Sicilia 2026, tra immobilismo e speranza: serve uno scatto d’orgoglio

Sicilia 2026, tra immobilismo e speranza: serve uno scatto d’orgoglio

Sicilia 2026, tra immobilismo e speranza: serve uno scatto d’orgoglio

Uno scatto d’orgoglio. È forse questo l’augurio più onesto che la Sicilia dovrebbe rivolgersi guardando al 2026. Non per inseguire l’ennesimo treno metaforico che forse non passerà mai, ma per scendere da quello su cui l’Isola viaggia da decenni, in un moto perpetuo che non porta da nessuna parte.

Un movimento circolare, utile al massimo per ripassare – anno dopo anno – vizi antichi e debolezze strutturali.

Sicilia 2026: un anno nuovo che somiglia troppo ai precedenti

Nel messaggio natalizio, il presidente della Regione Renato Schifani ha parlato di crescita, lavoro e investimenti, di attenzione alle fasce più fragili. Ma il 2025, per molti siciliani, è sembrato un anno come tanti altri. Avrebbe potuto essere il 2003 o il 2011: poco cambia. Scandali ciclici, emergenze mai risolte, servizi carenti. Un copione noto che continua a relegare la Sicilia nei bassifondi delle classifiche sulla qualità della vita, come confermeranno anche i dati che verranno aggiornati nel 2026.

Vivere in Sicilia: tra quotidianità difficile e diritti mancati

Chi vive nell’Isola non ha bisogno di report statistici per capire cosa non funziona. Basta la quotidianità, soprattutto nelle periferie urbane e nei paesi dell’entroterra, dove servizi assenti e infrastrutture fatiscenti sono la norma. Ma le difficoltà riguardano anche chi, dopo aver studiato, vorrebbe realizzarsi professionalmente senza dover emigrare. In Sicilia ciò che altrove è ordinario, qui diventa spesso un’eccezione, se non un miracolo.

Il sistema che si autoalimenta: bisogno e promessa

La Sicilia continua a muoversi tra due poli che si rafforzano a vicenda: il bisogno e la promessa. Il primo genera dipendenza, la seconda viene costantemente rimandata. È un patto non scritto che lega chi governa e chi subisce, consentendo al sistema di sopravvivere senza mai cambiare davvero.

Un meccanismo che ricorda l’“eterno ritorno” di Nietzsche e la celebre massima del Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.

Aspettando Godot, versione siciliana

La Sicilia assomiglia sempre più all’ambientazione di “Aspettando Godot”: un’attesa infinita di qualcosa che dovrebbe arrivare, ma che puntualmente non arriva mai. Eppure, con il 2026 alle porte, rinunciare del tutto alla speranza sarebbe un errore ulteriore. Come ricordava Mario Monicelli, la speranza può essere una trappola. Ma l’alternativa non è la rassegnazione: è la lucidità.

Guardare in faccia la realtà per cambiare rotta

Il modo migliore per affrontare il futuro non è negare i problemi, ma riconoscerli senza alibi. Capire dove siamo, cosa non funziona, cosa va rotto prima ancora che aggiustato. Solo così la Sicilia del 2026 potrà smettere di essere una copia sbiadita del passato e provare, finalmente, a diventare qualcosa di diverso.

Di Simone Olivelli

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