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Stress da lavoro, cos'è la sindrome di burnout

Stress da lavoro, cos'è la sindrome di burnout

Stress da lavoro, cos’è la sindrome di burnout

Pubblica amministrazione, trasporti e manufatturiero sono i settori dove i dipendenti sono maggiormente esposti al rischio burnout. È questa la principale indicazione che emerge da una ricerca globale realizzata da Workday che tramite la soluzione tecnologica di coinvolgimento dei dipendenti "Workday Peakon Employee Voice" ha analizzato dieci settori industriali grazie al contributo di 1,5 milioni di lavoratori in rappresentanza di oltre 600 aziende in tutto il mondo.

Cosa è la sindrome di burnout?

La traduzione letterale del termine burnout è “bruciato”, “scoppiato”, “esaurito”. In campo medico indica una sindrome, ossia un insieme di sintomi e segni, causata dall’esaurimento emotivo che insorge in seguito a stress cronico nei lavoratori quotidianamente a contatto con il pubblico e le sue richieste e per questo sottoposti a notevoli carichi emotivi legati alle implicazioni di questi rapporti. La ricerca ha analizzato come si è evoluto il rischio di burnout dal 2021 in diversi settori e aree geografiche valutando le risposte dei dipendenti relativamente al fatto di essere sempre connessi, ai livelli di energia e a quelli di soddisfazione; successivamente le risposte sono state classificate come rischio alto, medio o basso.

Rischio Burnout per settori produttivi

Lo studio ha rilevato che la maggior parte delle industrie analizzate ha registrato livelli maggiori di rischio di burnout nel 2022, rispetto al 2021. I settori produttivi che hanno operato in prima linea nella pandemia hanno registrato gli aumenti più elevati: in particolare 6 dipendenti su 10 della pubblica amministrazione sono a rischio burnout con un aumento del 16% dal 2021, mentre il settore dei trasporti è in seconda posizione con un aumento del 10% arrivando al 54% complessivo. In terza posizione c’è il settore manufatturiero (50%) mentre seguono il settore energetico (48%) e quello dei beni di consumo (43%) che sono rimasti invariati anno su anno. L’industria a meno rischio burnout si riconferma l’Information Technology visto che anche lo scorso anno era ultima in questa classifica (sempre ferma al 13%). Il problema del burnout dei dipendenti quindi è sempre più diffuso, tuttavia ci sono azioni chiave che i datori di lavoro possono intraprendere per ridurre il rischio tra cui: coltivare una cultura più comprensiva delle necessità dei lavoratori, favorire la risoluzione dei problemi incoraggiando un dialogo aperto e fornire ai dipendenti un obiettivo condiviso articolando la strategia organizzativa e il modo in cui le idee possano portare ad una nuova visione complessiva a favore del benessere dei lavoratori.

Rischio Burnout per aree geografiche

Il rapporto ha rilevato una variazione globale tra le 10 aree geografiche monitorate anno su anno, con sei nazioni che hanno visto aumentare il rischio burnout mentre altre quattro che hanno mostrato miglioramenti. A livello internazionale i dipendenti in Regno Unito sono i più esposti al rischio burnout con il 41%, in crescita del 4% rispetto allo scorso anno. In seconda posizione ci sono i dipendenti francesi (39%) che, però, hanno registrato una diminuzione del rischio di burnout con una riduzione del 7% rispetto allo scorso anno. In Europa il rischio di burnout rimane alto anche in altre nazioni: l’Olanda è in terza posizione con il 33% anche se in calo del 5%; la Norvegia ha visto un aumento del 9% anno su anno arrivando 20%; cresce anche la Danimarca seppur del 3% e continuando ad essere il fanalino di coda di questa classifica (11%). Da segnalare il forte calo dei dipendenti tedeschi che hanno visto abbassare il rischio burnout del 15%.

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