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La libera professione perde appeal, il 41,5% vuole più stabilità economica

La libera professione perde appeal, il 41,5% vuole più stabilità economica

La libera professione perde appeal, il 41,5% vuole più stabilità economica

I dipendenti tra il 2020 e il 2021 aumentano del +1,6% mentre gli indipendenti calano del -2,1%. Tra il 2018 e il 2021 tale comparto perde 343 mila posti di lavoro. Nonostante per i liberi professionisti si riscontri una dinamica contraria a quella degli indipendenti, nell’ultimo anno in Italia diminuiscono di 24 mila unità, con una variazione negativa del 2%. Nel 2009 i liberi professionisti rappresentavano il 20% degli occupati indipendenti, oggi il loro peso è del 28,5%, rappresentando oltre un quarto dell’universo occupazionale di riferimento.

è quanto emerge dal VII Rapporto sulle libere professioni in Italia – Anno 2022, a cura dell’Osservatorio libere professioni presentato ieri a Roma.

Mezzogiorno controcorrente

Osservando gli ultimi quattro anni si assiste ad un calo generalizzato del comparto dei liberi professionisti ad eccezione del Mezzogiorno in cui crescono sia i professionisti sia le professioniste che non risentono neanche della crisi data dal Covid-19. Di converso, nelle altre ripartizioni, si assiste ad un calo tra il 2019 e il 2020 non ancora recuperato nel 2021.

Le professioni tecniche risentono maggiormente della crisi causata dal Covid-19 sia per gli uomini sia per le donne calando rispettivamente di 7,6 punti percentuali e 9,2 punti percentuali dal 2018 al 2021. Si osserva una forte crescita dei liberi professionisti non ordinistici.

Pa alternativa preferita

Per i liberi professionisti la propensione teorica a cambiare lavoro è pari al 29% ed è un lavoro nella pubblica amministrazione l’eventuale alternativa preferita. Cambia però la motivazione di base: per il 41,5% il cambiamento sarebbe guidato prioritariamente da esigenze di stabilità occupazionale ed economica.

Solo il 44% dei dipendenti non prende per nulla in considerazione l’idea di cambiare lavoro. Tra quanti cambierebbero, prevale l’interesse per un’occupazione nella pubblica amministrazione (22,7%) ma riscuote consensi anche l’idea di lavorare come dipendente di una grande azienda o studio (14,0%). Questa seconda opzione raccoglie soprattutto l’interesse dei giovani mentre i dipendenti dai 35 anni in su sono prevalentemente attratti dal ‘posto pubblico’ (24-25%).

Tra i principali motivi che spingerebbero a cambiare lavoro il 63,7% dei dipendenti dichiara come proprio driver di scelta la retribuzione e la flessibilità di orario (40,2% degli intervistati). Retribuzione e flessibilità oraria rappresentano in altri termini gli aspetti da tenere maggiormente presenti nelle politiche di fidelizzazione dei collaboratori all’interno degli studi professionali.

Reddito medio mensile 1.678 €

Al 2021 il reddito medio mensile netto dei liberi professionisti a cinque anni dalla laurea è pari a 1.678 euro; quello dei dipendenti si attesta sui 1.625 euro. Al 2021 i redditi medi dei professionisti a cinque anni dalla laurea si portano attorno ai 1.500 euro nel Mezzogiorno d’Italia. Un altro dato di rilievo è quello relativo al reddito medio dei giovani laureati che lavorano all’estero come dipendenti (2.300 euro), molto più elevato di quello percepito dai colleghi che lavorano sul territorio nazionale.

Il vantaggio reddituale dei liberi professionisti sui dipendenti non riguarda tutte le tipologie di laureati: la laurea in discipline del gruppo artistico e letterario e dell’educazione continua a trovare uno sbocco più redditizio nel lavoro dipendente, così come le lauree del gruppo psicologico e quelle a carattere tecnico-scientifico (stem).

Per i laureati di tutti gli altri gruppi disciplinari è invece l’occupazione nella libera professione quella più premiante in termini di reddito.

Non era così 7 anni prima: a cinque anni dalla laurea, i laureati del 2009 guadagnavano mediamente di più nel lavoro dipendente, con la sola eccezione dei medici e dei dottori nelle discipline sanitarie e farmaceutiche.

Il 18% lavora in smart working

Il 18% dei liberi professionisti adotta lo smart working di lavoro nel proprio studio, per lo più consentendo a una parte dei collaboratori di alternare lavoro in remoto e lavoro in presenza (16%). La quota di dipendenti che attualmente usufruisce dello smart working è pari all’11% nel campione Confprofessioni. Anche in questo caso il lavoro da remoto si alterna alla presenza in studio nel corso della settimana (9%). Il grado di digitalizzazione dello studio professionale è percepito come medio-alto da circa l’80% dei professionisti e il 72% dei dipendenti. In particolare, il 73,5% dei liberi professionisti investe in strumenti informatici finalizzati all’utilizzo di software specifici per la propria professione, il 72,3% in soluzioni per la fattura elettronica.

Gli uomini sono il 64,9%

La libera professione evidenzia una prevalenza maschile più marcata di quella presente nel lavoro dipendente (gli uomini sono il 55% degli occupati): la quota di liberi professionisti è del 64,9% contro il 35,1% delle donne nel 2021, dato in leggero miglioramento rispetto al 2018.

La crescita occupazionale degli ultimi undici anni ha riguardato entrambi i sessi, ma le donne hanno avuto un ruolo di primo piano: la libera professione al 2021 conta circa 145 mila donne in più rispetto al 2010.

I liberi professionisti maschi mostrano complessivamente una dinamica di crescita più contenuta e meno lineare, con una progressione che si interrompe già tra il 2018 e il 2019 e un saldo positivo complessivo molto inferiore a quello registrato dalle donne: tra il 2010 e il 2021 infatti la crescita nel numero di liberi professionisti maschi è limitata a circa 69 mila unità.

redazione

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