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Depurazione acque, Fatuzzo, commissario nazionale: “Manca un miliardo”

Depurazione acque, Fatuzzo, commissario nazionale: “Manca un miliardo”

Depurazione acque, Fatuzzo, commissario nazionale: “Manca un miliardo”

Per fare il punto sulla depurazione e il riutilizzo dell’acqua in Sicilia, interviene al QdS il professor Fabio Fatuzzo, commissario straordinario unico per depurazione.

Professore, qual è lo stato dell’isola anche alla luce delle problematiche già evidenziate dal suo predecessore?

"La grande zona critica è rappresentata dalla provincia di Catania, ossia il centro della città, Misterbianco con i paesi pedemontani, Mascali, Acireale, Adrano, Caltagirone, in pratica molta parte della provincia. Proprio per questo sto mettendo a punto un centro di analisi e intervento, che probabilmente sarà il più importante d’Italia, perché ritengo che Catania e la Sicilia debbono essere attenzionate in maniera puntale per trovare nel più breve tempo possibile le adeguate soluzioni".

Siamo stati oggetto di diverse procedure d’infrazione dall’Europa. Riusciremo a ottemperare a quanto ci è chiesto di realizzare?

"Il problema è che la nostra struttura commissariale ha alcune criticità che ho evidenziato in sede di audizione all’VII° Commissione Ambiente della Camera dei Deputati".

Di cosa si tratta?

"Prima di tutto la mancanza di una struttura commissariale perché oggi, non avendo una nostra struttura, siamo costretti ad utilizzare il personale esistente negli enti locali o nelle aziende operanti nel settore di riferimento. La seconda criticità riguarda la precarietà. Tutto ciò che è stipulato dal commissario, intendo quindi accordi e contratti, scade con la sua scadenza e ciò significa che quanto fatto dai commissari precedenti, con un colpo di penna è scaduto con la loro scadenza nell’incarico e bisogna rifare tutto da capo e questo è il lavoro che sto facendo in questo momento. Terza criticità è la mancanza, rispetto a quanto necessario di un miliardo di euro e i ritardi che sono imputabili a quanto le evidenziavo prima. Tenga conto che abbiamo esecuzioni di progettazione assegnati con gara nel 2020 e oggi, oramai alla fine del 2023, siamo in alto mare. Altra criticità è la mancanza di deroghe. È pur vero che posso ottenere pareri delle varie conferenze di servizio ma ci mancano quelle relative alle problematiche ambientali. Ho chiesto, quindi, di superare questa empasse, che è dovuta dalle normative europee e quindi non delegabili dallo Stato Italia, almeno potendo operare in termini perentori e non ordinatori nella richiesta di pareri agli enti preposti. Per dare maggior corpo e vigore alla nostra possibilità d’intervento, nell’audizione ho fatto riferimento al decreto 109/2018, quello relativo alla nomina del Sindaco di Genova per la ricostruzione del ponte Morandi, perché, seppur in quel caso si trattava di ricostruzione, è stato l’esempio di quello che si può realizzare con i giusti poteri d’intervento".

Professore, qual è lo stato dell’arte riguardante il riutilizzo delle acque reflue sull’isola?

"Le acque reflue debbono essere riutilizzate e l’ho ribadito ieri al Commissario per la Siccità, perché non farlo rappresenta una scelta scellerata. Lei pensi che il depuratore di Catania a regime produrrà 3.000 litri di acqua al secondo, una grande quantità che però non può essere utilizzata perché nel progetto, che ho in animo di modificare, non si pone il problema del riutilizzo. Mi scontro con un limite, ossia che sono Commissario per la Depurazione, non del riutilizzo e quindi non potrei affrontare questo problema. Di fatto c’è un grosso problema che riguarda la destinazione e della consegna a sito di quest’acqua. Pensare di consegnare al mare l’acqua di prodotto del processo di depurazione è, per così dire, criminale anche perché potremmo utilizzarla per alimentare le industrie delle zone industriali, per l’irrigazione dei campi e dobbiamo evitare di sprecarla in questo modo. Ho parlato sia con il ministero dell’Ambiente sia con quello dell’Agricoltura per cercare di ottenere gli interventi necessari per superare tutto ciò e anche le criticità dovute alla lunga durata dell’esame da parte della Regione per poterle utilizzare in tempi rapidi".

