Quasi 20mila abitanti in un anno. È la misura dello spopolamento registrato in Sicilia nel 2023 e la conferma di come, messe da parte le bellezze naturali, la cucina e la retorica sul clima, che invece dovrebbe iniziare seriamente a preoccupare sul fronte della desertificazione e della siccità, le condizioni di vita nell'isola – specialmente sul fronte del lavoro – continuano a non essere sufficienti per convincere a rimanere.
Al 31 gennaio in Sicilia poco meno di 4.800.000 residenti
I dati arrivano dall'ultimo aggiornamento Istat e dicono che al 31 gennaio di quest'anno i residenti in Sicilia erano poco meno di quattro milioni 795mila persone. Di questi oltre 200mila sono stranieri. Una presenza che, se analizzata sul fronte dei flussi migratori, dice che sono proprio gli arrivi dall'estero a tenere la bilancia demografica quasi in pari: il tasso migratorio da fuori i confini nazionali, e calcolato tenendo conto dei dati relativi ai trasferimenti di residenza, dice che nel 2023 è stato positivo per un valore di 3,4 per mille, con un picco in provincia di Ragusa, dove il tasso è stato del 10,2.
Le nascite continuano a essere minori dei decessi
Dai dati pubblicati da Istat, emerge come nella nostra regione le nascite continuino a essere minori dei decessi: nel 2023, sono nati 7,4 bambini ogni mille abitanti, a fronte di 11,7 morti. Un deficit che interessa tutte le province seppure con differenze minori a Ragusa e Catania, dove lo scarto tra il numero di decessi e quello delle nascite è rispettivamente del 2,7 e del 2,5 per cento. Concentrandosi sulle nascite, il dato che emerge è la riduzione percentuale rispetto al 2022: la flessione è stata infatti del 3,7 per cento tenendo in considerazione il dato regionale, con una metà media del primo parto fissata a quasi 32 anni. Per quanto riguarda, invece, l'aspettativa di vita in Sicilia gli uomini sfiorano gli 80 anni, con alcune province – è il caso di Ragusa, Palermo, Trapani e Catania – dove il traguardo viene superato, mentre le donne mediamente arrivano oltre gli 83 anni e mezzo.
Guardando alla ripartizione della popolazione nelle fasce d'età comprese tra 0 e 14 anni, tra 15 e 64 e dai 65 in poi, la Sicilia registra dati in linea con la media nazionale. Con una leggera maggiore presenza di giovanissimi (13,1%) e un minor numero di anziani rispetto al resto del Paese: nell'isola gli over 65 rappresentano il 23,2 per cento dei residenti, mentre al livello nazionale la percentuale è del 24,3.
Lo spunto principale di riflessione, segnalato nel proprio rapporto da Istat e riguardante tutta l'Italia, si registra nello spopolamento delle aree interne, rispetto alle grandi città e alle località costiere che, tradizionalmente, finiscono per offrire servizi maggiori: dalla scuola alla sanità, senza tralasciare le infrastrutture. “Le aree interne sono caratterizzate, nel lungo periodo, da un progressivo invecchiamento e declino della popolazione che rischiano di esasperare gli elementi di fragilità già presenti in questi territori”, è l'allarme di Istat. Dall'Istituto si mette in luce come il 2023 si è chiuso con una età media nelle aree interne di oltre 47 anni, dove si registra rispetto ai centri oltre l'un per cento in più di over 65.
La situazione è particolarmente delicata nel Sud del Paese
E il dato trova conferma anche concentrandosi sulla Sicilia. In provincia di Caltanissetta, per esempio, si registra il tasso migratorio interno negativo più alto d'Italia: nel 2023, infatti, ogni mille abitanti 7,1 hanno trasferito la residenza in un Comune italiano ricadente in altre regioni o, se in Sicilia, in altre province.
Alti tassi di migrazione interna si sono registrati anche a Enna (-5,9 per mille) e Agrigento (-5,1 per mille), mentre le flessioni sono più lievi nelle altre province. Nel complesso l'isola ha registrato un tasso di migrazione interna – e dunque di trasferimento delle residenze fuori dalla Sicilia – di 3,3 ogni mille abitanti. L'indice delle migrazioni interne ribadisce come le regioni del centro e nord dell'Italia continuano ad accogliere persone provenienti dal Meridione e dalle principali isole: nel primo caso si segna un tasso positivo dello 0,5 per cento, mentre per quanto riguarda il Settentrione, nella parte nord-ovest il tasso è stato dell'1,9 e del 2,3 in quella nord-orientale.
“Le aree interne del Mezzogiorno – si legge nel rapporto Istat – evidenziano una perdita complessiva pari a circa 35mila residenti (-4,9 per mille), più consistente soprattutto nelle zone periferiche e ultraperiferiche (rispettivamente, -18mila e -4mila), con variazioni relative pari a -6,1 e -8,3 per mille rispetto all’anno precedente. Complessivamente, il calo della popolazione nelle aree interne del Mezzogiorno ha interessato quattro Comuni su cinque”.
1 Commenti
Antonio
Le fonti a cui fate riferimento non è attendibile inutile dare dati sottostimati