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Dispersione scolastica, Sicilia “regina” d’Italia

Dispersione scolastica, Sicilia “regina” d’Italia

Dispersione scolastica, Sicilia “regina” d’Italia

Quasi un giovane siciliano su cinque abbandona gli studi con al massimo il diploma di scuola secondaria di primo grado, vale a dire la licenza media.

Ancora non è in possesso di qualifiche professionali con corsi della durata di almeno 2 anni, non frequenta corsi scolastici né svolge attività formative.

In Sicilia, secondo i dati Istat relativi al 2020, la dispersione scolastica arriva al 19,4%, ben oltre la media nazionale, che si ferma al 13,1%. Con questi numeri, la regione è ampiamente la peggiore della penisola, seguita dalla Campania, al 17,3%, e dalla Calabria, al 16,6%.

Quadro che si aggrava se si considera anche la grande difficoltà della Regione Siciliana nel garantire il varo dei corsi della cosiddetta istruzione e formazione, che servono ad assolvere l’obbligo scolastico e per far avere una qualifica ai ragazzi che decidono di non proseguire il percorso di studi.

Abbandonano più maschi che femmine

Per comparto territoriale, è il Mezzogiorno a segnare i dati peggiori, al 16,3%, seguito dal Centro, all’11,5%, e dal Nord, all’11%, anche se in questo comparto troviamo Bolzano al 14,2%.

Unica nota positiva, secondo la banca dati Istat la dispersione scolastica nel 2004 era addirittura del 30%, per cui in 15 anni si è ridotta di circa 10 punti percentuali.

In termini di genere, sono sempre i giovani maschi a segnalare una dispersione maggiore: nel 2020, hanno abbandonato gli studi il 23,4% degli alunni di sesso maschile e il 15,1% delle alunne di sesso femminile.

Incide l’aumento della povertà

Una delle cause, purtroppo, secondo il recente rapporto di Save the Children in Sicilia, è l’aumento della povertà tra i minori, che gioco forza mette a rischio i percorsi educativi, con una dispersione scolastica al 21,2% a fronte di una media nazionale del 12,7%.

Nel rapporto si distingue tra dispersione “esplicita”, ossia l’insieme di comportamenti e atteggiamenti messi in atto dai ragazzi volti ad evitare la scuola, e la dispersione “implicita”, ossia quella fetta di ragazzi che non raggiungono i livelli di competenza previsti nel corso dei 13 anni di scuola, anche se hanno conseguito il diploma.

Neet

Anche prendendo in esame la percentuale dei Neet (giovani che non studiano e non lavorano), che in Italia è del 23,1%, in regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i 15-29enni nel limbo hanno addirittura superato i coetanei che lavorano (3 giovani Neet ogni 2 giovani occupati). Anche nel caso della dispersione “implicita” si rileva una forte disparità geografica.

La formazione è una strada

Per questi giovani, una strada potrebbe essere la formazione professionale, che permetterebbe di acquisire competenze più vicine alle necessità immediate di inserirsi nel mondo del lavoro. Proprio per contrastare la dispersione e gli abbandoni scolastici e dare adeguato sostegno al successo formativo, è stato siglato pochi mesi fa l’accordo tra il ministero dell’Istruzione e la Regione Siciliana per le iscrizioni on line degli studenti e per il monitoraggio delle frequenze nei percorsi di istruzione e formazione professionale.

Gli enti: "Siamo in ritardo"

Ma dal suo canto il governo siciliano fatica nel varo dei corsi dell’istruzione e formazione, stando a quanto raccontano le associazioni rappresentative degli enti che si ritrovano ad affrontare ritardi e disagi. “Anzitutto non c’è mai un allineamento tra la partenza delle scuole e l’inizio di questi corsi sin dai primi anni – sostiene il direttore dell’Infaop, Gabriele Albergoni -. Parliamo di ritardi di almeno uno o anche due mesi. Poi la situazione si aggrava man mano che si va negli anni successivi, quindi il terzo o peggio ancora il quarto. Da ben due anni i quarti anni non vengono organizzati dalla Regione.

Questo significa che i ragazzi non possono avere un diploma tecnico professionale. Da nostre informazioni ci risulta che i fondi ci siano, la Regione risponde che ci sarebbero delle profonde carenze di organico che creano problemi nell’organizzazione dei corsi. E’ chiaro che ci voglia anche una ferma volontà politica”.

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