L’importanza del riciclo dell’acqua contro la siccità

“Ho imparato molto in decine di anni impegnati sul campo, sovente arido, nei diversi e pur simili campi, non solo in Italia. Tra l’altro ho appreso come l’acqua può divenire non soltanto occasione per elevare produttività e reddito, ma anche per un cambiamento della struttura del potere”. Sono queste le parole di Danilo Dolci, sociologo, poeta, educatore e attivista della nonviolenza italiano. Al tempo, nell’economia agricola della Sicilia del secondo dopoguerra, l’acqua era un problema centrale, il più grosso nodo da sciogliere. Anche oggi, sia pure in forme diverse, il tema dell’acqua è centrale nella vita sociale ed economica sia a livello mondiale sia in Italia, dove ci si continua a battere affinché l’acqua torni a essere un bene pubblico.

Abbiamo assistito negli ultimi anni, sulla base di quanto registrato dall’Ispra, a un calo della disponibilità idrica nazionale che lo scorso anno, con un record di 719 mm, ha fatto segnare il minimo nazionale anche in termini di precipitazione totale liquida e solida, con un valore inferiore persino a quelli estremi minimi del 2007 e del 2017. Nel 2022 il deficit di precipitazione annua ha interessato il territorio nazionale in maniera molto diversificata e nel Distretto della Sicilia si è attestata al -26%, con punte dell’ordine del -50% nella zona orientale dell’isola. Il quadro di sofferenza complessivo, ovviamente, si è complicato anche in ragione dei cambiamenti climatici in atto ma in Italia incidono pesantemente il dissesto idrogeologico, la mancanza d’infrastrutture o la loro manutenzione.

Oltre a politiche che vadano a incidere sulla tutela della risorsa acqua, il fattore decisivo è diventato oggi il recupero dell’acqua all’interno di un ciclo integrato che rientri nel canone dell’economia circolare, anche attraverso il ruolo fondamentale svolto dal sistema della depurazione [5], nel quale agiscono enti pubblici, gestori dell’acqua, imprese del settore. Il ciclo integrato dell’acqua attraversa le fasi di prelievo, utilizzo, depurazione e riuso oltre al recupero delle acque reflue che, in quest’ottica, diventano una preziosa risorsa, come evidenziato nel 2017 dal Rapporto Unesco “Acque reflue. La risorsa inesplorata”.

Tre destinazioni d'uso per le acque reflue depurate

Il recupero delle acque reflue depurate può avere tre differenti destinazioni d’uso. Il primo è quello irriguo, poiché possono essere usate per irrigare le colture destinate al consumo umano o animale, per l’irrigazione di giardini, campi sportivi e spazi verdi in generale. Il secondo utilizzo è quello urbano, essendo adatte per la pulizia delle strade nei centri abitati, per il lavaggio dei cassonetti dell’immondizia, per approvvigionare gli impianti di raffreddamento e di riscaldamento e il terzo è in campo industriale perché le acque reflue depurate possono essere usate come acque per gli impianti antincendio, di lavaggio e per i cicli di lavorazione industriale.

Attualmente nel nostro Paese vengono riutilizzati a scopo irriguo solamente 475 milioni di metri cubi di acqua depurata. Secondo uno studio condotto da Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche), l’Italia potrebbe recuperare ulteriori 8,5 miliardi di metri cubi di acqua da destinare all’irrigazione dei campi attraverso il riuso delle acque reflue. Il che equivale alla metà dell’acqua attualmente utilizzata nel settore agricolo.

Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell'Ambiente, a proposito del riutilizzo delle acque reflue ha recentemente dichiarato davanti alla “Commissione parlamentare per il contrasto degli svantaggi derivanti dell’insularità” di ritenere “di poter affermare che si sta lavorando alacremente per innovare in maniera significativa la rete idrica esistente e per realizzare e implementare impianti di depurazione delle acque reflue - che è problema Paese, noi siamo ad un utilizzo di meno del 5% di acque reflue - in modo da abbattere inevitabili ripercussioni sulla qualità delle acque costiere".

