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In Sicilia discariche sature, i termovalorizzatori? Al Nord

In Sicilia discariche sature, i termovalorizzatori? Al Nord

In Sicilia discariche sature, i termovalorizzatori? Al Nord

Raccolta differenziata, riciclo, impianti e “addio discariche”. Nel Piano rifiuti, appena reso operativo dalla Regione dopo il placet ricevuto dal Cga, c’è tutto quello che da decenni la Sicilia stava aspettando per scrollarsi, parafrasando Leonardo Sciascia, la spazzatura “dalle ginocchia”. C’è tutto, sulla carta. Intanto nell’Isola “reale” va in scena il solito copione di sempre. Le discariche, dove stando agli ultimi dati ufficiali dell’Ispra finisce il 60% delle “munnizza” siciliana, sono sature da Palermo a Catania.

Nel Capoluogo, l’ampliamento della sesta vasca di Bellolampo si è rivelato la solita misura miope e provvisoria, che darà un “fiato corto” di soli tre mesi, anziché i sei preventivati. E intanto con ogni probabilità i palermitani si ritroveranno nella buca delle lettere una Tari ancora più “pesante”, si parla di 30 euro aggiuntivi a cranio, che potrebbero non bastare qualora fosse necessario ricorrere all’esportazione fuori dai confini regionali.

Dall’altra parte dell’Isola, tra il siracusano e il catanese (dove i cittadini pagano la Tari più salata d’Italia, 504 € a famiglia nel 2020 secondo Cittadinanzattiva), la musica non cambia. Nei due impianti gestiti dalla Sicula Trasporti – in amministrazione giudiziaria dallo scorso 4 giugno, quando gli impianti furono sequestrati agli imprenditori Antonino e Salvatore Leonardi, accusati “di un sistematico illecito smaltimento di rifiuti proveniente da oltre 200 Comuni siciliani” – non c’è più spazio. Nella discarica di Vaccarizzo, in contrada Codavolpe, dove viene smaltita la frazione secca dei rifiuti, “il 30 aprile l’impianto sarà dichiarato esaurito e andrà in dismissione”. Lo hanno comunicato in una nota proprio gli amministratori giudiziari che, nonostante la richiesta, non hanno “avuto dalla Regione deroghe o ulteriori autorizzazioni”. E meno male, viene da esclamare, pensando a chi vicino a quel sito ci abita. In un aggiornamento dello scorso 3 marzo, l’Arpa Sicilia (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) ha comunicato di aver ricevuto, solo a dicembre, 190 segnalazioni di molestie olfattive mediante la web app “Nose”, di cui la metà proveniva proprio dall’area di Contrada Codavolpe e si riferiva ai “rifiuti in fermentazione”.

A Lentini, in contrada Grotte San Giorgio, dove attualmente viene accolto l’organico di 150 Comuni isolani, il tempo rimasto è ancora più risicato: stop ai conferimenti di ditte terze a partire dal 31 marzo. “La discarica – hanno scritto gli amministratori – raggiungerà la sua capienza massima all’incirca nella prima settimana del mese di maggio”. Restando nel catanese, tra Motta Sant’Anastasia e Misterbianco, si erge un altro enorme impianto, noto come “Valanghe di inverno, e anche in questo caso il rischio saturazione è tutt’altro che remoto. All’inizio di ottobre, dopo un sopralluogo sul sito, la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti (la cosiddetta Commissione Ecomafie) aveva stimato un’autonomia di circa un anno e mezzo. Passati i primi sei mesi, all’impianto resterebbe dunque soltanto un anno. E intanto diversi comuni etnei, da Gravina a Sant’Agata Li Battiati, sono stati costretti ad affidarsi a intermediari che trasportano la spazzatura oltre lo Stretto, con costi di smaltimento passati da 115 a 300 euro a tonnellata.

