Risultati deludenti per la Sicilia sul fronte dell’agricoltura, che quest’anno viene esclusa totalmente dal programma Spighe Verdi attraverso l’eliminazione di Ragusa. Quest’ultima si era aggiudicata l’ambito riconoscimento nel 2021.
In Sicilia nessuna Spiga verde, di cosa si tratta
FEE Italia (Foundation for Environmental Education), ideatrice del programma Spighe Verdi, spiega che si tratta di un riconoscimento pensato per guidare i Comuni rurali con l’obiettivo di scegliere strategie di gestione del territorio al fine di migliorare l’impatto sull’ambiente e sulla qualità della vita dell’intera comunità. Sostenibilità è la parola chiave del progetto che si basa su indicatori (tra cui coinvolgimento pubblico, innovazione in agricoltura o ancora valorizzazione delle aree turistiche) condivisi anche da Confagricoltura. In questa sesta edizione sono 63 le località rurali premiate con 7 nuovi ingressi e 3 Comuni non confermati (tra cui Ragusa appunto).
Con questa esclusione, non vi è nemmeno un accenno alla Sicilia e allora resta da chiedersi: a che punto è l’agricoltura nell’isola? Abbiamo sentito il Presidente di Confagricoltura Ragusa, Antonino Pirrè, per fare il punto.
Ragusa esclusa dalle Spighe Verdi
“Per quanto riguarda il comune di Ragusa, l’esclusione è stata determinata dalla mancata presentazione da parte degli uffici dei documenti necessari per la candidatura e non dal cambiamento delle condizioni che hanno permesso, negli scorsi anni, di ottenere il prestigioso riconoscimento che premia i comuni virtuosi sul versante dello sviluppo rurale sostenibile. Quindi il territorio di Ragusa non ha perso i requisiti per essere annoverato tra i comuni Spighe Verdi, c’è stato qualcosa che è andato storto dal punto di vista burocratico e ci risulta che il sindaco si stia adoperando per fare tutte le verifiche del caso con i funzionari responsabili”.
L’area iblea come “modello di sviluppo rurale sostenibile”
“Il comune di Ragusa e, più in generale, l’area iblea rappresentano un modello di sviluppo rurale sostenibile, in cui il patrimonio rurale è tutelato e valorizzato, oltre a rappresentare motore di economia. C’è un rapporto equilibrato e fattivo tra comuni, rappresentanze degli imprenditori agricoltori e comunità locali. Sicuramente un modello che ha i suoi limiti e le sue lacune, noi di Confagricoltura diamo costantemente il nostro contributo interagendo con tutte le autorità istituzionali preposte per la gestione armonica e ottimale del comparto agricolo e delle sue problematiche. Di recente, ad esempio, abbiamo chiesto la pulizia dei corsi dei torrenti e dei canali ostruiti per evitare futuri problemi di esondazioni e allagamenti quando arriveranno le piogge”.
Perdere il riconoscimento è un peccato...
“Ci aspettiamo che i soggetti responsabili si adopereranno quanto prima e vigileremo in tal senso. Ritengo che il nostro territorio, ripeto, con tutti i limiti del caso, sia un modello esemplare, malgrado il mancato riconoscimento di quest’anno. Le buone pratiche ambientali che mettono al centro l’agricoltura nella difesa del paesaggio, nella tutela della biodiversità e nella produzione di alimenti di qualità c’erano l’anno scorso e ci sono anche quest’anno. Malgrado la grave inadempienza del comune che ha portato a perdere il riconoscimento”.
In che modo può avvenire la rivoluzione culturale nel caso specifico della Sicilia?
“Per noi di Confagricoltura le sfide cruciali prioritarie per il settore agricolo ragusano e siciliano in questa fase storica ed economica davvero complessa sono chiare: siccità, sicurezza alimentare, gestione degli effetti della crisi Ucraina, necessità di una food policy che abbia come obiettivi la produzione sostenibile di maggiori prodotti con medesima superficie e numero di capi, l’innovazione, di processo e di prodotto (che comprenda l’ agricoltura 4.0, l’Internet of Things (IoT), l’Intelligenza Artificiale (IA), la robotica e i Big Data); ruolo sempre più importante delle rinnovabili, nuova PAC che dovrebbe tornare ad essere una politica che garantisca il reddito degli agricoltori: oggi agli agricoltori viene chiesto maggiore impegno, destinando loro meno risorse”.
La condizione delle aziende agricole: in Sicilia c’è ancora molta strada da fare
“Per quanto riguarda la manodopera, le aziende agricole hanno bisogno di manodopera qualificata, con una giusta remunerazione che soddisfi il lavoratore e che, nel contempo, sia ritenuta compatibile con la sostenibilità economica delle imprese agricole”.
