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Impianti a conversione chimica per il recupero dei rifiuti non riciclabili

Impianti a conversione chimica per il recupero dei rifiuti non riciclabili

Impianti a conversione chimica per il recupero dei rifiuti non riciclabili

ROMA - Il dibattito sugli inceneritori o termovalorizzatori è sempre più attuale, soprattutto in Sicilia. Quello di cui non si parla sono le possibili alternative a questo tipo di impianti.
Esiste infatti una tecnologia innovativa che consente di chiudere il ciclo dei rifiuti recuperando anche quelli non riciclabili meccanicamente, evitando il ricorso alla discarica e superando alcuni problemi legati all’incenerimento con recupero energetico, portando al contempo diversi vantaggi di carattere economico, sociale e ambientale: sono gli impianti a conversione chimica.
La tecnologia di questi impianti si basa sulla conversione del carbonio e dell’idrogeno contenuti nei rifiuti non pericolosi non riciclabili meccanicamente, in un gas di sintesi che viene utilizzato per produrre prodotti chimici di base per l’industria, come idrogeno e metanolo.

Il processo differisce sostanzialmente da un impianto di incenerimento in quanto opera in assenza di fiamma, dunque, di combustione poiché la conversione avviene, tramite alcune reazioni chimiche, con l’ossigeno estratto dall’aria. Le emissioni inquinanti in atmosfera sono ben al di sotto dei limiti di legge e sostanzialmente prive di quegli inquinanti tipicamente derivanti dai processi di combustione (particolato, diossine, ossidi di azoto), mentre gli scarti del processo rappresentano una quota minimale rispetto al rifiuto in ingresso (intorno al 4÷5% contro il 20÷25 % di un comune termovalorizzatore) in quanto anche il residuo che non contiene carbonio viene recuperato in materiale inerte che può essere usato nella filiera della ceramica e delle costruzioni, ottenendo una conversione pressoché totale del rifiuto in ingresso.

Dunque, a differenza di un inceneritore, che non consente un recupero di materia, il processo di conversione chimica consente di ottenere molecole e materiali utilizzabili sia nell’industria manifatturiera (per esempio in quella del mobile, per realizzare col metanolo quegli intermedi oggi necessari alla produzione di laminati, compensati e simili) sia nella mobilità sostenibile (per esempio per sostituire col metanolo l’olio combustibile impiegato dalle navi, migliorando notevolmente l’impatto ambientale sia in termini di emissioni in atmosfera sia nel caso di rilasci accidentali essendo il metanolo biocompatibile).

Il metanolo è un composto altamente richiesto nell’industria chimica, che oggi viene prevalentemente importato; l’idrogeno è soggetto a una altissima domanda da parte del mercato in quanto uno dei principali vettori energetici sostenibili per un futuro decarbonizzato, e può essere utilizzato per la mobilità pubblica.

Un impianto di riciclo via conversione chimica consente di risparmiare fino al 90% delle emissioni di CO2, se si considerano anche quelle evitate a monte del processo (non bruciando o sotterrando in discarica) e a valle del processo (poiché il prodotto in uscita dall’impianto va a sostituire combustibile prodotto con fonti fossili primarie). Inoltre le emissioni di CO2 sul sito sono oltre la metà di quelle di un inceneritore tradizionale. La maggioranza del carbonio contenuto nei rifiuti viene infatti convertito direttamente nel metanolo e quella che esce dall’impianto è CO2 pura, che significa pronta per essere utilizzata in diversi modi, per esempio per la concimazione carbonica nelle serre in agricoltura, per usi manifatturieri ed altri ancora.

Questi impianti portano dunque dei benefici anche economici e sociali: dal 2028 è infatti previsto che gli inceneritori debbano pagare i costi relativi ad ogni tonnellata di CO2 emessa, costi per i quali oggi sono esentati. In questo momento il costo di emissione di una tonnellata di CO2 è pari a 91 euro e tale costo si ribalterebbe quindi sulla tariffa dei rifiuti. Il processo di conversione chimica consente quindi non solo un notevole risparmio di emissioni di CO2, ma anche un rilevante risparmio economico per il partner locale e di conseguenza per i contribuenti.

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