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L'inflazione in Sicilia ha bruciato quasi 9 miliardi in due anni

L'inflazione in Sicilia ha bruciato quasi 9 miliardi in due anni

L’inflazione in Sicilia ha bruciato quasi 9 miliardi in due anni

PALERMO - L’inflazione cavalcante ha causato enormi perdite economiche alle famiglie siciliane negli ultimi due anni.

Secondo i dati della Banca d’Italia, Istat e Commissione europea, elaborati dall’ufficio studi della Cgia di Mestre, nel 2022 sono stati persi, in termini di potere di acquisto, quasi 5 miliardi e mezzo di euro in termini di risparmi, intesi come conti correnti e depositi bancari.

Per il 2023, la stima è di quasi 3 miliardi e mezzo di euro, per un totale di quasi 9 miliardi di euro in soli due anni. Per singola famiglia, la cifra stimata in perdita è di 4.460 euro.

Si tratta, in termini pratici, di oltre 2 mila euro l’anno, che corrispondono ad oltre una mensilità media. Con questi numeri, la regione si pone all’ottavo posto tra le regioni italiane con le perdite complessive più ingenti.

La perdita per famiglia si pone ben al di sotto della media nazionale, che sale a 6.338 euro. Ma, andando oltre le semplici cifre, il quadro generale non è per nulla positivo, all’interno di una crisi economica che rischia, in questo modo, di fermare del tutto i consumi e quindi, in un circolo vizioso, aggravare se stessa.

Per macroaree, il Centro segna i numeri minori, con una perdita stimata nel biennio di quasi 32 miliardi di euro, seguito dal Nord Est, con 38 miliardi, e il Mezzogiorno, a 42 miliardi; i peggiori risultati riguardano il Nord Ovest, con 51 miliardi e mezzo di euro. Di questi, 33 miliardi sono da ascrivere alla sola Lombardia. Per il 2022 è stata applicata un’inflazione pari al +8,1% su base nazionale.

Si tratta dell’indice Nic dell’Istat che indica i prezzi al consumo per l'intera collettività e si riferisce alla generalità dei consumi delle famiglie presenti in Italia. A livello regionale e ripartizionale si è fatto riferimento ai dati territoriali sempre dell’indice Nic: nel 2022 l’inflazione a livello regionale è variata da un minimo del +6,9% in Valle d’Aosta ad un massimo del +9,7% in Sicilia.

A livello di ripartizioni l’inflazione è stata massima nel Mezzogiorno (+8,7%), seguita dal +8,6% del Nord Est, dal +7,9% del Centro, e minima al Nord-ovest (+7,8%).

Per il 2023, invece, è stata applicata a tutti i territori l’inflazione del +6,1%, secondo le ultime previsioni della Commissione Europea, pubblicate il 13 febbraio scorso. Se si guarda alle singole province nel panorama nazionale, Trapani e Siracusa si trovano nelle ultime posizioni in classifica, con una spesa aggiuntiva per famiglia che va da 3.595 euro ai 3.842 euro; la provincia con i dati peggiori è Messina, con una spesa aggiuntiva per famiglia di 4.867 euro, e una perdita stimata nel biennio di quasi un miliardo e mezzo di euro. A livello nazionale, la perdita di potere di acquisto stimata è di quasi 164 miliardi di euro.

Un aiuto alle famiglie, secondo la Cgia di Mestre, potrebbe arrivare dalle banche: con un tasso di interesse praticato dalla Bce che lo scorso dicembre si è attestato per quasi tutto il mese al 2%, il tasso attivo, cioè il “guadagno” del risparmiatore, si è attestato allo 0,12%.

“Se le banche tornassero a riconoscere un leggero aumento dei tassi attivi sulle somme libere depositate nei conti correnti – sostengono dalla Cgia - la clientela potrebbe almeno coprire i costi fissi. Cosa, invece, che è stata praticata dagli istituti sulle somme vincolate, anche se, molto spesso, per tantissimi correntisti districarsi tra un ‘mare’ di offerte è estremamente difficile. Uno sforzo economico, quello che dovrebbero sostenere le banche se ritoccassero all’insù i tassi sui risparmi non vincolati, tranquillamente sostenibile, visto che nell’ultimo anno le cose sono andate molto bene”.

I cinque più importanti istituti nazionali - Intesa, Unicredit, BancoBpm, Monte Paschi e Bper - hanno chiuso il 2022 con utili netti pari a 12,7 miliardi. Un aumento del 65% rispetto al 2012.

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