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Centri commerciali, si consuma l’agonia della grande distribuzione

Centri commerciali, si consuma l’agonia della grande distribuzione

Centri commerciali, si consuma l’agonia della grande distribuzione

di Michele Giuliano -

PALERMO - E se la chiusura dei centri commerciali nei giorni festivi alla fine fosse una misura pro assembramento? Sarebbe un vero paradosso ma la tesi è quella che sostiene l’associazione degli “Operatori delle gallerie dei centri commerciali”. Tanto da decidere di prendere carta e penna e scrivere una lettera alle massime autorità dello Stato.

Un grido d’allarme che parte sostanzialmente dalla Sicilia, se si considera che il coordinatore di questa associazione, che comunque è di riferimento nazionale, è il palermitano Giovanni Felice, 64 anni, volto conosciuto per le sue battaglie a sostegno degli operatori commerciali siciliani. “Questo provvedimento delle chiusure nei festivi (contenuto nel Dpcm del 3 dicembre, ndr) - afferma Felice - coinvolge oltre un milione di addetti e non è previsto alcun ristoro per le aziende”.

La lettera è stata inviata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, al ministro degli Interni Luciana Lamorgese ed al ministro della Salute Roberto Speranza. L’associazione degli “Operatori delle gallerie dei centri commerciali” ha chiesto la revisione del Dpcm nella parte che riguarda la chiusura nei festivi e prefestivi dei centri commerciali.

“La salute dei cittadini è il principale valore da preservare – ha dichiarato il coordinatore dell’associazione Giovanni Felice - ed è proprio per questo motivo che non si capisce il perché chiudere i centri commerciali. La chiusura dei centri commerciali non comporta il divieto alla potenziale clientela di fare acquisti nei giorni prefestivi e festivi, conseguentemente i cittadini che decidono di dedicarsi allo shopping saranno gli stessi di quando i centri commerciali sono aperti con la differenza che avranno a disposizione una possibilità minore di scelta, ed inevitabilmente come accaduto negli ultimi week end, si riverseranno nei centri storici o nelle strade ad alta densità commerciale dove, dando per scontato l’ovvio rispetto delle regole anti covid da parte dei commercianti, non sarà possibile il controllo anti assembramento nelle strade dello shopping”.

Nella lettera l’associazione ricorda che i centri commerciali hanno una delimitazione con mura di cinta, accessi determinati e controllabili, servizi di portierato da potere destinare al rispetto delle norme antiassembramento nelle parti comuni, e la responsabilità dei singoli gestori dei punti vendita. Quindi l’apertura dei centri commerciali può essere ulteriormente disciplinata e prescritta ma offrirebbe maggiori garanzie dal punto di vista anti covid. “Ricordiamo inoltre che tali strutture - aggiunge la missiva - hanno un loro sevizio d’ordine che potrebbe essere finalizzato alla verifica sull’applicazione delle norme anti covid-19. Ogni centro commerciale, tra personale diretto ed indiretto, spesso supera il migliaio di addetti e quindi il provvedimento di chiusura dei centri commerciali arreca un danno ad oltre un milione di operatori tra lavoratori autonomi e personale che in buona percentuale opera in regime di contratti a termine”.

“Il governo Italiano - conclude Giovanni Felice - ha sempre annunciato che, alla chiusura delle attività coinvolte sarebbe seguito un intervento a sostegno di queste aziende. Nel caso specifico tutto ciò non risponde al vero. Le attività commerciali, in special modo quelle più piccole che operano all’interno dei centri commerciali, con il provvedimento in parola stanno subendo un danno nettamente superiore a quello subito con la chiusura del periodo marzo-maggio avendo in cambio, e non sempre, ristori nettamente inferiori”.

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