La situazione è gravissima, insomma, ma a dispetto degli annunci, sembra che le discariche, almeno nell’immediato futuro, continueranno a essere “centrali” nella gestione dei rifiuti in Sicilia. A Palermo, infatti, è stato pubblicato un bando per realizzare addirittura una settimana vasca a Bellolampo, mentre a Catania – dove attualmente si aspetta il finanziamento di un impianto pubblico per la digestione anaerobica dell’organico, da realizzare alla Zona industriale – l’opzione più immediata potrebbe essere quella di concedere un nuovo ampliamento della già citata struttura di Grotte San Giorgio. Contro di esso però si sono espressi sia il Comune di Lentini, in una Conferenza dei servizi tenutasi lo scorso 25 febbraio, che ieri l’assessorato regionale Territorio e Ambiente. “Siamo arrivati al punto che tutti aspettavano e temevano – ha dichiarato nei giorni scorsi il primo cittadino, Saverio Bosco - ovvero il riempimento della discarica. Quello che praticamente si teme da vent’anni, e con 20 anni di ritardo la corsa all'alternativa, per noi siciliani non è mai partita... l’illusione che si potesse mettere tutta la spazzatura sotto ‘il tappeto’ tra l’altro a casa nostra e nel nostro territorio, è finita. Bisogna che la Regione adesso faccia nel giro di poche settimane ciò che non è riuscita a fare in 20 anni ingrassando le discariche”.

Regione che, in realtà, a leggere il nuovo Piano dei rifiuti, “esce di scena”. Spetta, infatti, alle Società di regolamentazione, enti di area vasta che hanno competenza sul territorio metropolitano o provinciale, stimare e pianificare il fabbisogno impiantistico. Lo ha spiegato al QdS, nell’inchiesta pubblicata lo scorso 2 marzo, il presidente della Commissione tecnico specialistica Via/Vas, Aurelio Angelini (leggi qui), precisando che le “Srr hanno in mano diverse carte: ricorrere a fondi regionali ed europei, realizzare gli impianti con risorse proprie, anche per esempio accendendo un mutuo, oppure rivolgersi al libero mercato, pubblicando un bando pubblico di project financing”.

Funziona già così nel resto d’Italia, dove gli impianti si fanno e il ricorso alle discariche è ormai ai minimi termini. Lo scorso 30 gennaio la Città metropolitana di Milano ha autorizzato in via definitiva la realizzazione della cosiddetta “Biopiattaforma”, un termovalorizzatore di ultima generazione, a zero emissioni di CO2. Un progetto da 47 milioni di euro che permetterà di realizzare, in poco più di un anno (nelle prossime settimane partiranno i lavori che si prevede di completare a ottobre 2022), un impianto in grado di trasformare in calore per il teleriscaldamento e in fertilizzante non soltanto i rifiuti, ma anche i fanghi prodotti dai 40 depuratori milanesi (vedi l’approfondimento in pagina).

Un nuovo impianto che, va detto, viene realizzato in una città dove la differenziata è superiore al 60% (a Palermo viaggia intorno al 17%, a Catania a stento si attesta sopra il 10, Ispra), a dispetto di quanti sostengono che i termovalorizzatori frenino il riciclo. È esattamente il contrario. “I territori che registrano le percentuali più alte di raccolta sono proprio quelli in cui è presente il maggior numero di impianti”, ha spiegato Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia, che nei giorni scorsi ha presentato “Il libro bianco sull’incenerimento dei rifiuti urbani”, uno studio condotto dai Politecnici di Milano e Torino e dalle Università di Trento e Roma 3 Tor Vergata. E che dà una risposta ai cultori del “No” a prescindere. Secondo la ricerca, tra l’altro, i termovalorizzatori hanno un impatto otto volte inferiore a quello delle discariche, e producono appena lo 0,03% di Pm10 e lo 0,2% di diossine (contro rispettivamente il 54% e il 37,5% delle combustioni commerciali e residenziali). Chi li ha ridotti, come la Toscana, ha dovuto poi ricorrere all’esportazione in altre regioni o addirittura all’estero. E a rimetterci, come sempre, sono le tasche dei cittadini.