Sin dal 1991, attraverso una specifica Direttiva CEE, l’Europa chiede agli Stati membri l’adeguamento degli impianti di trattamento delle acque reflue e, più in generale, del sistema fognario. Nei confronti dell’Italia sono state emesse, tra il 2004 e il 2017, ben quattro procedure d’infrazione, di cui tre terminate con la condanna e la quarta in fase d’istruttoria, in tema di collettamento, fognatura e depurazione che prevedono il pagamento di una sanzione pecuniaria di trenta milioni di euro a semestre. Le ultime due procedure prevedono complessivamente 606 interventi in 13 regioni italiane, riguardanti agglomerati con popolazione superiore ai 2.000 abitanti. Nel giugno dell’anno in corso il nostro Paese è stato nuovamente deferito dalla Commissione Europea alla Corte di giustizia Ue non avendo ancora dato piena esecuzione alla sentenza della Corte del 10 aprile 2014 in materia di trattamento delle acque reflue urbane. È stata demandata a un DPCM l’assegnazione delle risorse necessarie per la realizzazione degli interventi.

Semerari (Eurispes:): “Il riuso delle acque reflue in agricoltura potrebbe coprire quasi la metà dei consumi agricoli nazionali”

L’Eurispes, Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali è un ente privato che dal 1982 opera nel campo della ricerca politica, economica e sociale. Ha prodotto più di 900mila le pagine di studi, analisi, indagini e riflessioni, oltre 100 le audizioni politiche e istituzionali e costruito un archivio stampa che copre gli ultimi 35 anni contenente oltre 2 milioni di articoli catalogati per oltre 400 voci tematiche raccolti dalla stampa periodica e quotidiana. “Un sistema che fa acqua” è il titolo della ricerca prodotta nel 2023 che si occupa dello stato delle acque italiane. Interviene al QdS il dottor Ludovico Semerari, ricercatore Eurispes e autore della ricerca.

Dottor Semerari, dalla ricerca emerge che, negli ultimi anni è cresciuta l’indisponibilità di acqua…

“Questo dato emerso dalla ricerca e che lei ha evidenziato è dovuto, principalmente, al cambiamento climatico in corso e non si tratta solo di un dato nazionale ma più globale. A causa dell’aumento delle temperature si è verificata da un lato una diminuzione delle precipitazioni e dall’altro una maggiore evaporazione dell’acqua dai bacini. La combinazione di questi elementi ha portato a una minor presenza di disponibilità della risorsa acqua. Nel caso italiano, inoltre, va aggiunto l’effetto che le temperature hanno sui ghiacciai e sui bacini ad alta quota, creando un’ulteriore calo della portata di acqua”.

Il caldo anomalo, per esempio, di quest’anno soprattutto al Sud può aver peggiorato ulteriormente la situazione?

“Il problema è aumentato in maniera esponenziale. Rispetto al Sud c’è da evidenziare che le difficoltà maggiori si registrano nei mesi estivi, nello stesso periodo in cui c’è il maggior consumo di acqua anche per la maggior presenza di persone a seguito dei flussi turistici. L’altro aspetto è la mancanza di piogge che, soprattutto in Sicilia, non è tanto il dato assoluto ma quanto cade e in quali periodi. In Sicilia ci sono state precipitazioni fortissime, soprattutto la scorsa estate, perché l’aumento della temperatura del mare ha generato fenomeni estremi e in questo caso si è evidenziata la mancanza d’infrastrutture dedicate all’immagazzinamento dell’acqua”.

Dalla ricerca emerge fortemente la necessità del riuso delle acque reflue. Stiamo sprecando acqua?

“Assolutamente sì. Lei pensi che l’utilizzo delle acque reflue in agricoltura potrebbe coprire quasi la metà dei consumi agricoli nazionali che rappresentano circa i 2/3 dei consumi a livello nazionali. È necessario costruire impianti e metterli a sistema quanto prima”.

Siamo forse in assenza di politiche d’intervento specifiche a livello nazionale?

“È vero d’altronde l’intero sistema è parcellizzato e ogni Comune gestisce le proprie reti e proprio dalla ricerca emerge come i Comuni più grandi, con maggior disponibilità di spesa, riescono a risultare più efficienti e, al netto delle differenze tra Nord e Sud, i Comuni più penalizzati sono quelli più piccoli”.

Ritiene che esistano le basi per ripensare all’acqua come bene comune?

“In Italia esiste sicuramente un problema culturale e di consumi individuali perché, a livello europeo, siamo la popolazione che ne fa maggior uso. È chiaro che una maggiore sensibilizzazione aiuterebbe a creare nuovi cittadini per i quali il concetto di acqua sia realmente patrimonio culturale e il concetto di spreco sia una consapevolezza. Esiste un altro modo per forzare la consapevolezza, ossia l’aumento delle tariffe perché, sempre a livello europeo, oltre ad avere il consumo pro capite più alto siamo anche il paese con il costo dell’acqua più basso”.

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