GELA (CL) - La campagna di scavo avviata dalla Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Caltanissetta e dal Parco archeologico di Gela all’interno dell’area delle Mura Timoleontee di Capo Soprano ha dato importanti conferme circa la presenza di diverse strutture murarie, inquadrabili nell’ultima fase di vita della colonia rodio-cretese, databili intorno alla seconda metà del IV secolo a.C.
La missione scientifica, cui partecipano circa cento studenti, suddivisi in cinque turni di scavo, provenienti da Malaga, Cadice, Oviedo e Madrid oltre che dal Messico e dalla Russia, ma anche italiani, è coordinata dalle professoresse Lourdes Giron Anguiozar e Maria Josè Berlanga Palomo dell’Università di Malaga. La campagna è frutto di una convenzione stipulata tra le Università di Malaga, Coimbra e Cadice, il Parco archeologico di Gela, entro cui si trova l’area di scavo, e la Soprintendenza dei Beni culturali di Caltanissetta.
“Le campagne di scavo - ha sottolineato l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà - avviate sin dalla primavera in tutta la Sicilia, hanno consentito di effettuare importanti ritrovamenti, ma anche di riallacciare rapporti di collaborazione con le Università e gli istituti di ricerca di tutto il mondo. Una fitta rete di relazioni che riporta la Sicilia all’attenzione internazionale restituendo nuovo vigore alle ricerche e vitalità ai nostri parchi archeologici”.
Gli scavi, avviati il 25 giugno e tuttora in corso, hanno già consentito di individuare la presenza di diverse strutture murarie in mattoni crudi, con l’eccezionalità del ritrovamento di un ambiente quadrangolare chiuso ben definito e di altri le cui murature si presentano parzialmente integre consentendo una buona lettura planimetrica degli spazi. All’interno dell’ambiente quadrangolare, dove sono visibili due aperture, è stata ritrovata una lekythos miniaturistica acroma, ovvero un piccolo vaso che veniva utilizzato nell’antichità per conservare e versare olio profumato e unguenti. Gli interventi hanno restituito, inoltre, due insoliti elementi in pietra tenera locale la cui forma, tipologicamente, ricorda l’alabastron un particolare vaso con il corpo cilindrico allungato che conteneva unguenti.
“Si tratta di una missione molto interessante - ha sottolineato la soprintendente dei Beni culturali di Caltanissetta, Daniela Vullo, coordinatrice delle ricerche - che rafforza il dialogo con le Università spagnole e consegna nuovi importanti tasselli nella lettura dello spazio e delle presenze nell’area delle mura Timoleontee”.
I lavori sono stati effettuati sotto il controllo e la sorveglianza della Soprintendenza di Caltanissetta e con l’ausilio dell’ispettore onorario dei Beni Archeologici, Antonio Catalano.
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