Alessandro-Russo

Intervista ad Alessandro Russo, amministratore delegato del Gruppo Cap e vicepresidente di Utilitalia

L’impianto milanese a zero emissioni di CO2 che contribuirà a riscaldare 60 mila persone

“Percorso condiviso con i cittadini, la biopiattaforma consentirà di ridurre la bolletta dell’acqua e la Tari”

Alle porte di Milano, al posto dell’attuale termovalorizzatore, verrà costruito un nuovo impianto di ultima generazione, ribattezzato “Biopiattaforma”, che permetterà di trasformare i rifiuti e i fanghi di depurazione in calore e fertilizzante. Un progetto ambizioso in grado di unire in unico impianto un termovalorizzatore e un depuratore, nato dal “basso” attraverso il coinvolgimento anche di cittadini e associazioni del territorio. Per saperne di più abbiamo intervistato Alessandro Russo, vicepresidente di Utilitalia con delega al Servizio idrico, nonché presidente e amministratore delegato del Gruppo Cap, azienda interamente pubblica che gestisce il servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano.

A Sesto San Giovanni al posto del vecchio termovalorizzatore verrà realizzata una Biopiattaforma? Di cosa si tratta? Permetterà di recuperare energia dai rifiuti?
“La Biopiattaforma è un progetto unico in Italia capace di unire termovalorizzatore e depuratore in un unico impianto a zero emissioni di CO2 fossile. Si tratta di un impianto, il primo a essere costruito dopo quasi 10 anni nel nostro Paese, che consentirà la riconversione dei fanghi di depurazione in energia e fertilizzanti, e il trattamento della Forsu (che sta per Frazione umida organica, ovvero ‘l’umido’ nel gergo comune) per produrre biometano, biocombustibile a basso impatto ambientale che servirà per alimentare i veicoli aziendali e che verrà inoltre immesso nella rete di distribuzione del gas naturale. Dando uno sguardo ai dati, la Biopiattaforma valorizzerà 65.000 tonnellate di fanghi prodotti ogni anno dai 40 depuratori distribuiti sul territorio della Città metropolitana. Proprio i fanghi, che fino a oggi erano materia di scarto, in alcuni casi da portare all’estero per lo smaltimento, serviranno a produrre ben 19.500 MWh/anno di calore per il teleriscaldamento e a recuperare fosforo da impiegare come fertilizzante. In questo modo, il 75% dei fanghi verrà trasformato in energia e il 25% in fertilizzanti. La seconda linea è dedicata invece al trattamento della Forsu proveniente dai Comuni di Sesto San Giovanni, Pioltello, Cormano, Segrate, Cologno Monzese e Cinisello Balsamo. Qui grazie alle nuove tecnologie di digestione anaerobica verranno trattate 30.000 tonnellate/anno di rifiuti umidi ora affidate a strutture esterne, per la produzione di biometano. Parliamo di un impianto innovativo, che ospiterà anche un polo di ricerca avanzata che si è già assicurato un finanziamento di 2,5 milioni di euro grazie a un progetto europeo Horizon 2020”.

Che impatto avrà sull’ambiente?
“L’impianto che andiamo a costruire si avvarrà delle migliori tecnologie sul mercato per il contenimento dei fumi e degli odori che porteranno a una drastica diminuzione dell’ossido di azoto (Nox) pari a -84%, di anidride solforosa (SO2) con un -83% e della CO2 nell’ordine di un -85%, mentre grazie al potenziamento del sistema di trattamento dei fumi e dei sofisticati dispositivi di monitoraggio installati, le emissioni diminuiranno del 76%. Stesso discorso per gli odori, destinati a diminuire alla luce del fatto che la struttura non prevede il compostaggio dell’umido e sarà dotata di una doppia camera mantenuta in depressione per il caricamento della Forsu. L’area sarà inoltre circondata da nuovi spazi verdi che prevedono la piantumazione di alberi e piante, per compensare le emissioni di anidride carbonica”.