“C’è bisogno di un maggior impegno da parte di tutte le istituzioni, con le quali abbiamo un rapporto di costante e fattiva collaborazione, nell’ascoltare le sollecitazioni che arrivano da parte degli imprenditori agricoli che creano ricchezza e lavoro nel nostro territorio. Confagricoltura è in campo nel guidare e supportare il sistema agricolo verso una maggiore competitività, resilienza e sostenibilità, mediante le direttrici della ricerca scientifica, dell’innovazione tecnologica e della formazione. In Sicilia molto ancora rimane da fare e i fondi del PNRR rappresentano una straordinaria opportunità che non va in alcun modo sprecata. Noi daremo il nostro contributo di operativo e di idee come abbiamo sempre fatto”.
Spazio all’innovazione: in che modo?
“In Sicilia per spingere verso l’innovazione, le dico che bisogna fare un lavoro metodico e aperto nel costruire processi sinergici tra soggetti diversi come quello che stiamo facendo da anni con Confagricoltura Ragusa. Dare corpo all’innovazione mettendo in relazione e dando risposte concrete e condivise ai problemi. Voglio farle tre esempi di progetti promossi e sostenuti dalla nostra Organizzazione sul territorio sul versante del lavoro e della produzione di energie sostenibili:
sostegno tecnico alle imprese per la realizzazione di impianti di biometano. Da mesi stiamo lavorando attivamente per sostenere gli imprenditori iblei che intendono dotarsi di impianto di biometano offrendo la necessaria consulenza tecnica;sostegno alla nascita della prima comunità energetica agricola italiana con Enel X e Bapr, in cui le aziende agricole associate condividono energia pulita prodotta localmente, riducendo le emissioni di CO2 e beneficiando di incentivi economici da parte dello Stato;sostegno alla piattaforma digitale ET LABORA a cura del Centro per l’Impiego di Ragusa per far incrociare domanda e offerta di lavoro. La nostra Organizzazione sta aiutando il CPI di Ragusa nella promozione dello strumento digitale presso le aziende agricole, per un’agevole gestione delle esigenze di organico delle imprese, offrendo lavoro qualificato a chi è in cerca di occupazione”.
Lo stesso aggiunge: “L’innovazione culturale non si crea con le parole, ma costruendola concretamente, mattone dopo mattone, giorno dopo giorno. Partendo da processi semplici ma che necessitano costanza e tanta pazienza”.
Diversi sono gli indicatori di cui tiene conto il programma Spighe Verdi. La Sicilia che livello vanta in questi indicatori? Quali i punti da rafforzare e quelli in cui è totalmente carente?
“La Sicilia ha bisogno di pensare in grande, e per poterselo permettere deve dimostrare di avere il coraggio di cambiare. Come le dicevo prima, i fondi del PNRR rappresentano un’occasione preziosa per ripensare le politiche pubbliche che, se sapranno cogliere questa opportunità, avranno la possibilità di creare nuove infrastrutture, nuovi modelli e pratiche virtuose. Un cambiamento che non dovrà essere imposto dall’alto ma, al contrario, dovrà coinvolgere tutti i soggetti che rappresentano il territorio. Uno sviluppo sostenibile e partecipato. Il tema della partecipazione delle istituzioni periferiche e delle rappresentanze delle imprese e del lavoro alle decisioni che determineranno questo nuovo corso virtuoso è uno snodo essenziale per il futuro della Sicilia che ha tanti problemi annosi e strutturali da risolvere”.
Agricoltori al centro della tempesta e imprese in affanno
Pirrè conclude: “Gli agricoltori siciliani e italiani sono al centro della tempesta perfetta: la guerra ha acuito i problemi della sicurezza alimentare e dell’emergenza climatica. L’agricoltura continua a fare la sua parte, ma senza politiche e strategie lungimiranti, le imprese non reggeranno ancora a lungo. Occorre definire al più presto un modello agroalimentare insieme a tutta la filiera e valorizzare nei consessi internazionali la posizione italiana, è tempo di una politica globale per l’alimentazione. A livello europeo si è ancora lontani dalla definizione di un’agenda politica capace di essere al passo con i tempi”.
“Gli ultimi quarant’anni di politica agricola europea hanno modificato la Pac da politica economica a politica sociale. Eppure l’agricoltura è un settore performante, nonostante i dati Istat riportino un calo del numero di aziende del 50% negli ultimi anni. Ma le imprese che rimangono sul mercato sono quelle più strutturate, anche perché aumenta la dimensione media. Le attuali norme stringenti sull’agroalimentare del Green Deal europeo porteranno inevitabilmente a una diminuzione della produzione e all’aumento dei prezzi, a vantaggio dell’importazioni insalubri e di scarsa qualità da Paesi extracomunitari non sottoposti alle stringenti norme della Ue. Il nostro appello è a non stare fermi, a non sprecare ulteriore tempo, perché la strada è in salita”.
“Il forte aumento dell’inflazione e dei costi di produzione, oltre all’inevitabile rialzo dei tassi di interesse, rischiano di innescare una fase recessiva, bloccando così la ripresa economica avviata lo scorso anno. È arrivato il momento di scelte coraggiose, a Bruxelles come a Roma e a Palermo: l’agricoltura vuole coltivare certezze, attraverso alti principi etici e uno sguardo rivolto al futuro delle imprese”.
Chiara Gangemi ( Quotidiano di Sicilia)
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