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In Italia 340 mila minori al lavoro, pandemia aggrava fenomeno

In Italia 340 mila minori al lavoro, pandemia aggrava fenomeno

In Italia 340 mila minori al lavoro, pandemia aggrava fenomeno

In Italia è vietato dal 1967, ma il lavoro minorile è un fenomeno che non solo non è mai scomparso dal nostro Paese ma che la pandemia, le scuole chiuse e l'allargamento delle aree di povertà ad essa dovute, rischia di aggravare.

Sullo sfruttamento lavorativo dei minori esistono pochi dati, e soprattutto non esiste un monitoraggio continuo.

Gli ultimi dati di fonte attendibile risalgono al 2013 e sono quelli di una ricerca condotta dalla Fondazione Di Vittorio e da Save the Children, in collaborazione con l'Istat, che ha mappato in Italia una stima di 340.000 minori al di sotto dei 16 anni occupati illegalmente, vale a dire il 7% della popolazione in età di lavoro.

Sono baby sitter, aiuto camerieri, baristi, giovani braccianti o manovali, dice l'indagine dopo la quale non è stato fatto più niente. Il rischio maggiore di una presenza di bambini o ragazzi al lavoro è molto alto nelle regioni del Sud (Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna).

E, ancora, 2 su 3 dei 14-15enni con una qualche esperienza di lavoro sono maschi (il rischio è minore per le bambine), e il 7% è di nazionalità straniera. Quasi 3 ragazzi su 4 lavorano per la famiglia, aiutando i genitori nelle loro attività professionali (41%) oppure sostenendoli nei lavori di casa.

Le esperienze di lavoro di questi giovanissimi vengono svolte prevalentemente in quattro ambiti: la ristorazione, il settore agricolo, il commercio e l’artigianato.

Un ragazzo su 5 dei 14-15enni che lavorano svolgono un’attività di tipo continuativo (quasi 55.000), soprattutto in ambito familiare.

C'è poi un'area particolarmente a rischio sfruttamento: si tratta di quei minori che vengono fatti lavorare di notte (dopo le 22), o che svolgono un lavoro continuativo lavorando nelle ore serali (dalle 20 alle 22) e che magari interrompono la scuola per lavorare. I numeri evidenziati sono impressionanti: sono infatti 28.000 i ragazzi coinvolti in attività “a rischio di sfruttamento”, vale a dire l’11% dei 14-15enni che lavorano.

(ADNKRONOS)

redazione

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