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Sicilia, dopo il coronavirus non si può sbagliare. Nel 2021 la vera ripartenza o il definitivo tracollo

Sicilia, dopo il coronavirus  non si può sbagliare. Nel 2021 la vera ripartenza o il definitivo tracollo

Sicilia, dopo il coronavirus non si può sbagliare. Nel 2021 la vera ripartenza o il definitivo tracollo

di Carmelo Lazzaro Danzuso -

Stiamo per lasciarci alle spalle un anno che definire complesso sembra un eufemismo. Dodici mesi fa, infatti, nessuno avrebbe immaginato quello cui saremmo andati incontro durante il 2020: il Coronavirus, la sua diffusione a livello globale, i vari lockdown, le tante giornate chiusi in casa, la paura e speranza di poter ripartire nel più breve tempo possibile. Ora, quest’annus horribilis sta per chiudersi e l’inizio del 2021 porterà con sé l’ottimismo giustamente legato alla diffusione del vaccino contro il Covid, le cui prime dosi sono già state inoculate anche nel nostro Paese.

Bisogna quindi essere ottimisti e guardare ai prossimi mesi con speranza, pensando di poter finalmente sconfiggere questo nemico così subdolo e poter ripartire con grande forza.

Di una svolta c’è più che mai bisogno, in particolare per la nostra economia. In un contesto già deficitario come quello siciliano, infatti, gli effetti delle misure restrittive imposte per contenere il contagio hanno creato danni pesantissimi, lasciando numerose famiglie sul lastrico e creando situazioni che gli aiuti messi in campo a livello nazionale, regionale e locale sono riusciti soltanto a tamponare, per evitare una rivolta sociale che sarebbe stata a dir poco devastante.

Occorre ripartire con forza e i vertici istituzionali hanno il dovere di mettere in atto un piano fatto da pochi, ma essenziali, punti per rilanciare l’economia di un Paese che in molti hanno definito “da dopoguerra”.

Abbiamo cercato di individuare alcuni elementi fondamentali per risollevare la Sicilia, che ha tutte le carte in regola per trasformarsi, da regione in difficoltà, a motore propulsore della rinascita economica del Paese. Certo, si dovrà fare uno straordinario lavoro di programmazione, impiegando risorse importanti e rivoluzionando un modo di lavorare che negli ultimi decenni è soltanto riuscito ad affossare l’Isola, ma le risorse per una svolta ci sono tutte. Bisogna soltanto avere il coraggio di scommettere sulla Sicilia.

La bellezza un tesoro da mettere a frutto

Già da qualche mese il Quotidiano di Sicilia ha iniziato a pubblicare una pagina alla settimana dedicata alla bellezza. E in questi approfondimenti i tanti tesori che si trovano sul territorio siciliano hanno trovato ampio spazio.

Bellezze - naturali, architettoniche, artistiche e chi più ne ha più ne metta - di cui la Sicilia è piena zeppa, ma che purtroppo, nel corso degli anni, non sono state sfruttate a dovere.

Per ripartire dopo questo 2020 drammatico, segnato da una pandemia globale e dalle devastanti conseguenze economiche della stessa, la bellezza rappresenta quindi un elemento fondamentale. Spetta quindi ai nostri rappresentanti istituzionali riuscire a mettere in piedi una strategia di comunicazione e promozione utile a spingere i turisti, sia italiani che stranieri, a venire in Sicilia e scoprire le meraviglie che quest’Isola ha da offrire.

Anche i semplici cittadini, però, possono fare la loro parte, iniziando a diffondere un’immagine della loro terra diversa da quella di sempre, fatta di luoghi meravigliosi da scoprire, di miti che affondono le loro radici in un passato antichissimo e di sapori, odori e paesaggi tutti da scoprire.

Una campagna per il turismo di livello internazionale

Ha preso il via proprio in questi giorni la campagna vaccinale per debellare finalmente il Covid. Un processo che si spera permetterà, nel giro di qualche mese, di lasciare definitivamente indietro questi mesi bui e guardare al futuro con speranza e ottimismo.

Bisogna quindi saper guardare avanti e immaginare di conseguenza i possibili scenari che verrano a crearsi da qui ai prossimi mesi. Con la sempre maggiore diffusione del vaccino, è lecito attendersi che da qui alla prossima primavera si possa tornare alla normalità, a viaggiare e a far rivivere quel comparto turistico-ricettivo che più di ogni altro ha subito danni da questa crisi sanitaria ed economica (e lo dimostrano i numeri di tante attività che hanno chiuso i battenti senza mai riaprirli).

Per la Sicilia, questa rappresenta una grande occasione per inserirsi nei circuiti internazionali, per attirare visitatori da ogni parte del mondo e per puntare anche su quel turismo interno che la scorsa estate, probabilmente, non è stato sfruttato a dovere. Occorre quindi che la Regione avvii una pesante campagna promozionale, locale, nazionale e internazionale, per tentare di far diventare la Sicilia una destinazione di livello mondiale, all’altezza della storia, della cultura e delle peculiarità uniche al mondo che può offrire ai turisti.

