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Il costituzionalista Michele Ainis sul presidenzialismo: "Senza i giusti contrappesi problemi resteranno"

Il costituzionalista Michele Ainis sul presidenzialismo: "Senza i giusti contrappesi problemi resteranno"

Il costituzionalista Michele Ainis sul presidenzialismo: “Senza i giusti contrappesi problemi resteranno”

ROMA - Michele Ainis è un costituzionalista. Membro della “Autorità garante della concorrenza e del mercato” è professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università di Roma Tre. Il QdS l’ha intervistato a proposito delle modifiche alla Carta Costituzionale proposte dall’attuale compagine di Governo che sembra essere intenzionata a traghettare la nostra Repubblica verso il presidenzialismo.

Professore, vorrei iniziare dal luogo in cui avvengono le consultazioni che la premier Meloni ha iniziato…

“A guardarle dall’esterno, sembrano le consultazioni del Presidente della Repubblica quando assegna un incarico per la formazione di un Governo. Nel merito, credo che sia utile e opportuno che si parta ascoltando le opposizioni, cercando di capire se ci sono punti di convergenza o se i dissidi tra le parti li impediscono. Non mi scandalizzerei più di tanto del fatto che anziché in una sede di partito o in un bar questi incontri avvengano a Palazzo Chigi, anche se i manuali su cui tutti noi abbiamo studiato indicano che la sede del procedimento di revisione costituzionale è il Parlamento”.

Si è tornato a parlare della bicamerale…

“Sì. Ieri ho sentito, nuovamente, evocare lo spettro della bicamerale con aperture, mi è sembrato di capire, da parte della Presidente del Consiglio. Penso che ci sia una questione di fondo. Quando vai a modificare l’impianto della forma di governo, e quindi devi correggere non solo l’investitura di chi ha ‘le chiavi del Governo’, che sia un Presidente della Repubblica o un Presidente del Consiglio o un ‘Sindaco d’Italia’, è evidente che devi toccare anche altri ingranaggi dell’orologio costituzionale, non solo i nove articoletti che riguardano il Presidente della Repubblica la cui modifica, a cascata, determina altre conseguenze. Si tratta di una riforma molto ambiziosa, più di quella proposta da Renzi a suo tempo che razionalizzava la forma di governo parlamentare ma non sostituiva quella in essere. Per poter fare questo devi avere una legittimazione molto forte da parte dei cittadini. Ora, l’attuale Parlamento non voglio dire che sia delegittimato, ma certamente non ha una forte legittimazione per due motivi: il primo è che alla consultazione elettorale c’è stata una grossa percentuale di astensionismo che ha portato la coalizione del centro-destra, nonostante i suoi ampi numeri in Parlamento, a rappresentare circa il 25% degli elettori. Il secondo motivo è che dobbiamo tenere conto che si tratta di un Parlamento figlio delle liste bloccate, di scelte solitarie dei segretari di partito che hanno deciso chi fa il senatore e chi il deputato. È evidente che c’è un grosso gap e, per colmarlo, non è sufficiente, come prevede l’articolo 138, raggiungere i due terzi di voti favorevoli in Parlamento perché questi non corrispondono ai due terzi dell’elettorato. Non basta nemmeno il referendum che, se pure si dovesse fare, si risolverebbe in un plebiscito perché sottoponendo agli elettori 30-40 articoli della Costituzione completamente nuovi, costringeresti l’elettore a un ‘prendere o lasciare’, e questa scelta rappresenterebbe una violenza alla libertà dell’elettore stesso”.

Alternative?

“Bisognerebbe aggiungere qualcosa che dovrebbe essere, a mio avviso, un lavoro preparatorio affidato a un’assemblea elettiva composta da non parlamentari, mentre la bicamerale è composta da parlamentari, assemblea che potrebbe essere composta da 75 membri, come quella che si occupò della scrittura della Costituzione. Diventerebbe la sede in cui si mette in pratica il sano esercizio di democrazia partecipativa. In quell’assemblea elettiva potrebbero confluire le proposte dei cittadini, delle associazioni e di segmenti della società civile con l’obiettivo di realizzare un testo di partenza. Trasferendolo al Parlamento, con la possibilità quindi di discuterlo e modificarlo, potrebbe essere preparato per la consultazione referendaria”.

Poteri, durata e coesione della compagine di Governo. Questi sembrano i veri problemi che sono sul tavolo. Possono essere risolti dal presidenzialismo?

“Può risolverli oppure aggravarli perché dipende da come sarà scritta la riforma. In questi giorni mi è stato chiesto spesso se fossi favorevole o contrario al presidenzialismo e la mia risposta è stata: voglio vedere le carte. Vorrei capire com’è costruita e, soprattutto, con quali contrappesi è costruita. È evidente che si perde il ruolo arbitrale proprio del Presidente della Repubblica. Come sarà recuperato? A differenza degli Stati Uniti o del Regno Unito, noi non abbiamo un elettorato bipartitico che è invece frantumato in molte schegge. A maggior ragione, elementi di unità nel nostro quadro politico devono rimanere.

Roberto Greco

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