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Abbandono scolastico, dramma sociale

Abbandono scolastico, dramma sociale

Abbandono scolastico, dramma sociale

PALERMO - Il Mezzogiorno e, soprattutto, Campania, Calabria e Sicilia, presentano tassi di abbandono scolastico assai più elevati che nel resto del Paese: nel 2020, ultimo anno per cui sono disponibili i dati, gli early leavers meridionali erano il 16,3% a fronte dell’11,2% delle regioni del Centro-Nord.

È quanto emerge dal Rapporto Svimez 2021, pubblicato lo scorso 30 novembre. Analizzando il capitolo otto del rapporto dal titolo: “Istruzione e Mezzogiorno”, si legge che tra i fattori che determinano l’abbandono un ruolo importante riguarda la concentrazione degli studenti più fragili nelle stesse scuole, tipicamente gli istituti professionali; ragazzi poco motivati si ritrovino in classe insieme a compagni con le stesse difficoltà, non trovando stimoli alternativi da cui trarre ispirazione.
Sulla dispersione incide non poco anche la condizione socioprofessionale dei genitori. La scuola, dunque, non sembra in grado di far fronte alle lacune di chi proviene da situazioni più svantaggiate.

In particolare, in Sicilia, la percentuale dei giovani che abbandonano prematuramente gli studi (Dati anno 2020) sono il 19,4% (totale), di cui il 23,4% uomini e il 15,1% sono donne. Il Mezzogiorno attesta la sua percentuale di abbandono al 16,3% (totale) contro una percentuale del Centro-Nord dell’11,2 (totale).

Nel rapporto si legge, inoltre, che l’Italia è tra i paesi con la popolazione meno istruita anche con riferimento alle generazioni più giovani: tra i 25-34enni solo il 28,9% è in possesso di un titolo terziario, mentre la media Ue 27 è al 40,5%. E ancora, si guardi al divario in termini di spesa pro capite per studente: al Sud è quattro volte inferiore (346 euro per bambino a fronte di 1.210 nel Centro-Nord).

Ed ancora, altre diseguaglianze sul territorio nazionale osservate: nel Mezzogiorno è molto meno diffuso l’orario prolungato nella scuola d’infanzia (5,3% dei bambini), e, viceversa più diffuso l’orario ridotto (19,7%) rispetto al Centro-Nord (17,3% e 3,6% rispettivamente i bambini ad orario prolungato e ridotto) mentre nella scuola primaria la percentuale di alunni che frequentano a tempo pieno è più bassa nelle regioni meridionali (17,6%) rispetto al resto del Paese (47,7%).

Non da ultimo, tra le analisi del rapporto si considerano gli squilibri emersi a seguito della pandemia e l’uso della Dad, la didattica a distanza. Da una panoramica generale sui dati Invalsi risulta che l’8% degli studenti (circa 38.300) non possiede in casa né un computer per studiare né una connessione a Internet, mentre il 5,2% (circa 25.097 studenti) non può usufruire tra le mura domestiche né di un posto tranquillo per studiare né di una scrivania per fare i compiti. Inoltre, solo il 25,2% degli studenti ha almeno un genitore con titolo di studio superiore al diploma, meno del 10% ha entrambi i genitori laureati mentre il 53,5% non ha nessuno dei genitori che lavora utilizzando dispositivi tecnologici.
“Finanziare la scuola e il sistema dell’università e della ricerca, cercando di intervenire in maniera capillare sulle difficoltà che riguardano i diversi territori, può essere il vero motore di ripartenza per il Paese”: è quel che propone e auspica la Svimez su questo fronte.

Le cose non vanno meglio nell’ambito del Digital divide, a cui il rapporto dedica il capitolo 15. Anche se l’Isola riserva qualche sorpresa. Secondo il Rapporto Digital Economy and Society Index, l’Italia nel 2020 si colloca al quartultimo posto a livello europeo rispetto alla dimensione «Connettività». L’accesso alla fibra fino a casa raggiunge il 34,7% delle famiglie residenti nelle regioni del Centro, il 34,2% delle famiglie del Nord-Ovest e il 26,76% delle famiglie del Mezzogiorno. Per quanto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali da parte delle imprese, il Mezzogiorno mostra un forte ritardo.
In particolare, la performance del Sud risulta essere la peggiore in 5 casi su 7: in relazione all’uso dei sistemi ERP, all’uso dei social media, all’uso dei big data, all’acquisto di servizi cloud e alla quota di fatturato derivante dalle vendite on line.

Tuttavia, se si considerano specifici indicatori si rilevano alcune prestazioni regionali degne di nota. Per esempio, è vero che il Mezzogiorno si conferma come la ripartizione geografica con i risultati meno lusinghieri per quanto riguarda il ricorso al cloud, ma i dati della Puglia e della Sicilia (61,8% e 65,1%, rispettivamente) sono superiori a quelli medi nazionali.
Resta il fatto che nel 2020 la percentuale di individui che hanno usato regolarmente Internet in Sicilia si è assestata al 69%, avvicinandosi alla media del Mezzogiorno pari al 70%, contro una media del Centro pari all’80%, del Nord-Est pari all’82% e al Nord-Ovest dell’79% e contro una media nazionale del 76% e una media europea del 85%. Peggio della Sicilia solo Puglia, Basilicata e Calabria (67%).

Francesca Fisichella

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