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Pmi, Unioncamere, la digitalizzazione in Sicilia resta ancora un miraggio

Pmi,  Unioncamere, la digitalizzazione in Sicilia resta ancora un miraggio

Pmi, Unioncamere, la digitalizzazione in Sicilia resta ancora un miraggio

di Marco Carlino -

ROMA - Le piccole medio imprese viaggiano sempre più verso un’economia 4.0, ma in Sicilia la “digital transformation” procede ancora molto lentamente. Questo è quanto emerge da uno studio condotto da Unioncamere attraverso l’osservatorio dei Punti Impresa Digitale (Pid) delle Camere di commercio sulla base dei test sulla maturità digitale effettuati dalle imprese italiane e i dati del Registro delle imprese.

Nello specifico, a seguito dell’emergenza pandemica, quasi un’impresa italiana su tre si è equipaggiata tecnologicamente per le vendite e i pagamenti sul web. Dopo la prima fase di lockdown, da maggio a settembre 2020, sono aumentate di 4 punti percentuali le Pmi che si sono dotate di strumenti per l’e-commerce (il 27% contro il 23% dello stesso periodo del 2019) e di +5 punti percentuali quelle che si sono equipaggiate per l’e-payment (il 36% contro il 31%). In Sicilia, come accennato, però la crescita è stata quasi irrisoria: +1% nell’adozione di strumenti per lo sviluppo delle piattaforme e-commerce e +8% per l’e-payment. Percentuali che la tengono ben lontana da chi svetta in queste particolari classifiche come Friuli Venezia Giulia (+27 punti percentuali), Puglia (+19 punti percentuali) e Basilicata (+ 22 punti percentuali).

In generale, sono state più di 3.600 le aziende di questo settore che hanno aperto un canale di vendita online tra aprile e ottobre 2020 per operare anche in questo momento di difficoltà, facendo registrare in sette mesi una crescita del +15,5% (erano complessivamente 23.386 unità a marzo 2020 contro 27.007 ad ottobre 2020). Mentre da marzo ad aprile 2020, anche per far fronte allo sviluppo dello smart-working, si è registrato un notevole incremento di strumenti di cloud (+11%) e di cybersecurity (+ 3%).

Unioncamere ha inoltre portato avanti un test sulla maturità digitale delle aziende, prendendo in considerazione il periodo compreso tra il primo marzo e il 30 settembre 2020, evidenziando un aumento di due punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2019. In sette mesi le restrizioni attuate dal governo a causa del coronavirus hanno dato paradossalmente, quindi, una forte spinta agli imprenditori a convertirsi alla digitalizzazione per reagire alle difficoltà.

Nel test, considerando un parametro di punteggio che va da 0 a 4, il 6,9% delle imprese considerate viene definito “esordiente” (con punteggi tra 0 e 1), in calo dello 0,3% rispetto al 2019 e del 2,7% rispetto al 2018. Il 41,9%, invece, viene definito “apprendista” (con punteggi tra 1 e 2), in calo del 5,1% rispetto allo scorso anno e del 7,9% rispetto a due anni fa. Segue un 36,6% definito “specialista” (con punteggi tra 2 e 3), in crescita rispettivamente del 2,4% e del 6% rispetto agli altri due periodi considerati, un 10,7% definito “esperto” (con punteggi compresi tra 3 e 3,6) e un 3,9% definito “campione digitale” (con punteggi superiori a 3,6).

Anche qui la maglia nera di peggiore va alla Sicilia, che si piazza ultima superando (si fa per dire) la prova di maturità digitale con un voto di appena 1,81, in linea con le altre regioni del Sud (come Calabria e Campania) che non hanno superato il tetto dei due punti. In testa troviamo il Trentino Alto Adige con un voto di 2,29 contro una media nazionale di 2,06, seguito dalla Lombardia con un punteggio di 2,21 e dall’Emilia-Romagna con 2,2, capaci di trasformare, più agilmente, l’emergenza in opportunità.

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