre a un servizio di pubblica utilità perché ci può essere passaggio diretto dei referti per le denunce, sarebbero anche un deterrente per chi pensa di fare violenze".

Sistemi di sicurezza

"La richiesta successiva, nel caso non fosse possibile ripristinare i posti di polizia, è quella di permettere la creazione di sezioni addette alla sicurezza all’interno di ogni azienda. Serve un sistema che possa essere allertato immediatamente in caso di minaccia per portare soccorso agli operatori in particolare al pronto soccorso».Non è solo la sicurezza degli operatori a essere in gioco, ma anche l’incolumità dei pazienti che si trovano in quel momento in ospedale. Medici e infermieri devono lavorare in sicurezza per i loro pazienti. Bloccare l’attività di un pronto soccorso significa mettere a rischio delle vite. Anche pochi minuti di blocco possono causare la perdita della vita di una persona. Gli strumenti devono essere preventivi e non solo punitivi nei confronti di chi attacca il personale sanitario. Sono familiari dei pazienti spesso e a volte anche i pazienti stessi. Pensano di poter violare le regole o di civile convivenza o quelle terapeutiche stabilite o vogliono dare loro indicazioni sulle procedure da seguire, a volte addirittura semplicemente perché si presentano in luoghi e orari dove non è consentito accedere. C’è chi arriva ad aspettare medici e infermieri fuori dagli ospedali per colpirli, c’è chi cova per anni desideri di vendetta verso un infermiere pianificando addirittura di assassinarlo".

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