Serve, insomma, un progetto a breve, medio e lungo termine che possa finalmente dare all’Isola il giusto ruolo all’interno del panorama turistico internazionale e produrre ricadute economiche tali da dare una scossa a tutto il tessuto produttivo siciliano.

Le condizioni per avviare questo processo ci sono tutte. Mancare quest’occasione sarebbe gravissimo.

Necessari investimenti in infrastrutture e ambiente

Come più volte denunciato sulle pagine del Quotidiano di Sicilia, l’Italia è spaccata in due: un Meridione ancora indietro rispetto al resto del Paese, trainato da un Nord che continua a fare da locomotiva.

La domanda, però, sorge spontanea: cosa accadrebbe se il Sud si trasformasse da vagone a locomotiva? Cosa succederebbe se anche nel Mezzogiorno si investissero le risorse che negli anni sono state offerte al Nord? E quali sarebbero le conseguenze se si colmasse quell’enorme gap infrastrutturale fra le due metà del Paese?

Sembra che l’attuale Governo non voglia conoscere la risposta a questa domanda e lo dimostra il fatto che numerose opere fondamentali per la Sicilia, prima fra tutta il Ponte sullo Stretto, sono state escluse dal Recovery Plan presentato per attingere alle risorse straordinarie messe a disposizione dall’Europa. Uno schiaffo alla Sicilia e ai siciliani che quanto prima i rappresentanti politici di origini locali o eletti nell’Isola dovranno spiegare agli elettori.

Come già detto, però, vogliamo essere ottimisti e sperare che a livello nazionale si possa cambiare idea e decidere finalmente di investire ingenti risorse per lo sviluppo infrastrutturale della Sicilia e del Sud. Anche il Governo regionale, però, dovrebbe fare la propria parte, iniziando ad alzare la voce per ottenere quel rispetto e quella considerazione nei confronti della Sicilia che, fino a questo momento, sembrano essere mancati.

D’altronde, c’è moltissimo da fare: sbloccare i cantieri, creare nuove e migliori strade, intervenire a tutela dell’ambiente e per la messa in sicurezza idrogeologica del territorio.

Una formazione che tenga conto del mercato e del territorio

La mancata valorizzazione dei giovani talenti locali ha dato vita a quel fenomeno che spesso è stato definito “fuga di cervelli”. I più bravi hanno deciso di emigrare, sia nel resto d’Italia che all’estero, lasciando la Sicilia al proprio destino e dando vita a un processo di spopolamento che rischia, da qui ai prossimi anni, di diventare devastante.

Tra le cause che hanno portato a questo stato di cose, c’è sicuramente una formazione non adeguata al territorio, che nel tempo non è stata capace di formare figure professionali utili a operare con quelle che sono le principali risorse della Sicilia.

Ecco, dunque, perché occorre ripensare tutto questo processo, offrendo ai giovani siciliani la possibilità di accrescere le proprie competenze e spenderle in loco, con l’obiettivo di trovare lavoro qui, produrre in Sicilia e sfruttare realmente le tantissime risorse presenti.

Una formazione, dunque, strettamente legata alle opportunità di lavoro presenti sul territorio, che possa dare risposte concrete ai professionisti del futuro e alle imprese che cercano persone adatte alle proprie esigenze.

La Regione ha fatto sapere di lavorare proprio in questa direzione e la speranza di tutti è quella di poter vedere i risultati di questa fondamentale inversione di tendenza già a partire dal prossimo anno.

Rivoluzionare la Pa isolana con obiettivi ed efficienza

Quante volte ci siamo lamentati per i servizi offerti dal settore pubblico? Quante volte abbiamo vissuto esperienze negative - sia direttamente che indirettamente - con la Pubblica amministrazione locale? Quante volte abbiamo letto - o scritto, se consideriamo il punto di vista di noi giornalisti - storie assurde su come vengono gestiti i soldi della collettività?

Le domande sono retoriche e le risposte, purtroppo, le conosciamo tutti. Ma questo non vuol dire che non si possa cogliere l’occasione per cambiare passo e migliorarsi.

Se qualcosa di positivo ha prodotto questa maledetta pandemia da Covid-19, infatti, è l’aver dato una spinta importante a un processo di digitalizzazione della Pubblica amministrazione che, soprattutto in Sicilia, era rimasto troppo indietro. La diffusione di strumenti informatici innovativi può dare alla Cosa pubblica siciliana l’occasione per cambiare passo e rendere sempre migliore il dialogo con i cittadini.

Con la digitalizzazione, molto spesso, il resto viene di conseguenza: fascicoli digitali rendono più veloce il processo di smaltimento degli stessi (con pratiche che in passato, troppo spesso, si sono perse nei cassetti di questa o quella scrivania), ogni informazione viene tracciata e ogni obiettivo - raggiunto o meno - può essere monitorato.

Trasparenza ed efficienza devono quindi essere le parole d’ordine per la Pubblica amministrazione siciliana del prossimo futuro. Con investimenti (informatici e in formazione) tutto sommato modesti è infatti possibile rivoluzionare un settore la cui centralità viene spesso dimenticata. Cambiare è possibile, ma occorre la volontà per farlo.

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