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Randagismo e abbandoni, dalla Sicilia la tratta dei cuccioli senza padrone

Randagismo e abbandoni, dalla Sicilia la tratta dei cuccioli senza padrone

Randagismo e abbandoni, dalla Sicilia la tratta dei cuccioli senza padrone

Dal problema del randagismo alle difficoltà legate all'accumulo sconsiderato di esemplari, passando per l'esportazione massiccia di cuccioli. In Sicilia la cura dei cani - e degli animali in generale - rimane ancora un tema molto delicato da affrontare.

La recente approvazione all'Ars della legge regionale [2] ha contribuito all'applicazione di nuove norme per la tutela e la prevenzione del randagismo, ma nel nostro territorio si attende ancora un cambio "culturale" che fatica a concretizzarsi.

Randagismo, cucciolate le vittime principali

Certo, nell'Isola non si assiste più da tempo (come nel resto del Paese) all'abbandono di un cane ai margini di un'autostrada o all'interno di un sacco nero della spazzatura. Tuttavia, a essere lasciati al propri destino sono quelle cucciolate numerose partorite dai cani da appartamento.

"La Sicilia, così come la Calabria, la Campania e il basso Lazio, fa parte di un bacino enorme in cui si genera randagismo di questo tipo", spiega a QdS.it Meir Levy, medico veterinario dell'Enpa e già Commissario Straordinario di Enpa Catania.

Il fenomeno dell'accumulo seriale di animali

Non meno importante, come accennato in precedenza, il fenomeno dell'animal hoarding che si traduce nella tendenza, da parte di alcuni soggetti sofferenti di disturbo da accumulo compulsivo, ad accumulare animali in maniera eccessiva e ben oltre le proprie possibilità.

Emblematico, in tal senso, quanto scoperto recentemente a Scicli [3], in provincia di Ragusa, dove sono stati salvati 50 gattini rinchiusi all'interno di un garage.

"Nel giro di un paio d'anni c'è chi riesce ad accumulare anche 60-80 animali, è una cosa molto comune. Ma ci sono anche dei soggetti che arrivano ad avere con sé fino a 200-220 cani", sottolinea il veterinario. "Solo in Sicilia conosco 12 situazioni simili e chi lo fa non sa nemmeno come disporre del cibo per questi animali. C'è chi viene a bussare alla nostra porta quotidianamente".

Canili sanitari, la prassi da seguire

La legge 281/1991 [4], applicata a partire dal 1994, "promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione", condannando "gli atti di crudeltà", i "maltrattamenti" e "l'abbandono". Tale prescrizione ha previsto il risanamento dei canili comunali, con l'obbligo per i Comuni di dotarsi di una struttura per animali o di convenzioni con una di esse.

"I cani randagi devono stare in rifugio in canile sanitario per 60 giorni prima di essere adottati. In alcuni casi, però, il cane entra e non esce mai. Addirittura, quando muore, non viene denunciato. Ma in quel caso parliamo di forme di delinquenza".

Microchippatura, Comuni inadempienti

"La prassi sanitaria prevede la vaccinazione, la sterilizzazione e la microchippatura dell'animale. Alcuni Comuni della Sicilia non sono propensi a tutto ciò per la presenza di alcune persone in difficoltà. Pertanto, il budget contro il randagismo viene a mancare".

"A quel punto - prosegue Levy - sono i cittadini a fare ciò che non possono le istituzioni". Questo, però, comporta delle spese non indifferenti in particolare in ambito medico e sanitario: "Per assurdo, i prezzi del veterinario privato sono più alti in Sicilia rispetto a quanto possano costare a Perugia o a Roma".

"Tutto questo fa sì che la gente non si fidi, con i cani che sfornano cucciolate su cucciolate. Nessuno abbandona mai la madre, ma i cagnolini sì".

"Alcuni Comuni non vogliono microchippare il cane perché non intendono assumersi la responsabilità in caso di comportamenti aggressivi di quell'animale. Il proprietario del cane in quel caso diventerà il Comune e dovrà rispondere al cittadino per l'eventuale risarcimento".

La migrazione verso il Nord

Particolarmente grave è anche il problema delle migrazioni dei cuccioli dalla Sicilia verso le Regioni del Nord Italia. "Vengono esportati dei cani dal Sud e condotti al Centro-Nord, perché qui mancano i cani. Le famiglie che vengono nei rifugi non trovano cani piccoli".

"La Sicilia è ancora il nostro bacino principale di fornitura di cuccioli. Partiamo di molte migliaia di cuccioli, 10mila-13mila esemplari all'anno che partono solo dalla parte orientale dell'Isola. Altrettanti provengono dal Palermitano e dal Trapanese, sono numeri enormi", sottolinea ancora il veterinario.

In Sicilia orientale aumentano gli abbandoni

Per quanto riguarda il problema dell'abbandono di animali la Sicilia orientale, è Stefania Raineri della sezione Enpa di Acireale (Catania) a fornirci una testimonianza significativa.

Nel corso dei primi sei mesi del 2022 i dati sono abbastanza preoccupanti: "Purtroppo sono aumentate le rinunce di proprietà e gli abbandoni. Il risultato è anche frutto di adozioni poco accurate avvenute durante il lockdown".

"Allo stato attuale - sottolinea - le adozioni hanno avuto un calo di oltre il 50% e molte di queste riguardano cani e gatti costretti a fare da 'migranti' verso il Nord dove è più marcata la cultura dei cani meticci da 20 e più chili o gatti nostrani".

"Le richieste di adozioni che arrivano dalla Sicilia - prosegue Raineri - hanno quasi sempre lo stesso standard: cani di piccola taglia o di razza. Manca la cultura degli animali, così come non si è fatto un sostanziale e risolutivo passo verso le catture per sterilizzazioni e i troppi cani liberi nel territorio non aiutano".

Strutture piene di animali

"I canili - prosegue - sono quasi tutti privati e solo pochi hanno delle vere e corpose collaborazioni con i volontari che ad oggi sono l'unica fonte per trovare le adozioni. Il risultato è strutture piene di creature".

"Da parte del Governo regionale ci sono stati dei passi legislativi che spingono a che cambi questo stato di cose e adeguarci finalmente a quanto di risolutivo fatto al Nord Italia in tema di randagismo".

"Staremo a vedere, ma al momento divieti, regole e sanzioni senza gli interventi sostanziali con strutture comunali, con fondi reali, personale preparato a catture e valorizzando le attività del volontariato, possono lasciare la situazione del tutto invariata nonostante le buone intenzioni", conclude la responsabile.

 

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