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Tumori, dieta mediterranea e sport possono ridurre il rischio del 40%

Tumori, dieta mediterranea e sport  possono ridurre il rischio del 40%

Tumori, dieta mediterranea e sport possono ridurre il rischio del 40%

MESSINA - “Ogni singolo giorno dell’anno, mille italiani si ammalano di tumore. Moltissimi studi hanno dimostrato che intervenendo sullo stile di vita attenzionando movimento, alimentazione e mantenimento del peso forma, si potrebbe ridurre l’incidenza delle patologie tumorali con percentuali che oscillano intorno al 40%” – così esordisce Massimiliano Berretta, medico chirurgo, specializzato in oncologia e in geriatria, dottore di Ricerca in Oncologia, master in senologia e nutrizione umana, professore associato presso il Dipartimento di medicina clinica e sperimentale del Policlinico “Gaetano Martino” dell’Università degli Studi di Messina, intervistato in esclusiva per il Quotidiano di Sicilia.

“’Fà che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo’, così recitava Ippocrate, padre della medicina – ha detto Berretta - in quanto, osservando le abitudini e lo stile di vita della popolazione, aveva capito che la corretta alimentazione poteva giocare un ruolo importantissimo nel mantenere un buono stato di salute. Mai come oggi, questo concetto è al passo con i tempi. Una sana alimentazione sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, che deve privilegiare i cibi a km zero e rispettare la stagionalità dei prodotti agricoli, ha sicuramente un impatto positivo sulla nostra salute ed anche sull’ambiente”.

“La Dieta mediterranea – ha aggiunto il medico - patrimonio immateriale dell’Unesco e che trae le sue origini proprio nel nostro Paese, ha dimostrato di rappresentare un fattore protettivo per tutte quelle che sono le principali malattie che affliggono la nostra società. Fu scoperta dal medico epidemiologo e fisiologo americano Ancel Keys che, nel 1945, dopo essere sbarcato a Salerno con il contingente americano, approfondì la relazione fra l’alimentazione e le malattie cardiovascolari. Attraverso un’ampia indagine chiamata “Seven Countries Study” (studio dei sette paesi), mise a fuoco la relazione tra alimentazione dei paesi mediterranei e statistiche sulle patologie dell’apparato cardiocircolatorio.

Lo studioso si accorse che le persone camminavano a piedi o si muovevano in bicicletta, mangiavano carne rossa solo per le feste e non per più di una volta al mese, mangiavano i prodotti del loro orto, la carne veniva sostituita dai legumi e veniva consumato molto pesce azzurro, locale, che si trovava in abbondanza ed a basso costo. Veniva preferito il consumo del “povero” olio extravergine di oliva al posto del burro. Queste pratiche avevano un impatto positivo sull’aspettativa di vita e sul ridotto rischio di mortalità per le malattie cardiovascolari. Lo studio, considerato una pietra miliare per la scienza della nutrizione, dimostra ancora oggi che la Dieta mediterranea rappresenta un fattore protettivo nei confronti di molte patologie cronico-degenerative tra cui quelle cardiovascolari, metaboliche e tumorali. Il fisiologo americano Keys studiò inoltre i componenti di tali abitudini alimentari e rese popolare la Dieta mediterranea in tutto il mondo, auspicando soprattutto che i propri concittadini statunitensi cambiassero le proprie abitudini alimentari avvicinandosi a quelle mediterranee, con l’obiettivo di migliorare le condizioni generali di salute della popolazione”.

“Oggi è sconsigliato l’uso di zuccheri e di farine raffinate – ha puntualizzato il medico -. Bisogna privilegiare il consumo di grani antichi, notoriamente più digeribili e ricchi di proteine nonché più poveri di glutine e con indice glicemico minore. Le farine di questi grani sono perfette per pane, pasta, pizza, dolci e regalano a questi prodotti una consistenza, un profumo e un aspetto più ricchi e speciali di quelli ottenuti da farina di grano tenero 0 o 00. La ricchezza in fibre e il minor contenuto glicemico dei grani antichi rallenta la rapidità con cui gli zuccheri entrano in circolo nel sangue, facendo abbassare e alzare la glicemia lentamente. In questo modo percepiamo il senso di sazietà più a lungo evitando l’insorgenza della fame. Inserito nelle diete dimagranti, questo grano è ottimo anche per la bassa presenza di glutine, che lo rende perfetto anche per scongiurare l’intolleranza. Inoltre vanno preferite le carni bianche come pollo, tacchino, coniglio derivanti da allevamenti meno intensivi che, oltre a garantire un miglior stato di salute per l’animale, conferiscono alle carni delle qualità e proprietà organolettiche nettamente superiori rispetto agli animali allevati in batteria. Di fondamentale importanza è il regolare consumo di pesce azzurro, ricco in acidi grassi essenziali come gli Omega 3, fondamentali nel preservare un buon stato di salute del nostro sistema cardiovascolare, regolando il metabolismo lipidico. Inoltre è da preferire ai pesci di grossa taglia, notoriamente più ‘ricchi’ di metalli pesanti come il piombo o il mercurio, derivanti dall’inquinamento dei nostri mari”.