Quante abitazioni e dunque quante famiglie trarranno beneficio dall’impianto in termini di riscaldamento?
“Contribuiremo con 19.5 MWh all’anno di calore collegandoci alla rete di teleriscaldamento di Sesto, che fornisce calore a 60.000 persone. Noi daremo il nostro contributo per una parte, insieme ad altre fonti”.

Nelle prossime settimane partirà la demolizione del vecchio inceneritore e subito partiranno i lavori per il nuovo impianto che prevedete di attivare a ottobre 2022. Poco più di un anno basterà? Qualche detrattore continua a sostenere che ci vogliano 6-7 anni per realizzarne uno.
“Il progetto è frutto di un lungo e articolato percorso iniziato nel 2016 con il primo accordo tra Gruppo Cap e Core (il Consorzio recupero energetici, che gestiva il vecchio termovalorizzatore), cui è seguito lo studio di fattibilità, la progettazione preliminare, la progettazione definitiva e ora l’autorizzazione, conseguita dopo un iter durato 16 mesi che ha coinvolto decine di professionisti, tutti gli enti locali e di controllo, tecnici e università con una produzione di centinaia di elaborati. Essendo un’opera così importante per la comunità sestese, abbiamo deciso di condividere già dalle prime fasi autorizzative il progetto della Biopiattaforma con la cittadinanza, per farne capire le caratteristiche sostenibili dell’impianto e i benefici che porterà al territorio, facilitando le dinamiche dello smaltimento dei rifiuti e consentendo una diminuzione della bolletta dell’acqua e della Tari.
Il percorso partecipativo BiopiattaformaLab (di cui si possono vedere tutti gli atti sul sito biopiattaformalab.it) che abbiamo intrapreso già nel 2018, è stato un percorso costruttivo sia per la cittadinanza che per noi. L’esperienza ci ha aiutato a instaurare un clima di fiducia reciproco e di dialogo costante e trasparente con la cittadinanza che terremo vivo con i laboratori partecipativi e con il Rab, Residential advisory board, organismo consultivo autonomo e indipendente, composto da cittadini, associazioni e dalle amministrazioni interessate, che avrà il compito di monitorare e controllare l’attività e l’impatto ambientale della Biopiattaforma nella sua fase autorizzativa, realizzativa e operativa. Ora resta la parte di realizzazione del nuovo valorizzatore. La prima linea dell’impianto per il trattamento dell’umido sarà avviata alla fine del 2022, mentre la linea fanghi nel 2023. Il più è fatto, ma il percorso è stato lungo, dal concepimento dell’idea progettuale alla sua realizzazione passeranno esattamente sette anni, proprio lo spazio di tempo che ha citato poco fa”.

Recentemente Utilitalia ha pubblicato un rapporto da cui si evince che le Regioni dove i termovalorizzatori sono stati ridotti hanno poi dovuto fare ricorso all’esportazione di rifiuti, con costi più alti per i cittadini e maggiore inquinamento, a causa del via vai di Tir carichi di spazzatura. È sostenibile, da un punto di vista economico oltre che ecologico, un sistema di gestione senza termovalorizzatori?
“Con le tecnologie attualmente a disposizione, no. I termovalorizzatori sono fondamentali per evitare che i rifiuti non riciclabili e gli scarti del riciclo vengano smaltiti in discarica. L’Ue ha fissato al 2035 gli obiettivi del riciclaggio effettivo pari al 65% e della riduzione del ricorso alla discarica al di sotto del 10%; la tecnologia del recupero di energia tramite incenerimento può fornire un valido contributo. In Italia, soprattutto al Centro e al Sud, si registra una carenza impiantistica e, se non si inverte questa tendenza, continueremo a ricorrere in maniera eccessiva allo smaltimento in discarica: attualmente ci attestiamo al 20%. I dati dimostrano che la raccolta differenziata e gli impianti non sono due elementi contrapposti, anzi: i territori che registrano le percentuali più alte di raccolta differenziata, non a caso, sono proprio quelli in cui è presente il maggior numero di impianti”.

 

Antonio Leo

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