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Negli uffici dei Comuni siciliani scarseggiano i laureati

Negli uffici dei Comuni siciliani scarseggiano i laureati

Negli uffici dei Comuni siciliani scarseggiano i laureati

PALERMO - “Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia!”. Parole sacrosante quelle del mecenate fiorentino Lorenzo de’ Medici: nelle stanze dei tre Comuni metropolitani dell’Isola la giovinezza è fuggita da un bel pezzo.
A Palazzo delle Aquile e a Palazzo Zanca, quasi un terzo dei dipendenti ha più di 60 anni, mentre a Catania gli over 60 superano quota 40 per cento. Nulla a che vedere con le percentuali registrate da Comuni del Nord Italia di analoga popolazione: Genova, Verona e Padova, che battono senza mezzi termini le “gemelle” città siciliane. Un altro indicatore utile a tracciare l’identikit del personale presente all’interno degli Enti locali è quello relativo ai titoli di studio dei dipendenti delle sei città prese in esame. Anche su questo fronte le sorprese non mancano...Procediamo per gradi, partendo dal confronto sull’età dei dipendenti. Il capoluogo ligure – che tra gli Enti locali presi in esame per il confronto è quello che possiede la percentuale di ultrasessantenni più alta – si ferma al 18,6 per cento, distanziandosi da Palermo di 12,6 punti percentuali. Nella città di Romeo e Giulietta gli over 60 sono appena il 15 per cento (contro il 41,7 di Palazzo degli Elefanti), mentre a Padova a essere vicini all’età pensionabile è il 16 per cento dei dipendenti, ben al di sotto quindi della percentuale registrata a Messina (29,5 per cento).

Di personale al di sotto dei 30 anni non vi è quasi traccia nei tre Comuni metropolitani siciliani: Messina “vanta” un solo dipendente under 30, mentre a Palermo e Catania non vi è neanche l’ombra di giovanissimi. Genova conta nel proprio organico il 4,2 per cento (216 unità su un totale di 4.968), mentre Verona e Padova ne annoverano rispettivamente 12 e 10: pochini ma sempre meglio di niente.

Gli ultimi dati disponibili nella sezione “Conto annuale del personale” dei siti ufficiali dei Comuni analizzati – relativi al 2020 per Genova e Palermo, fermi al 2019 per gli altri quattro Enti locali – restituiscono una fotografia sconfortante per gli Enti isolani, nei quali mediamente è un terzo degli uffici a essere popolato da personale avanti con l’età.

Un altro indicatore utile a tracciare l’identikit del personale è quello relativo ai titoli di studio dei dipendenti delle sei città prese in esame. Anche su questo fronte le sorprese non mancano: a Palermo la metà dei dipendenti ha conseguito la licenza media superiore (il diploma per intenderci) e il 15,5 per cento possiede una laurea o una specializzazione post-laurea ma a stupire – negativamente – è un altro dato. La quota di chi si è fermato alla scuola dell’obbligo supera addirittura il 35 per cento: un dipendente su tre in pratica non ha neanche il diploma e anche a Catania e a Messina le percentuali – seppur leggermente più basse – restano comunque lontane da quelle riportate dalle cugine settentrionali. A Palazzo degli Elefanti è un dipendente su quattro contro il 13 per cento scarso registrato a Verona, a Palazzo Zanca è uno su cinque, poco superiore al 18 per cento di Padova.

Attenzione: lungi da noi affermare che questa fetta di personale sia incapace, ma è chiaro che le capacità acquisite si basano esclusivamente sulla sola esperienza sul campo e non sono supportate da quel grado di conoscenza che solo gli studi consentono di avere. Del resto, a lanciare l’allarme sulla scarsa professionalità del personale comunale è stato recentemente anche il segretario generale dell’Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano, che intervistato in merito in più di un’occasione ha rilevato “l’inadeguatezza dell’apparato della Pubblica amministrazione locale, un’assenza di professionalità e di capacità nella gestione che si porta dietro di per sé l’incapacità di programmare e progettare e la difficoltà sul fronte del monitoraggio, della spesa e della rendicontazione”.

Le responsabilità dell’attuale carenza di professionalità degli organici dei Comuni hanno un nome e un cognome: la politica clientelare che negli scorsi decenni ha riempito gli uffici pubblici di dipendenti senza specifiche competenze, lasciando gli uffici sguarniti di figure essenziali per il buon funzionamento della macchina burocratica.

Di fronte all’enorme sfida che l’Italia sta affrontando – vale a dire spendere le risorse del Recovery fund e spenderle velocemente e bene – tale carenza rischia di far perdere alla Penisola un’occasione d’oro. Per superare il problema, l’Anci ha chiesto al Governo di destinare una parte delle risorse del Pnrr per l’assunzione di tecnici e professionisti per implementare le piante organiche, spesso sprovviste di figure competenti in materia fiscale o ingegneristica, per citare gli esempi più comuni. Gli Enti locali alla fine l’hanno spuntata: l’intesa per tra Governo e Anci è stata raggiunta nell’incontro che si è svolto a Palazzo Chigi lo scorso 3 dicembre.

Più risorse economiche, più spazi per le assunzioni, più semplificazioni: questi i punti dell’accordo che si tradurrà in un pacchetto di interventi normativi tesi a superare le criticità oggi esistenti e a soddisfare la domanda di rafforzamento della capacità amministrativa degli Enti locali e all’esigenza di assumere personale e professionalità tecniche qualificate, necessità emersa ancora più chiaramente in correlazione all’aumento agli impegni che il Paese ha assunto con il Pnrr.

Tra le misure previste nel pacchetto ci sono nuovi spazi assunzionali nei Comuni per contratti a tempo determinato, scavalcando così il vincolo della non superabilità della spesa sostenuta nel 2009. A ciò si aggiungono l’istituzione di un Fondo di 30 milioni per piccoli Comuni sotto i 5.000 abitanti, che, nonostante i nuovi spazi assunzionali resi disponibili, non abbiano risorse finanziarie utilizzabili e lo stanziamento di 67 milioni per assunzioni di professionisti e esperti da destinare a Comuni nel Mezzogiorno.

C’era davvero bisogno di altro personale? Nonostante le stanze dei Municipi siano abbondantemente popolate, la risposta è, ahinoi, sì. Perché se gli Enti locali non dispongono di personale adeguatamente preparato a “reggere” l’ordinario, è impensabile che esso possa gestire la pianificazione e la realizzazione di risorse straordinarie come quelle stabilite nel Pnrr. Ma anche su questo fronte sarà necessario vigilare, affinché si dia spazio a soggetti dotati di grande spessore professionale.

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