“Altra peculiarità della Dieta mediterranea - ha rimarcato Berretta - è il ridotto consumo di carni e in particolare quelle rosse o lavorate. L’International agency for research on cancer (Iarc), un’agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che valuta e classifica le prove di cancerogenicità delle sostanze, ha classificato la carne rossa come potenzialmente cancerogena (cat 2A) e le carni rosse lavorate come sicuramente cancerogene (cat 1°). Il rischio cancerogeno delle carni rosse e lavorate dipende sia dalle quantità sia dal modo con cui alcune componenti interagiscono con l'organismo. Per esempio, la lavorazione delle carni per la loro conservazione e le modalità di cottura modificano le molecole presenti o ne generano di nuove che possono aumentare il rischio di sviluppare un tumore”.

“Alcuni studi epidemiologici hanno dimostrato che il 18-21% dei tumori al colon, e il 3% di tutti i tumori, sono probabilmente legati all’eccessivo consumo di carni rosse e insaccati. Un altro aspetto da tenere in considerazione sulla carne rossa è l’enorme impatto ambientale che ha l’allevamento, intensivo soprattutto, degli animali destinati alla macellazione. L'allevamento di animali da macello è responsabile, da solo, del 15% del totale di tutte le emissioni di gas a effetto serra di origine antropica (anidride carbonica, metano, protossido di azoto). Inoltre, aspetto forse meno citato, il settore è responsabile della perdita di biodiversità, perché foreste e aree incontaminate cedono il passo a terreni a uso agricolo, in cui coltivare mangimi da destinare al consumo animale. Tutto ciò ha un impatto deleterio anche sulle risorse idriche: quasi un terzo del consumo d'acqua nelle attività umane è impiegato per l'allevamento di animali da carne, senza considerare le ‘cattive pratiche’ che finiscono con l'inquinare le falde. Quindi il messaggio inequivocabile è di ridurre il consumo di carni rosse e lavorate per il proprio benessere psico-fisico e per la salvaguardia del nostro Pianeta”.

L’Italia, per esempio, vanta il triste primato di avere la percentuale più alta di bambini in sovrappeso e obesi d’Europa e ciò è riconducibile a vari aspetti, tra cui le scarse e spesso non chiare informazioni (stile di vita e il ruolo del cibo) che vengono veicolate ai nostri giovani. Una vita eccessivamente sedentaria e la sostituzione dei cibi “di una volta” con il cosiddetto “junk food” alias cibo spazzatura (fast food, merendine, etc …).

“Il junk food, contrastato in molti Paesi occidentali - ha sottolineato il medico -, è conosciuto per non possedere adeguate caratteristiche nutrizionali, sia qualitative (cibi processati) che quantitative (cibi ipercalorici) per i ragazzi. Per quanto riguarda la sedentarietà dei nostri giovani, essa è in parte riconducibile anche alla poca attenzione che le istituzioni scolastiche dedicano alla cosiddetta attività motoria da svolgere a scuola e che in Italia è tra le più basse d’Europa (mediamente 2 ore settimanali). Secondo le indicazioni dell’Oms, ogni individuo dovrebbe svolgere, mediamente, almeno 30 minuti di attività motoria giornaliera. I soggetti obesi sono notoriamente più a rischio di sviluppare nel medio e lungo termine patologie cardiovascolari, alterazioni dell’asseto lipidico, diabete e patologie tumorali. Tuttavia molti studi dimostrano che non è mai tardi per intraprendere un corretto stile di vita e una sana alimentazione. In alcune categorie di pazienti come quelli oncologici guariti, i cosiddetti ‘Cancer survivors’ secondo la letteratura anglosassone, i benefici derivanti da questi due aspetti sono addirittura in grado di ridurre il rischio di recidive di malattia e quindi allungare anche la sopravvivenza”.

“Non dimentichiamoci - ha concluso Massimiliano Berretta - che secondo la Costituzione dell'Oms, l'obiettivo dell'Organizzazione è “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute", definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”.

Biagio Tinghino

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